Toshiba e Fujitsu, grandi imprese elettroniche giapponesi hanno (parzialmente) ascoltato un messaggio lanciato dal Wall Street Journal: i giganti dell’elettronica debbono focalizzarsi o moriranno.
Le due società sono in realtà conglomerati che producono dai chips per computer e telecomunicazioni ai beni di consumo di natura elettronica, spesso con tecnologie meno sofisticate.
I chips, sino a qualche anno fa l’avanguardia high-tech del settore, stanno diventando prodotti tecnologicamente maturi. E il mercato pertanto si arricchisce di concorrenti, proprio mentre il suo allargamento tende a esaurisi.
Nel 1990 il fatturato globale mondiale dei chips era di 55 miliardi di dollari, ora è tre volte tanto (sui 155 miliardi) ma Toshiba che aveva una quota di mercato dell’8 per cento, ne ha ora una del 4,4. Mentre Fujitsu, che era ai primi posti con il 5 per cento, è ora scesa sotto il 3.
Alla testa ora vi è l’americana Intel che ha il 16 per cento. E’ una regola dei mercati maturi che, con molti produttori, tenda a emergerne uno con superiori capacità di mercato.
Toshiba e Fujitsu hanno avuto nel 2001 perdite nei chips: la concorrenza è agguerrita e gli acquirenti, sia nel campo delle telecomunicazioni sia in quello dei computer, chiedono riduzioni di prezzo, perché operano in un mercato debole.
Le due grandi società nipponiche non possono fondersi perché troppo eterogenee. Non accettano di rinunciare ai comparti di beni di consumo, in cui guadagnano, per focalizzarsi sui chips il cui mercato è molto difficile. Adottano una via di mezzo. Allearsi per sviluppare nuovi chips, con performance migliori, per le telecomunicazioni e i prodotti di consumo digitali.
Si tratta di chips sistemici che combinano funzioni di processore e di memoria in un singolo pezzetto di silicio. Si potranno così ridurre le dimensioni di apparecchi come i telefonini.
Può darsi che questa “via di mezzo” funzioni. Di solito in un settore maturo, l’innovazione intelligente ma non eccezionale, non basta. Occorre tagliare i costi, cioè assemblare le produzioni e ridurre gli addetti. Difficile per le grandi imprese giapponesi (ma non solo per loro). Però realisticamente necessario.
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