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SE IL CAVALIERE ABBANDONA FINI FAVORITO

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(WSI) –
Chi potrebbe succedere a Berlusconi, nel caso il Cavaliere decidesse di ritirarsi dallo scenario politico o di assumere, comunque, un ruolo di minor rilievo? La risposta, è impossibile da darsi naturalmente. Sia perché la questione non è all’ordine del giorno e gli sviluppi futuri sono imprevedibili. Sia, specialmente, perché lo stesso Berlusconi ha, proprio di recente, dichiarato di ipotizzare come leader futuro un outsider, preferibilmente giovane.

Rimane comunque di certo interesse conoscere il livello di popolarità di alcuni degli attuali leader del centrodestra. Specie perché, come si sa, proprio il gradimento è uno dei parametri maggiormente apprezzati dal Cavaliere per definire le sue scelte. Anche se, beninteso, non si tratta dell’unico fattore preso in considerazione in passato — e, probabilmente anche oggi — per la selezione dei leader.

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La tabella qui riportata evidenzia le più frequenti indicazioni emerse dalle risposte di un campione di elettorato al quesito «Chi potrebbe essere il nuovo leader del centrodestra?» e la misura del consenso attualmente riportato da ciascuno dei personaggi indicati.

Come accade ormai da diverso tempo, la graduatoria vede in testa Fini, che gode di una stima «trasversale» presente nel complesso dei votanti della CdL e financo tra i sostenitori del centro sinistra. Quasi allo stesso livello di popolarità, troviamo Casini, considerato da molti il più promettente candidato «moderato» per la guida del centrodestra. Com’era ragionevole attendersi, il leader dell’Udc trova particolare supporto negli ambienti cattolici: all’interno del sottogruppo costituito da chi dichiara di recarsi alla messa almeno una volta alla settimana, si colloca addirittura al primo posto.

Anche Gianni Letta risulta stimato, oltre che tra gli elettori della CdL, da settori del centrosinistra: ma sembra poco disponibile ad assumere un ruolo che non gli appare congeniale. Nella graduatoria egli si trova al terzo posto, praticamente a pari merito con Tremonti (il quale, diversamente da Fini e Casini, suscita però maggiore ostilità nel centrosinistra).

Non vanno poi trascurati altri due esponenti che, pur non occupando oggi incarichi di rilievo a livello nazionale, mostrano di disporre di una popolarità relativamente ampia, non solo nell’ambito locale: Roberto Formigoni e Letizia Moratti. Entrambi, come si sa, si sono trovati, in misura diversa e più o meno recentemente, in disaccordo con una o più posizioni espresse da Berlusconi. Ma proprio questo potrebbe forse costituire per loro, in un ipotetico futuro, una sorta di vantaggio. Il governatore della Lombardia dispone del sostegno dell’ampia base degli aderenti e dei simpatizzanti di Cl.

Da parte sua, il sindaco di Milano ha, tra gli altri, il plus di essere donna. Come si sa, in molti Paesi, le donne stanno (per fortuna) acquisendo sempre più spazi, anche nei ruoli politici di rilievo. Specie quelle che assumono posizioni in qualche misura «indipendenti» dall’establishment consolidato. Secondo alcuni osservatori, la Moratti (o altre al posto suo) potrebbe tentare di ricoprire in Italia questo ruolo innovativo.

La lista dei leader indicati dagli intervistati contiene altri nominativi, di maggiore o minore potenzialità. Ma le preferenze del pubblico possono cambiare, anche rapidamente. E, specialmente, può (auspicabilmente) mutare il sistema elettorale, e, con esso, la composizione dell’offerta politica. Con la nascita di nuove forze e l’erosione di altre. Ciò che, a sua volta, potrebbe avere come conseguenza un, più o meno radicale, mutamento delle logiche secondo le quali avviene la designazione dei leader, dell’una e dell’altra coalizione.

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