La Borsa italiana non è certo nuova a scandali, crack, dissesti vari, truffe vere e proprie. Ha vissuto persino una stagione in cui facevano il bello e il cattivo tempo i “golpisti della Borsa”, secondo la precisa denuncia dell’allora ministro del Tesoro Ugo La Malfa, e non si può certo dimenticare della stagione di Michele Sindona, in cui è successo veramente di tutto.
E non si può nemmeno dire che sia una sua specialità il procedere fra scogli, tempeste e terremoti. Accade un po’ in tutte le piazze finanziarie del mondo. Però, mai era accaduto che tante storie si accumulassero tutte insieme per dare vita a una sorta di “stagione nera” della finanza italiana.
Qui conviene soffermarsi su alcuni aspetti generali.
1 – La prima osservazione che viene spontanea è che, salvo qualche caso, i soggetti coinvolti non sono fra i big della Borsa. Si tratta, in genere, di piccole società quotate al Numtel. E quindi siamo alle prese con avventure (e disavventure finanziarie) di tipo marginale. Ma che, ogni volta, comportano disagi non piccoli per migliaia di piccoli risparmiatori.
2 – Questi risparmiatori, in genere, sono stati trascinati (dalle banche) a comprarsi obbligazioni, e quindi a finanziare società dal dubbio avvenire e che comunque oggi remano controcorrente per cercare di salvare la pelle.
3 – Queste società erano (e sono) anche quotate. Per cui, se si arriverà al dissesto (come in qualche caso appare ormai inevitabile) altri risparmiatori (azionisti) si troveranno a dover fare i conti con ingenti perdite di denaro.
Stabilito tutto ciò, si segnalano almeno tre comportamenti non proprio esemplari.
1 – Il primo, ovviamente, è quello delle banche che, pur di fare soldi, si sono lanciate in finanziamenti speculativi e a altissimo rischio. Gli affari sono affari, ma ci sono limiti che forse sarebbe bene non superare. Quando si prestano centinaia di miliardi di vecchie lire a società dai business un po’ improbabili e incerti, forse bisognerebbe, prima, contare fino a cento e poi negare i prestiti.
2 – Il secondo comportamento che comincia a apparire seriamente censurabile è quello delle varie autorità di Borsa (ammesso che ce ne sia una con una responsabilità precisa …). Il Numtel, che doveva essere il listino “tecnologico” e Internet italiano, è stato riempito da gente che nulla ha a che fare con queste cose. Poiché non si sapeva dove mettere queste società (o forse perché non avevano i requisiti per andare altrove), sono state ficcate lì.
In Germania, l’equivalente del Numtel è appena stato chiuso. Forse sarebbe il caso di fare analoga riflessione per quanto riguarda l’Italia. E, in ogni caso, è opportuno che da ora in avanti i criteri di ammissione delle società e la sorveglianza delle medesime sia assai più stretta. Anzi, forse converrà varare delle nuove regole (valevoli per tutti) che impongano la presenza nei consigli di amministrazione di una maggioranza di consiglieri indipendenti. Si tratta di una misura che qualche società ha adottato spontaneamente, ma forse conviene insistere. Non sarà il rimedio a tutti i mali del mondo, ma forse impedirà le truffe più clamorose.
3 – Il terzo comportamento censurabile è quello di tanti consiglieri di amministrazione. Valga per tutti il caso della Giacomelli. Le difficoltà dell’azienda erano, a un certo punto, evidenti e clamorose. Ma il consiglio di amministrazione ha tirato dritto per la propria strada, come se tutto fosse a posto e in ordine. Sono stati i sindaci della società a rivolgersi a tribunale e a chiedere che il consiglio di amministrazione in carica fosse mandato a casa e sostituito da un nuovo, più libero, e più dotato di buon senso.
L’episodio ripropone il problema di varare nuove norme per la composizione dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali. Le aziende, insomma, non sono degli azionisti di maggioranza, ma di tutti gli azionisti e bisogna fare in modo che tutti alla fine siano garantiti.
da Affari & Finanza
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