Il giorno dopo le perquisizioni alla Banca di Roma e l’iscrizione del banchiere Cesare Geronzi, presidente di Capitalia, nell’elenco degli indagati per il crac Cirio, la guardia di finanza sta portando a termine nuove perquisizioni e sequestri di documenti.
La Procura di Roma ha inviato cinque avvisi di garanzia a Geronzi e a quattro ex dirigenti della Banca di Roma, l’istituto confluito l’anno scorso in Capitalia: sono l’ex direttore generale Pietro Locati, Remo Martinelli, Massimo Tarozzi e Francesco Fanti. I loro uffici e le loro abitazioni sono stati perquisiti ieri e sono stati sequestrati documenti ritenuti per buona parte “molto interessanti” dagli inquirenti.
Gli agenti della Guardia di finanza sono piombati anche nelle sedi della Banca popolare di Lodi, a Roma e nel capoluogo lombardo, e negli uffici del SanPaolo Imi, per ricostruire i rapporti intrattenuti dalla Cirio con i due istituti di credito, al cui interno però non ci sono indagati.
L’inchiesta ipotizza per Geronzi e gli altri cinque il reato di bancarotta fraudolenta preferenziale: in pratica Capitalia avrebbe guidato il collocamento di obbligazioni Cirio, che poi la società alimentare non ha potuto rimborsare, e il ricavato dei bond è stato usato prevalentemente per pagare i crediti alla stessa banca romana.
Il reato di truffa, invece, è legato all’emissione di titoli immessi sul mercato estero, destinati agli investitori istituzionali, ma poi proposti ai risparmiatori. Capitalia da parte sua respinge ogni addebito e ricorda di essere stata a propria volta “vittima” dell’insolvenza di Cirio, che non è in grado di rimborsare i debiti verso gli obbligazionisti né verso le stesse banche.
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CRACK CIRIO: INDAGATO IL PRESIDENTE DI CAPITALIA
Risparmiatori beffati dalle banche
di Susanna Ripamonti
L’inchiesta Cirio è a una svolta: a poco più di un anno dall’avvio delle indagini romane che coinvolgono anche l’ex patron del gruppo, Sergio Cragnotti, da ieri è indagato anche il presidente di Capitalia Cesare Geronzi. Avvisi di garanzia sono arrivati anche agli ex funzionari della Banca di Roma Pietro Locati, Remo Martinelli, Massimo Tarozzi e Fanti. Per tutti l’accusa è di bancarotta preferenziale, reato che consiste nello svolgere attività rivolte a preferire alcuni creditori, per avvantaggiarli a danno di altri. Avrebbero infatti realizzato un ingiusto profitto mediante il collocamento sul mercato interno di titoli obbligazionari, tramite società estere di Lussemburgo, titoli che dovevano essere destinati a investitori istituzionali. In questo modo si è nascosto il rischio per i piccoli investitori e il grave stato di difficoltà delle società che emettevano i titoli.
Il dettaglio delle accuse a carico delle new entry dell’inchiesta su Cirio si legge nei decreti che dispongono le perquisizioni disposte dalla procura della Capitale. Ci sono stati dei «pagamenti preferenziali» a favore della Banca di Roma «per importi ingenti utilizzando capitali ottenuti mediante l’emissione di titolo obbligazionari con conseguente violazione della par condicio creditoria». Sono stati gli stessi magistrati ai quali è affidata l’indagine, Achille Toro, Tiziana Cugini e Gustavo De Marinis, a motivare in questi termini le perquisizioni disposte ieri mattina in diverse località e hanno riguardato, tra l’altro, l’acquisizione presso la banca San Paolo-Imi e la Banca Popolare di Lodi (i vertici delle quali non sono indagati). A inguaiare Geronzi ci sono anche alcune lettere che gli scrisse Cragnotti, che a parere degli inquirenti farebbero emergere senza margini di dubbio le sue responsabilità.
Minimizzano sulla portata delle accuse i due difensori di Geronzi, Guido Calvi e Francesco Vassalli. «Bisognerà vedere — hanno detto – se effettivamente per le società del gruppo Cirio c’era lo stato di decozione e se la Banca di Roma ne era a conoscenza nel momento in cui ha riscosso i crediti». Dopo aver parlato coi magistrati i due penalisti hanno dichiarato che «c’è una sproporzione tra la natura del reato ipotizzato, cioè bancarotta preferenziale e il clamore suscitato negli organi di stampa dalla notizia. L’ipotesi accusatoria è che la banca avrebbe, attraverso un’operazione delle società in stato di insolvenza, recuperato anticipatamente i suoi crediti. Ma questa è una situazione tutta da verificare. Il dottor Geronzi ha dato piena disponibilità per qualsiasi richiesta che gli sarà fatta e già stamattina la banca ha consegnato tutti i documenti richiesti dagli investigatori».
L’istituto di credito capitolino si difende per bocca del suo portavoce dall’accusa di un diretto e consapevole coinvolgimento. «L’ipotesi accusatoria postula che la Banca avrebbe operato al fine di rientrare dai crediti a suo tempo erogati alle società del Gruppo Cirio utilizzando capitali provenienti dall’emissione di titoli obbligazionari, con conseguente violazione della par condicio creditorum. In realtà, sulla base di tutta la documentazione già in parte fornita e ora integrata, si può con tranquillità pervenire alla conclusione che nessun illecito si può configurare in quanto tali asserzioni, come sarà dimostrato, non corrispondono alla verità dei fatti».
La Procura di Roma ha chiarito in un brevissimo incontro con i giornalisti il ruolo specifico di Capitalia nell’inchiesta. Le acquisizioni di documenti fatte presso altri istituti di credito come la Banca Popolare di Lodi e il San Paolo Imi servono per capire il collocamento dei bond, al quale sono stati interessati questi due istituti. Diversa, invece, secondo i magistrati la posizione di Capitalia, della Banca di Roma e di MedioCredito, come emerge dai documenti acquisiti nelle precedenti perquisizioni, dalle relazioni dei consulenti tecnici della procura, dagli elementi emersi dalle indagini del pm e dalle relazioni dei commissari giudiziali. Questo materiale ha evidenziato un ruolo specifico di queste tre banche, sia nella collocazione dei bond sia nei rapporti con la Cirio. Nel decreto di perquisizione per quanto riguarda l’ipotesi di reato di bancarotta preferenziale, si contesta alla Banca di Roma di aver recuperato dalle società creditrici, attraverso titoli e obbligazioni, le somme che vantavano come credito. Una procedura questa penalmente rilevante, secondo i magistrati, perché in tal modo è stata alterata la par condicio e creato pregiudizio agli altri creditori.
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