C’è chi, come Paolo Cirino Pomicino, sente odore di scontro politico. E chi, come Giulio Tremonti, conferma questa ipotesi. Al ministro del Tesoro basta una sola battuta: «Ho già detto tutto il 16 ottobre», cioè quando criticò il governatore della Banca d’Italia per non essersi presentato alla riunione del Cicr dedicata al caso Cirio. Dunque, tira in ballo indirettamente Antonio Fazio nel giorno in cui Cesare Geronzi, uno dei più importanti banchieri italiani, vicino al governatore, viene indagato per bancarotta preferenziale e truffa, due reati pesanti come macigni. Se non c’è odore di bruciato, poco ci manca.
Fedeli al nostro garantismo, vogliamo sottolineare che per noi Geronzi è innocente fino a prova contraria. E forse non ha tutti torti Guido Calvi, avvocato del banchiere (nonché senatore ds) nel sottolineare che la magistratura romana si è mossa col pugno di ferro senza guanto di velluto. Tuttavia, la natura dei reati è senza dubbio grave. Colpisce il silenzio del mondo politico, per una volta tanto prudente a destra come a sinistra. Chissà se sarebbe a accaduto lo stesso nel caso in cui le Fiamme Gialle avessero fatto irruzione dentro Fininvest. Evitare strumentalizzazioni, tuttavia, è sempre un bene (senza doppi standard).
Al di là della vicenda giudiziaria, il crac Cirio e il comportamento delle banche (non solo Capitalia), solleva questioni molto serie che riguardano la trasparenza, il rapporto con i risparmiatori e la crisi di fiducia che ha provocato. Un sistema finanziario moderno e ben regolato non può tollerare l’impunità. Pasticci, imbrogli, truffe persino, accadono ovunque, a cominciare da Wall Street. Ma nel tempio della finanza mondiale fa irruzione (come è avvenuto un paio di settimane fa), l’Fbi. Non per “giustizialismo”, ma perché se crolla la fiducia nelle istituzioni che debbono gestire il risparmio (un bene pubblico garantito dalla costituzione) crolla un pilastro dell’intero sistema.
L’accusa contro Geronzi è di possedere informazioni riservate dal suo speciale rapporto con Sergio Cragnotti (Capitalia era socia di Cragnotti & partners). Sapeva quel che altri non potevano conoscere e ne ha tratto vantaggio. Capitalia nega e tutti noi speriamo che sia così. Ogni uso di insider information viola le regole di equità e di concorrenza. Il mercato perfetto, dicono i testi sacri, è quello in cui tutti competono avendo le stesse informazioni sui beni e sui prezzi. Naturalmente il mercato perfetto non esiste. Ma non dovrebbe esistere il mercato preferenziale.
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