Società

Sallusti condannato: “Vado in cella”. Ma Dreyfuss era Farina

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New York – Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “esaminerà con attenzione” la sentenza adottata mercoledì dalla quinta sezione penale della corte di Cassazione relativa alla posizione del direttore del Giornale. Lo si è appreso al Quirinale La Procura di Milano ha sospeso per 30 giorni l’esecuzione della pena nei confronti del direttore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti, condannato mercoledì in via definitiva dalla Cassazione. Una sospensione automatica, prevista in casi come quello del giornalista che non ha cumuli di pena nè recidive: il tempo necessario perché Sallusti possa presentare domanda per la concessione di misure alternative al carcere. Lo ha spiegato il procuratore milanese Edmondo Bruti Liberati.

Il direttore de “Il Giornale” ha comunicato alla redazione del quotidiano le sue dimissioni: “Questa sera mi dimetto. Non ho alcuna intenzione di chiedere misure alternative alla galera”, si legge sul sito del quotidiano. Il ministro della Giustizia Paola Severino, appresa la notizia della conferma in via definitiva della condanna del direttore de Il Giornale ha dichiarato che la norma va cambiata.

Prendo atto della decisione della Corte di Cassazione. Non conosco il merito della vicenda e ho troppo rispetto delle sentenze per poter fare commenti. In merito al profilo normativo confermo quanto oggi detto in Parlamento sulla necessità di intervenire al più presto sulla disciplina della responsabilità per diffamazione del direttore responsabile, omogeneizzandola agli standard europei che prevedono sanzioni pecuniarie e non detentive”, ha aggiunto il Guardasigilli.

Sulla home page del sito de “Il Giornale” campeggia una grande scritta blu: ‘Vergogna’. Il catenaccio recita: “Una vergogna per tutto il paese, come nelle dittature: la Cassazione ha confermato la condanna al nostro direttore di 14 mesi di reclusione”. A breve Sallusti terrà il suo ultimo discorso davanti alla redazione prima di dimettersi.

Ieri sera a Porta a Porta il colpo di scena. Il quotidiano diretto da Luca Telese Pubblico riporta che quando il conduttore Vespa ha chiesto un’opinione a Vittorio Feltri, il giornalista ha criticato «tutti i politici di destra e di sinistra che, in sessant’anni, non hanno abrogato una liberticida legge fascista».

Ma subito dopo, la principale firma del Giornale rivela l’identità del giornalista che si cela dietro quello pseudonimo, Dreyfus, che con un suo articolo ha portato alla condanna del collega Sallusti: «Bene, avevo sperato che avesse lui il coraggio di farsi avanti. Adesso questo nome voglio farlo io, lo fanno molti. Ma è bene che sia conosciuto da tutti: si tratta di Renato Farina».

Non è una rivelazione da poco, visto che il giudice della corte di Cassazione, che ha spalancanto di fronte al direttore del Giornale le porte del carcere, è stato pesantemente influenzato dall’irreferibilità dell’autore del pezzo incriminato.

Si spengono le telecamere. Vespa si avvicina a Feltri chiedendogli come mai solo adesso abbia scelto di rivelare quell’identità. A questo punto Feltri si arrabbia: «L’ho difeso tutta la vita, speravo che avesse un minimo di coraggio, invece è un vigliacco. Speravo si prendesse le sua responsabilità. Non si è verificata né una cosa né un’altra. È semplicemente un pezzo di merda e Alessandro [Sallusti, ndr] sta pagando con un grandissimo coraggio per una colpa che non è sua».