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SALDI DI FINE STAGIONE

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(WSI) – Sono bastati pochi mesi per ribaltare l’indole dei banchieri centrali di tutto il mondo. Pochi mesi nei quali l’inflazione si è rivelata solo uno spauracchio, mentre la recessione è diventata realtà. E così gli inflessibili falchi si sono riscoperti docili colombi. Una mutazione che non ha risparmiato i puri, nelle voliere dell’Eurotower. Con il taglio senza precedenti di giovedì scorso – 75 punti base – Jean Claude Trichet e soci si sono lasciati alle spalle anni di proclami contro l’inflazione e hanno inaugurato, anche in eurozona, la nuova fase di politica monetaria: i tassi scenderanno ancora – a detta di molti sotto del 2% – e rimanere fermi a lungo.

È quanto il mercato dei bond governativi già suggerisce. Del resto, che sulle scadenze brevi i rendimenti si muovessero all’unisono dopo le mosse delle Banche centrali era prevedibile. Ma che i rendimenti dei titoli decennali, o addirittura trentennali, facessero altrettanto sembrava un azzardo. Eppure, negli Usa, come in Gran Bretagna e in Germania, la remunerazione dei governativi a dieci anni è sui minimi dal secondo dopoguerra. Insomma, se non è una bolla poco ci manca.

Il punto è che gli investitori non vogliono correre rischi. A parte fidarsi di alcuni Stati. A farne le spese è stato il mercato dei corporate bond: la scarsa domanda ha affossato anche i prezzi dei titoli di maggior qualità e scadenze ravvicinate. La differenza di rendimento tra societari e governativi si è dunque allargata a dismisura, portando alla luce opportunità che, anche di questi tempi, allettano chi ha più fegato.

LA CRISI. Era un mercato molto liquido. «Era»: perché negli ultimi due o tre mesi la crisi di liquidità ha volatilizzato gli operatori, rarefatto i flussi, allargato gli spread. «Abbiamo assistito a una vera e propria fuga verso la qualità, che ha portato all’abbandono del comparto corporate a favore dei governativi – conferma Francesca Cerminara, gestore obbligazionario di Zenit Sgr – E anche su quei bond societari ancora scambiati, gli spread si sono allargati a dismisura».

Un differenziale che vale sia in termini di ampiezza fra denaro e lettera sui book di negoziazione, sia in generale come maggior rendimento richiesto rispetto alle obbligazioni governative. «In pratica questo aumento di spread sconta non un normale rischio specifico che caratterizza singole società o singoli settori, ma piuttosto un rischio sistemico che coinvolge tutto il debito corporate – spiega Cerminara – È evidente che siamo in una fase di fortissimo pessimismo, che potrebbe durare ancora per un po’ di tempo, ma è altrettanto vero che forse stiamo scontando un disfattismo probabilmente eccessivo: il mondo non dovrebbe finire nei prossimi due anni. Non ci saranno miglioramenti per ancora un anno minimo, ma poi la situazione dovrebbe tornare a normalizzarsi».

LIQUIDITÀ E REPRICING. Intanto negli ultimi 12 mesi si è capito qual è l’asset più prezioso al momento: la liquidità. «Tuttavia le continue manovre espansive delle Banche Centrali stanno riducendo i rendimenti dei tassi monetari – ribatte Adam Cordery, gestore obbligazionario di Schroders – I conti di deposito saranno sempre meno remunerati e questo costituirà un altro buon motivo per investire in bond corporate». E il prossimo anno la richiesta di denaro da parte delle imprese sarà ingente in quanto sono attesi in scadenza parecchi bond e prestiti bancari: con rendimenti richiesti ben superiori a quelli in scadenza. Ecco perché parecchie società, da Eni a Finmeccanica, da E.On a Bmw e Centrica, nelle ultime settimane si sono affacciate sul mercato primario.

«È stata una finestra importante per vari motivi – spiega Corrado Capacci, gestore di Compam Fund Sicav – Innanzitutto per i rendimenti che sono decisamente interessanti. In secondo luogo perché si è dato luogo al cosiddetto repricing. In pratica le nuove emissioni hanno fornito la misura reale di quel che si attende il mercato dai vari settori in termini di rendimento». Meglio quindi puntare su primario o sul secondario?

«Non esiste una risposta univoca – spiega Capacci – Il primario ha il vantaggio di assegnare un prezzo fisso e certo, mentre sul secondario gli spread, specialmente negli ultimi tempi so6no molto ampi. D’altra parte molte società per accelerare i tempi e ridurre i costi preferiscono rivolgersi solo al mercato degli istituzionali e non al pubblico retail, fatto che richiederebbe una serie di adempimenti normativi più stringenti».

Tuttavia il mercato appare estremamente interessante dal punto di vista dell’investitore: «Gli attuali rendimenti illustrano molto bene perché siamo così positivi su questa asset class – interviene Cordery – Il mercato stima livelli di negatività come probabilmente nel 1929, ma non mi sembra questo il caso. Una recessione è sicura, ma salvo rari casi detenere obbligazioni sarà molto redditizio. Puntando, per chi ha un profilo di rischio più elevato, anche sugli high yield. Magari non direttamente ma attraverso fondi di investimento, che quantomeno possono diversificare il rischio specifico, trattenendo solo quello sistemico».

SCEGLIERE I BOND. Ci sono quindi almeno tre passaggi per selezionare un bond. Naturalmente è meglio sceglierli in euro per evitare rischi sul versante valutario. Innanzitutto si può puntare sul mercato primario acquistando prestiti obbligazionari in sottoscrizione, ma la strada, come visto, è spesso sbarrata al risparmiatore privato. In questo caso è meglio allora dirigersi sul mercato secondario guardando a quei settori che di recente sono già stati oggetto di nuove emissioni. E poi alla liquidità dei titoli.

«Occorre fare attenzione sia ai quantitativi scambiati sia allo spread fra proposte in acquisto e in vendita per evitare che una buona parte del rendimento venga mangiata da un’operazione di acquisto mal eseguita – mette in guardia Francesca Cerminara – In ogni caso non è un mercato adatto a chi vuole fare trading sull’obbligazionario proprio a causa degli spread, decisamente troppo ampi: occorre investire cifre di cui non si ha necessità, in quanto il rendimento migliore lo si ottiene portando a scadenza i bond». Infine il terzo passaggio è quello della scelta del comparto di riferimento.

«Meglio puntare sulle utility e, per chi ha un profilo di rischio più aggressivo, anche sulle auto – consiglia Francesca Cerminara – Le prime viaggiano in media con un rendimento di 300 punti base superiore ai governativi, le altre sui 600 basis point. A metà strada si situano le tlc, che garantiscono uno yield del 4% superiore ai titoli di Stato; in questo caso, però, sarebbe meglio aspettare che le nuove emissioni provvedano a far valere il fenomeno del repricing anche sui bond quotati». E le possibilità sono innumerevoli, visto che obbligazioni in euro vengono regolarmente emesse anche da società europee e statunitensi, da British Telecom a National Grid, da Bat a Imperial Tobacco e Ge.

Infine la grande incognita del settore bancario? Vale la pena farci un pensierino? «A mio parere sì – conclude Francesca Cerminara – offre un extra rendimento di circa 200 punti base e gode di una sorta di garanzia implicita da parte degli Stati. Unica accortezza è scegliere prestiti obbligazionari con scadenza 2-3 anni e soprattutto non subordinati».

OCCASIONI SPECULATIVE. Sul mercato secondario si possono trovare bond per qualunque profilo di rischio, dai più sicuri (ad esempio le emissioni Bei) ai più rischiosi. Ma anche all’interno della categoria investment grade le occasioni speculative non mancano. «Un esempio molto significativo è il bond Fiat febbraio 2013 cedola 6,625% – spiega Capacci – Attualmente passa di mano a 70: considerando le cedole e il rimborso a 100, il rendimento complessivo è del 90%, quello annuo a scadenza supera il 17 per cento. Lo consiglierei a un investitore con un profilo di rischio abbastanza alto, nonostante il rating S&P sia ancora investment grade (è BBB-, ndr). Certo, ci si assume il rischio di entrare in un comparto nel bel mezzo di una crisi – conclude Capacci – ma perché si arrivi al default dell’obbligazione occorre assumere che fallisca la più grande azienda italiana».

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