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S&P 500: ripresa? Intanto scambia a valori recessione Reagan

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New York – Nel posizionarsi sull’indice S&P 500, gli investitori stanno pagando meno di quanto abbiano mai pagato dai tempi della recessione del 1981-1982, quando presidente degli Stati Uniti era Ronald Reagan. E’ quanto scrive un articolo di Bloomberg. Sebbene le ultime sessioni si siano rivelate positive, l’indice S&P 500 ha perso infatti ben il 13% nelle ultime cinque settimane: il risultato è stato che il rapporto price-to-earnings (prezzo sugli utili) è in flessione a quota 12,9.

Il valore è più basso del 3,5% rispetto alla media che è stata segnata nelle dieci contrazioni che hanno colpito gli Stati Uniti a partire dal 1949 e si può equiparare al livello della “recessione Reagan” del 1982.

Una sostanziale differenza è rappresentata dal livello dei tassi sui fed funds. All’epoca, sotto l’amministrazione di Reagan, la Federal Reserve guidata da Paul Volcker arrivò ad alzare i tassi sui fed funds portandoli fino al 20%, al fine di combattere l’inflazione galoppante.

Al momento, invece, i tassi di interesse sono ai minimi storici, praticamente a zero. E ciò porta i ribassisti a essere molto preoccupati su quanto la Fed possa davvero fare per migliorare il quadro dell’economia. Gli stessi ritengono che le valutazioni dello S&P 500 non facciano altro che riflettere la crisi economica iniziata nel 2007 che alla fine non è mai rientrata. I rialzisti invece sottolineano che il rapporto è così basso perchè riflette i sell off di quegli investitori che sono convinti che alla fine la crisi del credito del 2008 si ripeterà.

Sta di fatto che ben $2,3 trilioni sono stati cancellati dalla capitalizzazione dell’azionario Usa dal recente massimo testato dallo S&P 500 lo scorso 22 luglio.