La Russia, preoccupata del riarmo generale della comunità internazionale e della nascita dello scudo spaziale Usa, decide di non rimanere indietro e di aumentare gli investimenti nel settore della Difesa. Mosca, appena appresa la notizia dell’esistenza dello “space shield”, in un primo momento minaccia di uscire dal trattato per l’eliminazione dei missili nucleari e corto e medio raggio e parallelamente chiede agli Stati Uniti di firmare un trattato di non aggressione. Poi corre ai ripari, annunciando la settimana scorsa un programma di rinnovo di circa la metà del proprio arsenale ed equipaggiamento militare. Il riarmo costerà complessivamente 189 miliardi di dollari e sarà completato entro il 2015. Le novità più importanti riguardano l’acquisizione di una rete di radar, di un nuovo missile intercontinentale, di una flotta di bombardieri strategici Tu-160 e di 31 navi, tra cui alcune portaerei. Secondo gli esperti, sono messi al lavoro nel programma 1.550 tra i migliori scienziati e ingegneri del settore e, se necessario, ne potrebbero essere assunti altri, anche stranieri. La novità più importante del programma si chiama Topol ed è un missile intercontinentale stealth, cioè invisibile ai radar nemici, che secondo i militari russi sarà in grado di penetrare lo scudo spaziale Usa. Inoltre, saranno sviluppate alcune testate strategiche che si promettono di rendere nulli tutti i sistemi di difesa conosciuti. Ma, oltre alle armi nucleari, Mosca punta molto anche sull’aeronautico. Assieme al nuovo bombardiere strategico, la Russia sta sviluppando un caccia che dovrebbe rappresentare un’alternativa agli F/A 22 Raptor Usa, ultima generazione di aerei multiruolo (260 milioni di dollari ad apparecchio). Il mese scorso il presidente Vladimir Putin chiede all’India di compartecipare alla sua costruzione e, per “invogliare” Nuova Delhi, dà ordine agli arsenali russi di fornire alla più grande repubblica del mondo alcuni Sukhoy-30Mki (gli aerei da combattimento più moderni in dotazione dell’ex Urss, in grado di contrastare gli F-15 e gli F-16 Usa), a prezzi “di favore”. Alcune versioni di questi apparecchi sono in precedenza vendute da Mosca al Cile, al Venezuela e alla Malesia. L’industria bellica russa, malgrado la fine della Guerra Fredda e dell’Unione sovietica, non smette mai di lavorare. Per un periodo, negli anni ’90, la produzione di armi e sistemi di difesa ha ritmi più lenti. Poi con l’elezione a presidente di Putin (26 marzo 2000) riesplode e da allora non accenna a diminuire, anzi. Da quel momento i fondi per i militari, anche grazie all’aumento delle entrate dalla vendita del petrolio, sono in continua ascesa e si pensa che quest’anno cresceranno ancora del 23 per cento (32,4 miliardi di dollari). Nel 2006 l’export di armamenti è valutato circa 6 miliardi di dollari e quest’anno potrebbe aumentare.
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