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Roubini: le misure per prevenire una nuova Grande Depressione

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New York – Gli ultimi dati economici indicano che l’ombra recessione continua ad oscurare le economie più avanzate, con i mercati finanziari che ormai raggiungono livelli di stress simili a quelli visti dopo il crollo di Lehman Brothers nel 2008.

C’è il serio rischio che scoppi una nuova crisi economica e finanziaria, possibilmente ancora piu’ grave di quella precedente e della Grande Depressione degli Anni Trenta. Ora infatti la crisi coinvolge non solo il settore privato, ma anche stati che possono essere definiti quasi-insolventi. La vera domanda è, dunque, che cosa si può fare per ridurre al minimo le conseguenze di un’altra contrazione economica, prevenire una depressione profonda e un crollo finanziario?

Ecco gli otto punti delineati dal famoso economista Nouriel Roubini, professore alla New York University. Alcuni prevedono misure molto drastiche.

Primo: l’austerita’. Dobbiamo accettare il fatto che le misure di austerità, necessarie per evitare un disastro fiscale, hanno effetti recessivi sull’attività produttiva. Quindi, se i paesi della periferia europea sono costretti ad intraprendere misure di austerità fiscale, quelli in grado di fornire stimoli a breve termine dovrebbe intervenire e rimandare il percorso di austerity. Questi paesi sono: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, altri paesi “core” d’Europa e Giappone.

Secondo: gli interessi. Mentre la politica monetaria ha impatto limitato quando i problemi sono indebitamento eccessivo e insolvenza, piuttosto che illiquidità, una facilitazione del credito può essere utile, piuttosto che solo un quantitative easing. La Banca centrale europea dovrebbe rivedere la sua decisione (sbagliata) di alzare i tassi di interesse. In aggiunta, allentamento monetario e facilitazione del credito sono tattiche che devono utilizzare anche: la Federal Reserve, la Banca del Giappone, la Banca d’Inghilterra e la Banca nazionale svizzera. L’inflazione sarà presto l’ultimo problema di cui avranno paura, visto che il mercato dei beni, del lavoro, immobiliare, e delle materie prime alimenta pressioni deflazionistiche.

Terzo: finanziamenti pubblici. Per ripristinare la crescita del credito le banche dell’eurozona che sono sotto-capitalizzate dovrebbero essere rafforzate attraverso un programma di finanziamenti pubblico guidato dall’Unione europea.

Quarto: liquidita’. La liquidità su larga scala per i governi solventi, operazione necessaria per evitare un picco degli spread e la perdita di accesso al mercato di alcuni paesi, porterebbe da una situazione di illiquidità a una di insolvenza. Ad oggi, Spagna e Italia rischiano di perdere l’accesso al mercato.

Quinto: debiti. Il debito che non può essere ridotto attraverso la crescita economica o il risparmio, deve essere reso sostenibile attraverso una ristrutturazione ordinata, una sua riduzione e una conversione del debito in equity. Questo deve essere effettuato allo stesso modo per i governi insolventi, le famiglie e le istituzioni finanziarie.

Sesto: la crescita.. Per molti economisti il punto fondamentale. Anche se la Grecia e altri paesi della periferia europea beneficeranno di una riduzione del debito, la crescita economica non riprenderà fino a quando non verrà ripristinata la competitività. Tre proposte principali, tutte richiedono un deprezzamento:

– Un forte indebolimento dell’euro verso la parità contro il dollaro statunitense, soluzione improbabile visto che il biglietto verde è già debole di per se.

– Una rapida riduzione del costo del lavoro, attraverso l’accelerazione di riforme strutturali e crescita della produttività rispetto alla crescita dei salari. Anche questo improbabile, visto che con questo processo ci sono voluti 15 anni per ripristinare la competitività in Germania.

– Deflazione cumulata del 30% per i prossimi cinque anni, sia nei prezzi sia nei salari – in Grecia ad esempio – il che significherebbe cinque anni di depressione. Anche se fattibile, questa misura non farebbe che aggravare l’insolvenza, aumentando del 30% il valore reale del debito.

Visto che queste opzioni non possono funzionare, l’unica alternativa è un’uscita dalla zona euro da parte della Grecia e di altri membri deboli. Solo un ritorno alla moneta nazionale – e un forte deprezzamento della valuta – sarebbe in grado di ripristinare la competitività e la crescita.

Abbandonando la moneta unica, naturalmente, c’è il rischio di danni collaterali per il paese uscente e aumenta il rischio di contagio per gli altri membri deboli dell’eurozona.

Settimo: no al protezionismo. Le ragioni per l’alta disoccupazione nelle economie avanzate e per la crescita anemica sono strutturali. Un motivo è l’aumento di competitività dei mercati emergenti. La risposta appropriata a tali enormi cambiamenti non è il protezionismo. Al contrario, le economie avanzate hanno bisogno di un piano a medio termine per ripristinare la competitività e l’occupazione attraverso massicci nuovi investimenti in istruzione di alta qualità, formazione professionale e miglioramento del capitale umano, infrastrutture ed energie alternative.

Ottavo: il rebus mercati emergenti. Paesi come la Cina, che si basano troppo sulle esportazioni come driver della crescita, dovrebbero accelerare le riforme, tra cui un più rapido apprezzamento della valuta, al fine di stimolare la domanda interna e i consumi.

I rischi all’orizzonte sono sotto gli occhi di tutti e non implicano solamente la possibilita’ di una nuova recessione, ma anche di una grave contrazione che potrebbe portarci a una seconda Grande Depressione, in particolare se la crisi verra’ affrontata in maniera disordinata con risposte diverse che non vadano in un’unica direzione.

Sono proprio le politiche sbagliate, avverte Roubini, che nel corso della prima Grande Depressione portarono guerre del commercio e delle valute, insolvenze, deflazione, disuguaglianza sociale, povertà, disperazione e una instabilità politica e sociale che portò infine alla formazione dei regimi autoritari e alla Seconda guerra mondiale.

Il modo migliore per evitare di ripetere gli errori del passato e’ quello di passare a una politica determinata, concertata e aggressiva in materia economica, ma farlo subito.