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Asset management hi-tech pone rischi per i consulenti

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Da soli Vanguard di John Bogle e Blackrock di Larry Fink, i due asset manager maggiori al mondo, gestiscono una fetta enorme del patrimonio mondiale. Dopo aver attirato un numero record di investimenti negli ultimi anni, compreso il 2018 quest’anno i due big del risparmio gestiti sono destinati a diventare ancora più imponenti.

Approfittando del boom degli investimenti nei fondi comuni, la piattaforma ETF iShares di Blackrock continua a riscontare successo. Quest’anno dovrebbe ricevere altri $100 miliardi di investimenti. In soli cinque anni la società da 1.400 miliardi ha visto raddoppiare gli asset in gestione, stando ai numeri resi noti da Morningstar.

Nel frattempo Vanguard, il numero due indiscusso del settore, ha chiuso il 2017 con $4.900 miliardi di asset in gestione, registrando guadagni stellari con i suoi fondi e ETF. Dal 2013 la portata della sua piattaforma di investimenti è cresciuta del 100%.

Trasformazione digitale: crescono investimenti e offerte hi-tech

Ebbene BlackRock, Vanguard, WisdomTree e altri grandi del settore dell’asset management si stanno rivolgendo con sempre più insistenza alle nuove tecnologie. Tuttavia alcuni analisti e consulenti nutrono qualche dubbio sulle nuove piattaforme nate dalle trasformazione digitale in atto. WisdomTree sta aumentando l’offerta e gli investimenti hi-tech per i consulenti finanziari.

Alcuni ritengono però che il passaggio dell’offerta dai prodotti di investimento a soluzioni tecnologiche potrebbe creare situazioni di conflitto di interessi e problemi legati alla privacy. Dovendo far fronte a un esodo del denaro dai prodotti classici come i fondi comuni, i gestori hanno iniziato a investire in piattaforme destinate ai consulenti finanziari.

I prodotti sono pensati per aiutare i consulenti – che gestiscono più di 6.000 miliardi di dollari nella sola regione nordamericana – a valutare i rischi e monitorare l’andamento dei portafogli di investimento. Per gruppi come BlackRock la tecnologia permette di generare nuovi flussi di reddito, in quanto contribuisce a fidelizzare i clienti e ad alimentare la domanda per i propri prodotti.

Consulenti riluttanti a usare piattaforme tech degli asset manager

Ma secondo quanto riportato da Morningstar e da Business Insider, alcuni consulenti sono riluttanti a usare prodotti tech direttamente o indirettamente gestiti dai colossi dell’asset management, per timore che questi ultimi esercitino troppa influenza nelle decisioni che vengono prese per stabilire dove vengono destinati i dati e i soldi dei clienti.

La posta in gioco è alta. A marzo Morgan Stanley ha riferito che se gli asset manager continuano a investire in soluzioni di costumizzazione di massa, si garantirebbero $10-15 miliardi di ricavi in più entro il 2023. Si tratta di tecnologie che permettono ai consulenti di personalizzare e modellare le loro offerte a seconda delle richieste del profilo del cliente.

È una fonte di ricavi fondamentale in un periodo di flessione della domanda di investitori e risparmiatori per i fondi a gestione attiva con commissioni troppo alte. Morgan Stanley prevede che i ricavi della gestione attiva cresceranno dell’1% su base annuale per i prossimi cinque anni. Nei cinque anni trascorsi, la percentuale è stata di quattro volte superiore (4%).

Negli ultimi appuntamenti e conferenze dell’industria della consulenza, gli advisor hanno espresso dubbi sulla mania dei grandi gruppi del risparmio gestito di sperimentare nuove tecnologie. L’amministratore delegato di Vanguard ha annunciato che il suo gruppo stava lavorando alla messa a punto di una piattaforma dedicata ai consulenti finanziari simile a quella già molto popolare Personal Advisor Services.

Affari consulenti in pericolo da un giorno all’altro

Heather Fortner, la chief operating officer di SignatureFD, che gestisce più di $3 miliardi di patrimoni, ritiene che malgrado il potenziale innegabile, la ventata tech della trasformazione digitale del settore dell’asset management “pone anche un rischio enorme” per i consulenti finanziari.

“Investire nelle nuove tecnologie è un’ottima idea. Non si può che parlare bene dell’idea di avere una piattaforma tecnologica molto valida e di metterci un sacco di soldi, in modo che possa crescere e migliorare a un ritmo più spedito e che possa padroneggiare il suo stesso funzionamento nella maniera più efficace possibile”.

Intervistata da Morningstar, Fortner ha però fatto notare che allo stesso tempo “mettere tutte le uova nello stesso paniere” non è affatto una buona idea. Il timore della COO di SignatureFD è che scegliere un solo provider non offre flessibilità sufficiente alle società di consulenza.

I consulenti “non hanno voce in capitolo quando si tratta di Blackrock. BlackRock ha una taglia enorme. Se un consulente sceglie quella società e non ha voce in capitolo, ed essa decide alla fine che quello che sta facendo non ha più senso dal punto di vista economico per i suoi affari, ma si tratta di qualcosa di fondamentale per il business del consulente, i suoi affari da un giorno all’altro sono in pericolo“.

Timori esagerati, consulenti “non si devono preoccupare”

Joel Bruckenstein, che ha fondato l’impresa T3 Consulting Services per offrire servizi di consulenza alle società di health-care sulla trasformazione digitale, ribatte ricordando che i consulenti corrono gli stessi rischi con qualsiasi altra piattaforma. Visto che le cose “possono cambiare da un giorno all’altro” per tutti.

L’elemento chiave da prendere in considerazione secondo Bruckenstein è che la piattaforma degli asset manager alla quale si rivolgono non violi i loro principi e la loro responsabilità come fiduciaria. SE si guarda alle opzioni che ci sono al momento, “non c’è da preoccuparsi“. Ciò “non significa che potrebbero sorgere problemi in futuro”, tuttavia.

Un wealth manager ha dichiarato a Business Insider che i suoi clienti più giovani non vedono quale sia il problema anche perché sono abituati alle violazioni della privacy – come è successo con Facebook – e ai monopoli. Al contrario delle generazioni precedenti che sono cresciute nell’era pre-Internet come i Baby Boomer, i Millennial non hanno grandi aspettative in termini di privacy.

La verità, in sintesi, è che la piattaforma che stanno sviluppando Vanguard e altri è ancora troppo “giovane” per potere stabilire i benefici e i rischi specifici reali per il mondo della consulenza finanziaria. Il prodotto di Vanguard, che sarà pronto entro il 2021, dovrebbe consentire al gruppo da $5.200 miliardi di concorrere ad armi pari con la piattaforma Aladdin Wealth di BlackRock, che è già utilizzata da 30 mila consulenti finanziari di nove società di wealth management diverse, tra cui big della finanza mondiale come Morgan Stanley, UBS e HSBC.