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(WSI) – Il crac della Cirio scoppiò nella primavera 2003, quello della Parmalat nell´autunno 2003. Ci sono voluti quasi due anni dal primo, un anno e mezzo dal secondo, perché il legislatore italiano partorisse una “legge sulla tutela del risparmio” che, visti i tempi di gestazione, dovrebbe essere un capolavoro di perfezionismo. Gli americani di fronte a eventi simili sono stati più frettolosi.
Sono i primi di dicembre del 2001 quando, nell´America ancora prostrata dal dramma dell´11 settembre, va in bancarotta la società texana Enron, colosso dell´energia. Il fallimento distrugge il valore delle azioni in mano ai piccoli risparmiatori e azzera il fondo pensione dei dipendenti. Il bilancio della Enron si rivela un cumulo di bugie, con perdite occultate in società off- shore. A Wall Street lo choc è forte, di fronte alla facilità con cui un´impresa di quelle dimensioni è riuscita a ingannare i mercati. Nel clima di allarme gli investitori diventano sospettosi e altri scandali scoppiano a catena: Worldcom, Adelphia, Tyco.
Alcuni esperti americani in quella fase affermano che il danno delle bancarotte è “peggio dell´11 settembre”. L´affermazione, per quanto pesante, non è del tutto infondata: l´attacco alle Torri gemelle provoca un tracollo selvaggio ma breve negli indici azionari, e i capitali tornano in Borsa non appena risulta che l´impatto macroeconomico dell´attentato non è irrimediabile; il clima di sfiducia verso le società quotate nel dopo-Enron rischia di provocare invece una emorragìa inarrestabile di risparmi.
Il fallimento della Enron ha anche una dimensione politica. Il numero uno della società texana, Kenneth Lay, è un amico di George Bush, è stato il principale finanziatore individuale della sua prima campagna elettorale, e un ascoltato consigliere del vicepresidente Dick Cheney per la stesura del piano energetico. Può esserci la tentazione di insabbiare, ammorbidire le pene, usare guanti di velluto. Lo stratega elettorale di Bush, Karl Rove, dà il parere opposto: con il risparmio degli americani non si scherza; il presidente non deve mostrare imbarazzo; la reazione deve essere durissima.
E´ quel che avviene. Da quel momento in poi, la sequenza degli avvenimenti in America è ricca di insegnamenti per la “tutela del risparmio”. Bush all´inizio del 2002 denuncia i manager disonesti della ex-amica Enron. Il Congresso si è già mosso. Tre mesi dopo la bancarotta Enron è pronto il disegno di legge Sarbanes-Oxley (dal nome dei due parlamentari firmatari). La Casa Bianca lo appoggia. All´inizio dell´estate 2002, sei mesi dopo il crac Enron, la Sarbanes-Oxley è approvata da un vasto schieramento bipartisan.
Quella legge contiene un forte inasprimento delle pene per il falso in bilancio. Le sanzioni sono raddoppiate, il minimo è 12 anni di carcere contro un massimo in Italia di 3 anni per false comunicazioni. Le pene non sono spauracchi virtuali agitati per placare l´opinione pubblica.
Diversi protagonisti di quella stagione di scandali finiscono già dietro le sbarre nel 2003-2004, il direttore finanziario di Enron Andrew Fastow patteggia dieci anni di carcere. Altri pagano multe elevate, come i 14 milioni di sterline sequestrati al capo di Vivendi; il miliardo e mezzo di dollari di risarcimento ai piccoli azionisti imposto a WorldCom). Tutti gli amministratori delegati delle società vengono obbligati a “rifirmare” i bilanci delle loro imprese per garantirne la correttezza. Può sembrare superfluo, in realtà questa nuova firma aggiunge un particolare peso di responsabilità personale alla luce della Sarbanes-Oxley. Dopo aver rifirmato nessuno può dire “non sapevo”, nessun chief executive può tentare di sottrarsi alla sanzione penale e patrimoniale in caso di irregolarità nei conti.
La Sarbanes-Oxley è solo un anello nella catena di reazioni provocate dagli scandali finanziari. La sequenza delle contromisure prese negli Stati Uniti è più lunga. E´ fulmineo lo smantellamento e la scomparsa di Arthur Andersen, la società di certificazione dei bilanci che ha garantito i conti della società texana contribuendo a ingannare i mercati. Un nome antico e importante, uno dei cinque maggiori gruppi mondiali nella revisione dei conti, viene ghigliottinato senza esitazione. Si crea una authority per esercitare il controllo sui revisori dei conti. Si proibisce a queste società di auditing di offrire consulenze. La stesura dei bilanci viene sottoposta a norme più stringenti, i margini “interpretazione” delle regole vengono ridotti. I tempi di comunicazione dei conti al mercato vengono accorciati di un terzo. I dirigenti delle società quotate devono rivelare più rapidamente le compravendite di azioni proprie.
L´etica degli affari fa la sua parte. Senza aspettare i verdetti dei tribunali le banche americane licenziano i tre più celebri analisti finanziari, le star di Wall Street che consigliavano i risparmiatori: Quattrone, Grubman, Blodget. Perde il posto il grande capo dell´autorità di vigilanza, il presidente della Sec Harvey Pitt, pur essendo stato un “protetto” di Bush. La stessa fine tocca al presidente del New York Stock Exchange, Richard Grasso. Si scatena in parallelo l´azione della magistratura.
In particolare si distingue il procuratore generale di New York, Elliot Spitzer. Incastra per conflitto d´interesse tutte le grandi banche americane – da Citigroup a Merrill Lynch – colpevoli di aver rifilato ai propri clienti titoli-bidone, e le colpisce con multe record da 1,8 miliardi di dollari. Si fa anche un po´ di giustizia-spettacolo, mandando in carcere la star Martha Stewart, regina delle trasmissioni tv per casalinghe, condannata per insider trading: i magistrati teorizzano apertamente che la celebrità è un´aggravante. Nessuno contesta le loro sentenze.
Negli Stati Uniti non esiste la modica quantità nel falso in bilancio, cioè quell´attenuante inserita nella legge italiana sulla tutela del risparmio che introduce il reato veniale di “falsetto” (se i dati truccati rappresentano una piccola parte del fatturato aziendale). Non esistono negli Usa i fantasiosi indicatori della normativa italiana – il crac in percentuale del Pil, la quota di popolazione ingannata – per stabilire se ci sia danno grave per i risparmiatori.
Gli Stati Uniti hanno stretto la vite a tal punto, che dopo l´entrata in vigore della Sarbanes-Oxley diverse società straniere hanno rinunciato a quotarsi a Wall Street per non dover passare esami di trasparenza così severi.
Qualcuno si è allarmato, perché questo “eccesso” di rigore può danneggiare la piazza finanziaria di New York a vantaggio di Borse straniere. L´America preferisce correre questo rischio, pur di ristabilire la fiducia dei suoi risparmiatori.
Negli Stati Uniti l´Antitrust ha competenza anche sulle banche, che non hanno un “giudice speciale” a loro riservato. Anzi, si può arrivare al paradosso che una fusione tra due grandi aziende americane – banche incluse – finisca sotto il mirino sia dell´antitrust americano che di quello europeo; mentre un´operazione tra banche italiane sfugge al controllo di Bruxelles. Con il risparmio non si scherza, lo ha riconosciuto anche “l´amico George W.” Il risparmio degli americani, s´intende.
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