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(WSI) –
Il tanto temuto crollo del mercato immobiliare americano è cominciato. E le conseguenze rischiano di essere pesantissime. «E´ la seconda grande bolla speculativa che esplode in sei anni. La prima riguardava le azioni: la deflagrazione, come tutti ricordiamo, cominciò nella primavera del 2000 e assunse presto proporzioni sorprendenti e sconcertanti», commenta Stephen Roach, il capo economista della Morgan Stanley che – unico fra gli analisti americani di prima linea – stava avvertendo già da un bel po´ di tempo dei rischi che via via crescevano.
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«Ora il problema riguarda i consumatori», avverte Roach. «E´ qui il vero allarme: la loro capacità di spesa ha cominciato a incrinarsi, e se crollano i consumi americani, come tutto lascia prevedere, le conseguenze nefaste per l´economia si avvertiranno su scala globale».
Parliamoci chiaro, lei vede la possibilità che s´inneschi una recessione?
«Certo. Le chances che ciò accada oggi sono del 40-45%. Il motivo è semplice. I consumi americani sono cresciuti negli ultimi dieci anni del 3,7% ogni dodici mesi, un ritmo senza precedenti nella storia, e ben superiore alla crescita dei guadagni. I soldi gli americani li hanno sempre di più presi in prestito, e fattore decisivo è stato il continuo refinancing dei mutui immobiliari, basato ovviamente sull´aumento progressivo ed esponenziale dei valori delle case oltre che sui bassi tassi d´interesse. Strada facendo, così, si è accumulato uno stock di debiti individuali impressionante. Ora d´improvviso tutto si è bloccato».
Con quali conseguenze?
«C´è un doppio danno. Innanzitutto uno patrimoniale, perché le case non aumentano più di valore. Sono cresciute in media del 14% negli ultimi dieci anni: ora di colpo, dall´inizio di quest´anno, la crescita è scesa a zero, il che vuol dire una perdita di due-tre punti percentuali se si considera l´inflazione. In diversi casi i prezzi e i valori hanno già cominciato a scendere. E´ una grossa perdita perché le case valgono molto e quindi parliamo di grosse cifre. E gli stessi intermediari prevedono ulteriori svalutazioni. Il secondo danno, indiretto, è quello più devastante sul medio termine: è improvvisamente finito il discorso del refinancing e questo paralizza i consumatori, che ora hanno semmai il problema di pagare i debiti, altro che continuare a spendere. E l´economia americana si basa al 70% sui consumi, una percentuale altissima. In Europa questa quota è del 54%, in molte economie asiatiche non arriva neanche al 50, in Cina è del 38».
Avete già fatto dei calcoli su quanto tutto questo inciderà sulla crescita americana?
«Per il 2007 prevedo che ciascuno dei due fattori, il danno patrimoniale e la contrazione dei consumi, sottrarrà un punto percentuale alla crescita del pil. Quindi due punti: se oggi è prevista una crescita del 3,6, diventa dell´1,6».
Non è ancora tecnicamente una recessione…
«Infatti le chances di cui parlavo non sono del 100%. Ma sono molto preoccupato. Intanto, è comunque un brutto colpo. E poi la situazione potrà ulteriormente degenerare in tempi molto rapidi. Pensi che in pochissimi mesi si è creato uno stock di case e uffici invenduti del 40% per le nuove costruzioni e del 25% per quelle esistenti. L´attività di immobiliaristi, broker e costruttori si sta contraendo ad un ritmo impressionante, fra poco arriverà al 25% in meno rispetto agli anni d´oro. E i prezzi non risaliranno per un bel po´ di tempo. Il settore immobiliare ha contribuito con lo 0,5% alla crescita del pil nei passati tre anni, ora si avvia come dicevo a sottrarre un punto dall´anno prossimo».
E poi c´è l´altro fronte del problema, quello dei consumi.
«Appunto. E questa è la parte più dolorosa della storia. I consumi possono crollare fino al 40% nei prossimi due anni. Ai fini della recessione, in America e nel resto del mondo, dipenderà dalla risposta dei mercati stranieri. Anche questi hanno beneficiato della bramosia di acquisto dei consumatori americani, e soffriranno pesantemente anch´essi di questo brusco stop».
Pensa che i rispettivi mercati interni non ce la faranno a compensare l´assenza di compratori americani?
«Penso proprio di no. Il guaio delle economie globali, dall´Europa all´Asia, è che non sono riuscite a creare una domanda interna robusta che le supporti appunto in momenti come l´attuale. E´ una colpa grave. La stessa Cina ha costruito il suo miracolo economico interamente sull´export, e primariamente in America, esponendosi a rischi gravissimi. Ora sto per andare in Cina per vedere come pensano di fronteggiare la situazione. Come se non bastasse, in altri mercati importantissimi come la Germania e proprio l´Italia, sui consumi si stanno per abbattere provvedimenti fiscali, intendo di risanamento in senso lato, realisticamente piuttosto pesanti».
Ma perché si è arrivati a questo punto?
«Cosa vuole che le dica? In America tutti lo sapevano che il mercato immobiliare era gonfiato e che era inevitabile un tracollo. Ma tutti facevano finta di niente. E ora il crollo è in corso. Guardi, le ripeto: le analogie con quanto successe con le azioni per tutta la seconda metà dello scorso decennio sono impressionanti. Anche allora si andava avanti sapendo che si viaggiava su cifre irrealistiche».
E ora ci saranno conseguenze sulla Borsa?
«Bhè, certo, è inevitabile. Le lascio immaginare come vivono i mercati di fronte alla paura della recessione. Ora bisogna guardare cosa farà la Fed già a partire dal prossimo meeting che c´è il 20 settembre. Miracolosamente nell´ultima riunione ha arrestato l´aumento dei tassi dopo diciassette incrementi consentivi. E ora penso che dovrà seriamente considerare l´opportunità di ricominciare ad abbassare il costo del denaro, anche se mi risulta che è molto preoccupata per l´inflazione».
Ma si poteva evitare tutto questo?
«Io continuo con ostinazione a chiedere a tutti questi araldi della globalizzazione – il Fondo Monetario, il G-7, le maggiori banche centrali – di impegnarsi per risolvere quello che resta il più grave squilibrio mondiale, e cioè il fatto che l´economia americana in primis e poi tutte le altre economie del pianeta, debbano dipendere da un solo attore: i consumatori americani. Altrimenti va a finire che basta una crisi del mercato immobiliare Usa perché il mondo si trovi sull´orlo della recessione».
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