New York – Il rischio di una catastrofe ambientale irrimediabile in una baia della Nuova Zelanda famosa per la sua fauna marina si e’ aggravato oggi con la comparsa di grosse fratture nello scafo della nave portacontainer che si e’ incagliata una settimana fa in una barriera corallina a 22 km dalla costa. Dai serbatoi sono fuoriuscite almeno 300 tonnellate di petrolio che hanno gia’ contaminato le spiagge, e circa 70 container sono caduti in mare.
Intanto il comandante della Rena, oltre 47 mila tonnellate di stazza, e’ stato arrestato ed e’ comparso davanti a un tribunale di Tauranga, il porto a cui la nave era diretta. Il cittadino filippino di 44 anni e’ stato incriminato secondo la legge marittima, che copre attivita’ pericolosa che coinvolga navi o altri prodotti marittimi. E’ stato rinviato a giudizio e liberato su cauzione, e rischia fino a 12 mesi di carcere e una multa pari a 5700 euro.
”Abbiamo identificato fratture da stress nello scafo quindi non possiamo escludere il rischio che la nave si spacchi e affondi, riversando in mare piu’ di 1300 tonnellate di petrolio”, ha detto il premier John Key durante una visita nella zona. La meta’ di prua della nave lunga 236 metri e’ fermamente incastrata nei banchi corallini, la poppa e’ sommersa a piu’ di 90 metri di profondita’ e lo scafo e’ inclinato di 18 gradi. Onde fino a 5 metri e forte vento hanno flagellato la nave per due giorni, facendo cadere in mare molti dei container.
Centinaia di militari e di volontari sono impegnati nelle operazioni di pulizia sulle spiagge, raggiunte dalle dense bolle nere e il portavoce di Maritime New Zealand Steve Jones ha avvertito che molto piu’ petrolio raggiugera’ le spiagge della zona.
TONNELLATE PETROLIO IN MARE,E’ DISASTRO
Un disastro ambientale senza precedenti. Una marea nera di oltre 350 tonnellate ha ricoperto le acque cristalline della Bay of Plenty, uccidendo i caratteristici pinguini blu e diversi altri uccelli marini. La nave portacontainer di 236 metri che si è arenata mercoledì scorso su una barriera corallina nella Bay of Planty dopo una notte di tempesta con onde fino a 5 metri, ha perso cinque volte il petrolio fuoriuscito ieri, facendo cosi’ avverare le piu’ tragiche previsioni. ”Dobbiamo riconoscere – ha detto il ministro dell’Ambiente Nick Smith – che questo evento e’ il disastro ambientale marittimo piu’ significativo della Nuova Zelanda”.
E non solo: ”da una prospettiva ambientale la situazione nei prossimi giorni peggiorera’ in misura significativa”. Intanto si e’ scoperto che le ultime ispezioni avevano rilevato diversi difetti nella nave. Dopo i danni subiti durante la notte, la portacontainer ha lanciato un Sos e la squadra di salvataggio di 36 persone impegnata a bordo e’ stata evacuata dagli elicotteri.
Ad aggravare la situazione il fatto che la grossa chiatta nei cui serbatoi veniva pompato il carburante e’ rimasta danneggiata e per ora e’ fuori uso. Le autorita’ avvertono che sara’ una questione di settimane e non di giorni, prima che la perdita sia contenuta. E il disastro ambientale potrebbe essere immenso, se finiranno nella baia le 1700 tonnellate di greggio pesante che la nave trasportava.
Sono cominciate intanto a pieno ritmo le operazioni di pulizia sulle spiagge, raggiunte dalle dense bolle di petrolio. La marea nera ha gia’ ucciso diversi uccelli marini, fra cui i pinguini blu caratteristici della zona, e molti altri vengono trattati in centri di salvataggio della fauna dopo essere stati trovati ricoperti di petrolio.
E’ emerso inoltre che recenti ispezioni della Rena prima che raggiungesse la Nuova Zelanda avevano denunciato diversi difetti, e che la nave era stata per questo detenuta temporaneamente in Australia per una serie di rettifiche. Il ministro dei Trasporti Steven Joyce ha rivelato oggi che la nave era stata ispezionata in Cina in luglio e in seguito a Fremantle in Australia. Il sindacato dei marittimi ha chiesto il rilascio di rapporti ufficiali sulla nave, dai quali risulterebbero difetti nei motori, nella manutenzione e anche nelle carte di navigazione.
Circa 250 persone, fra cui specialisti accorsi da Australia, Gran Bretagna, Olanda e Singapore, sono impegnate nelle operazioni di pompaggio e di raccolta e contenimento del petrolio riversatosi in mare, mentre 300 militari sono impegnati a ripulire le spiagge. Le autorita’ sperano che una volta estratto e pompato nei serbatoi di chiatte il petrolio a bordo, sara’ possibile riportare in galleggiamento la nave, un compito di cui sono responsabili gli armatori, particolarmente complesso perche’ meta’ dello scafo e’ incagliato nella barriera mentre l’altra estremita’ galleggia ancora