Società

RISCHI AMERICANI
E RISCHI ITALIANI

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(WSI) – Anche se la maggior parte degli esperti continua a disegnare scenari con la svolta (fine dei segni meno e inizio di quelli più) a metà dell´anno, giusto poco prima dell´estate vera e propria, gli economisti un po´ più avveduti cominciano a usare una maggiore prudenza. E a cercare di leggere i dati con maggiore attenzione. Tipico il recentissimo caso americano. A proposito dell´andamento del Prodotto interno lordo nel quarto trimestre, molti hanno detto e scritto che le cose, alla fine, sono risultate meno catastrofiche del previsto, visto che si attendeva un crollo (dato annualizzato) del 5,5% e che invece ci si è fermati al 3,8%.
Ma basta leggere i numeri per vedere che tutto ciò è falso: il crollo del Pil americano, reale, è stato infatti appunto del 5,5% (e gli esperti, per una volta, possono ritenersi soddisfatti).

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E´ vero che la discesa registrata è stata del 3,8%. Ma bisogna tener conto che dentro questo 3,8%, c´è il contributo dell´1,3% delle scorte (merce prodotta per sbaglio e che non è mai stata venduta, che è finita nei magazzini, dove sta tuttora) e un secondo contributo (pari allo 0,4%) della spesa pubblica.
Quindi, se si tolgono le spese pubbliche e le merci prodotte per un calcolo sbagliato delle imprese (che pensavano di vendere di più), il crollo americano nel quarto trimestre è effettivamente del 5,5%.
E questo dice, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la crisi degli Stati Uniti è veramente grossa e importante. Non solo.

Visto che quello che abbiamo appena spiegato, è quasi certo che anche il primo trimestre del 2009 si presenterà con risultati molto brutti. Le aziende, infatti, sono piene fino all´orlo di merci non vendute e di cui devono sbarazzarsi in fretta (rappresentano un costoso immobilizzo di capitali). Si troveranno quindi nelle condizioni di dover ridurre di molto la produzione corrente: e questo significa altri licenziamenti molto consistenti. E quindi altre buste paga in meno e altre cadute nei consumi (e, di conseguenza, nella congiuntura).

Il primo trimestre americano andrà osservato con molta cura perché potrebbe essere l´inizio di un avvitamento molto serio e difficile poi da sbrogliare. Molto probabilmente arriveranno le misure della Casa Bianca e il pericolo che si inneschi una spirale di caduta libera sarà evitato.
Ma i rischi ci sono e si capisce perché il presidente Obama insista per fare presto, prestissimo. Molto probabilmente i suoi consiglieri gli hanno appunto spiegato che l´America sta correndo un po´ sul filo del rasoio e che non c´è un solo minuto da perdere. La situazione va rovesciata, a colpi di miliardi di dollari, già nelle prossime settimane. Altrimenti le aziende procederanno ai licenziamenti e poi sarà tutto molto più difficile.

Se questi sono i rischi americani, ci sono anche i rischi italiani. Qui la situazione è, in apparenza, rovesciata rispetto a quella degli Stati Uniti, ma in realtà è uguale.
Se le aziende americane hanno prodotto troppo (perché non immaginavano che la congiuntura andasse così male), qui da noi le aziende hanno tirato il freno probabilmente troppo (per il timore inverso, forse). In sostanza, nell´ultimo trimestre del 2008 le nostre aziende anno ridotto la produzione del 6% (grosso modo). E non è ancora chiaro se hanno visto bene o male. Ma, al momento, il problema non è nemmeno questo.

La questione più urgente è evitare che nel primo trimestre del 2009, cioè adesso, facciano altrettanto. C´è il timore, in sostanza, che le aziende italiane (visto il clima di pessimismo che circola) finiscano per fare una sorta di overbooking negativo, cioè che esagerino nel tagliare tutto il tagliabile, nel mettere in cassa integrazione troppa gente, nel ridurre eccessivamente la produzione. Innescando in questo modo una sorta di spirale negativa che si auto-alimenta.

Si deve anche aggiungere che, nel caso che vada malissimo anche il primo trimestre, con una produzione industriale che cade del 10-12% in sei mesi, per molte aziende suona la campana del fuori gioco.
In sostanza, anche qui, esattamente come in America, sta diventando essenziale imprimere subito una svolta netta nelle aspettative della gente e delle imprese. Prima che il pessimismo si mangi la gente e le imprese.
Solo che in America Obama può tentare perché alle spalle ha un bilancio pubblico che gli consente ancora di lanciarsi in grandi spese e di impegnare grosse quote di reddito nazionale nel tentativo di scacciare il fantasma della spirale negativa che si auto- alimenta.

Noi, invece, abbiamo un bilancio sfondato e, soprattutto, un governo che probabilmente non si è ancora reso conto che, esattamente come e più dell´America, qui si sta correndo sul filo del rasoio. La partita italiana, quindi, è tutta aperta e va giocata adesso, con un po´ di inventiva e di coraggio, nei prossimi sessanta giorni. La svolta vera potrà avvenire a giugno o a settembre, ma il segnale va dato adesso. E deve essere un segnale concreto, solido, preciso.

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