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Riforma Lavoro costera’ 18 miliardi: nuove tasse per tutti

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Roma – La riforma del mercato del lavoro costera’ allo stato 18 miliardi e 218 milioni dal 2013 al 2020: per poterla pagarla i fondi verranno prelevati dalle casse delle imprese e aumentando la pressione fiscale per i cittadini. La cifra scendera’ a 2 miliardi e 225 milioni annui a decorrere dal 2021.

Lo rende noto ADAPT, associazione di ricerca nelle relazioni industriali e di lavoro, in un cominicato in cui viene citato l’articolo 70, comma 1, del disegno di legge Fornero/Monti di quest’anno (legge 3249/2012).

Dove lo Stato reperira’ questi fondi? E’ spiegato, in modo non troppo convincente, negli articoli 71 e 72 dello stesso disegno di legge. Per incoraggiare maggiore occupazione, il governo punta a finanziarsi “riducendo le disponibilita’ economiche di chi deve assumere, cioe’ delle imprese”, si legge nella nota.

Si pensi alla diminuzione della misura per la quale sono deducibili le spese relative ai mezzi di trasporto a motore per professionisti, artigiani e commercianti (+12,5% di spesa per l’imprenditore) o per i loro dipendenti (+20%). Senza dimenticare che per gli imprenditori cresce anche il costo del lavoro di tutti i contratti a termine, nonche’ dell’apprendistato per i nuovi ammortizzatori.

Non sta meglio chi ha risparmiato investendo sull’immobiliare: basta considerare l’incremento del 10% di imponibile fiscale per i proprietari di immobili in locazione e i cui redditi sono denunciati nella dichiarazione.

Aumenta anche l’addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri di aerei (tassa che ovviamente gravera’, in ultima istanza, sul cittadino). In crescita, indirettamente, anche l’assicurazione R.C. auto. Drastiche sono anche le misure di risparmio che riguarderanno l’INPS e l’INAIL.

Se ne occupa l’esperto di diritto del lavoro Michele Tiraboschi, affiancato da Pierluigi Rausei, nell’articolo “All’ombra della riforma, nuove tasse per tutti e un disperato taglio alle spese organizzative di Inps e Inail”.

“L’articolo 72, comma 1, del Ddl Fornero – si legge in un estratto – prevede che i due super enti operino misure di razionalizzazione organizzativa nella misura monstre di 90 milioni di euro annui a decorrere dal 2013 (18 per Inail, 72 per Inps). Delle due l’una: o i due enti hanno in pancia possibilità di risparmio (leggasi sprechi?) di questa entità e quindi difficile non chiedersi perché non siano stati aggregati prima; o bisognerà per forza intervenire mediante taglio di sedi territoriali o divisioni interne (nella speranza non siano chiaramente tagliate le prestazioni)”.

Si crea quindi un doppio paradosso: “la Riforma del lavoro peserà sul reddito di chi deve assumere e, stante l’incertezza della occupazione che saprà creare, determinerà un maggior numero di disoccupati o prepensionati dell’ordine di qualche migliaio. Considerato il contesto di recessione in cui viviamo il rischio di una sottostima del costo della riforma è comunque evidente e non si escludono svarioni come quelli che hanno portato centinaia di migliaia di lavoratori esodati in un limbo di cui ancora si tarda a vedere una soluzione”.