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Riforma Lavoro: Cgil all’attacco sull’art. 18. Esclusi gli statali

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Roma – La firma definitiva al testo sul nuovo mercato del lavoro sara’ posta oggi, ma la partita e’ chiusa gia’ da ieri. L’ultimo giorno di trattativa ha consegnato “un consenso di massima” sulle linee guida volute dal premier Mario Monti e il ministro del Welfare Elsa Fornero. Ma il nodo dell’articolo 18 e’ tutt’altro che superato. Mentre per alcuni economisti e docenti di Lavoro si tratta di una riforma a meta’. Che potremmo chiamare “riforma di Pirro”. Anche perche’ interessera’ solo i privati, risparmiando invece gli statali.

Dopo ore di confusione e dichiarazioni contraddittorie il governo ha fatto contenti i sindacati precisando che le modifiche all’articolo 18 non si applicheranno al settore pubblico, ma senza dare grandi spiegazioni. CGIL, CISL e UIL si erano detti contrari all’estensione delle nuove norme agli statali.

Il direttivo della Cgil, che riunitosi ieri in massima urgenza, ha proclamato “molte iniziative” per contrastare la riforma del mercato del lavoro delineata dal Governo con la cancellazione della norma volta a proteggere i lavoratori del settore privato vittime di casi di licenziamento per motivi economici in aziende con piu’ di 15 dipendenti.

“Mi dispiace molto che la Cgil abbia assunto una posizione negativa sulla formulazione dell’articolo 18, spero che i lavoratori comprendano che e’ una proposta fatta non perche’ siamo contro qualcuno, ma perche’ vorremmo un mercato del lavoro piu’ dinamico, come piace ai mercati, ma anche piu’ inclusivo”, ha commentato Fornero.

Ancora una volta i sindacati decidono di schierarsi in difesa di una categoria di persone gia’ protette da contratti a tempo indeterminato, dimenticandosi che il vero dramma del mercato del lavoro attuale e di conseguenza dell’economia nel suo complesso e’ la precarieta’. In particolare dei piu’ giovani. Spesso le due cose combaciano, impedendo alle nuove generazioni di investire sul proprio futuro. Spezzando le gambe alla crescita.

Da parte loro gli industriali, per voce del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, protestano per “l’aumento dei costi a carico delle imprese e per la troppa rigidita’”.

La Cgil fara’ fuoco e fiamme sull’articolo 18 che così modificato fa perdere una protezione a circa un quinto dei lavoratori italiani, spesso persone che gia’ godono di contratti indeterminati e in aziende grandi a minore rischio di fallimento.

“Decideremo oggi – ha detto il segretario confederale Fulvio Fammoni al Gr Rai – su iniziative di mobilitazione. Iniziative di carattere contrattuale, giudiziario e legale e di mobilitazione a tutti i livelli”.

Secondo il governo il decreto fara’ guadagnare protezione a giovani e precari, rendendo meno conveniente contratti a progetto, contratti determinati e stage sottopagati. Viene da chiedersi chi difenda il sindacato.

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero propone il reintegro solo nei casi di licenziamento discriminatorio, mentre per i casi di licenziamento economico “ci sara’ un indennizzo da 15 a 27 mensilita’”. Secondo la Cgil cosi’ si punta a “licenziamenti facili”.

Tra le altre norme il contratto a tempo determinato costera’ di piu’ alle aziende, mentre sono in arrivo cambiamenti per le partite Iva. Fornero assicura che ci sara’ un “contrasto secco di cio’ che nasconde lavori determinati a tutti gli effetti”. In arrivo poi la sperimentazione per tre anni del congedo di paternita’ obbligatorio: sara’ pagato dal ministero.

Il decreto e’ – insomma – pensato per aiutare i precari e garantire sussidi. Come sottolinea l’ultimo report dell’Ocse, la riforma del mercato del lavoro “mira ad ammorbidire le tutele sui contratti standard con una riforma del welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati”. C’e’ tuttavia chi, come Roberto Rizza docente di Sociologia del Lavoro dell’Universita’ di Bologna, denuncia la mancanza di un piano di assistenza e accompagnamento al nuovo impiego convincente.

Che poi la riforma riesca nel suo intento di rilanciare il mercato del lavoro asfissiante italiano e’ ancora tutto da dimostrare.

Ecco in sintesi come e cosa cambia:

Il contratto a tempo indeterminato sara’ dominante e verra’ rafforzato l’apprendistato. Di contro, saranno penalizzati i contratti a termine.

Il nuovo sistema andra’ a regime nel 2017, ma se il nuovo sussidio di disoccupazione Aspi (Associazione Sociale Per l’Impiego) entrera’ in vigore da subito, l’indennita’ di mobilita’ (che vale oggi per i licenziamenti collettivi e puo’ durare fino a 48 mesi per gli over 50 del Sud) sara’ eliminata definitivamente solo nel 2017.

L’assicurazione sociale per l’impiego sara’ universale, sostituira’ l’attuale indennita’ di disoccupazione. Durera’ 12 mesi (18 per gli over 55) e dovrebbe valere il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro, e il 25% per la quota superiore a questa cifra, con un tetto di 1.119 euro lordi per il sussidio.

Sull’articolo 18 il governo ha stabilito una diversificazione delle tutele sui licenziamenti con il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori e il solo indennizzo e non il reintegro (fino a 27 mensilita’ di retribuzione) nei licenziamenti per motivi economici (giustificato motivo oggettivo) considerati dal giudice illegittimi.

Nel caso di licenziamento cosiddetto disciplinare (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) considerato dal giudice ingiustificato, spettera’ al magistrato decidere tra il reintegro e l’indennizzo economico con il pagamento al lavoratore ingiustamente licenziato tra le 15 e le 27 mensilita’.

Quanto al lavoro in entrata, l’apprendistato sara’ il canale privilegiato di accesso dei givoani (15-29 anni), mentre il decreto tenta di debellare gli stage per chi non e’ piu’ uno studente. Il datore potra’ assumere nuovi apprendisti solo dimostrando di averne confermati una certa percentuale nel passato recente. Ci sara’ una durata minima. Obbligatoria la figura di un tutor.

Sara’ poi disincentivato l’uso dei co.co.pro, contratti a progetto che spesso mascherano un lavoro di tipo subordinato e altri sfruttamenti. Per farlo verranno introdotti disincentivi normativi e contributivi. Nei fatti la definizione di progetto dovra’ essere piu’ stringente e specifica e non sara’ piu’ possibile inserire clausole individuali nei contratti che consentono il recesso. Per il part-time, il datore sara’ tenuto a comunicare “ogni variazione di orario”.

Per quanto riguarda i costi del lavoro per le imprese, per i contratti a tempo indeterminato la differenza alla voce spese sara’ di -72,62 euro per ciascun lavoratore per i gruppi industriali e di +118,78 per quelli artigiani.

Nei contratti a tempo determinato, invece, le spese a carico delle societa’ industriali cresceranno di 254,08 euro per ciascun impiegato e di 395,92 per quelle artigiane. Costera’ decisamente di piu’ dunque, in entrambi i casi, stringere contratti precari con i nuovi assunti.

L’aggravio sara’ recuperato se poi il datore di lavoro assumera’ a tempo indeterminato. Il meccanismo bonus/malus (chiamato “premio di stabilizzazione”) si attivera’ con un rialzo dell’aliquota contributiva pari all’1,4% (2,7% totale) che andra’ a finanziare il nuovo ammortizzatore, l’Aspi.