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Riforma elettorale a breve: utopia in Italia?

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ROMA (WSI) – A volte ascoltare i dibattiti televisivi è un tormento, il districarsi tra fiumi di parole e cercare di capire il senso nei discorsi spesso induce ad una unica soluzione plausibile, quella che si concretizza con la pressione del tastino OFF del telecomando. Ma anche i giornali non son da meno. Pagine e pagine di commenti in par condicio tutte legate da una riconduzione alle logiche partitocratiche.

L’unico aspetto che i politici sottolineano, perché ormai costretti a farlo, è che l’Italia non può sostenere ancora questa situazione e che le paventate elezioni politiche a giugno sono un dramma per il Paese. In tutto ciò nessuno solleva eccezioni, dubbi, e perplessità anche perché forse nessuno è a conoscenza che una riforma elettorale necessità di tempo per essere attuata.

Il nostro diritto costituzionale, se letto dalla classe politica, potrebbe dar loro una idea per capire i passaggi di una riforma, che deve essere necessariamente complessa e definitiva, partendo dalle preferenze dei collegi locali, perché quelle influenzano la composizione del Parlamento.

Quindi l’idea di fare una legge elettorale per andare al voto giugno è sicuramente improponibile, conoscendo le varie tendenze politiche, e la lentezza con cui i nostri amministratori gestiscono i nostri affari.

La domanda comunque sorge spontanea: abbiamo diversi sistemi elettorali in Europa, senza tralasciare i sistemi elettorali che abbiamo abbandonato, applicare in deroga uno di questi è strada tanto impraticabile e deprecabile? Si osserva quale funziona meglio e lo si ricalca non eventuali adattamenti.

La politica oggi non è più credibile, o forse molto semplicemente non esiste più sostituita da interessi e centri di potere; l’economia è cambiata, ora è globale e determina le sorti dei governi, se i governi non comprendono che logiche partitiche e le tendenze storiche sono dei macigni che costano cari in termini di sviluppo e competitività.

I partiti, nella loro configurazione attuale, oggi sono il macigno di cui sopra; è quindi non sembra inappropriato suggerire l’elezione diretta di un limitato gruppo di persone che per conto dei cittadini dirige e determina i compiti di un gruppo di amministratori capaci e competenti a riorganizzare le risorse di un Paese in modo efficiente ed equilibrato?

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