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RIBASSO MERCI, UGUALE RIBASSO SULL’ AZIONIARIO?

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*Financial Trend Analysis e’ una societa’ che opera nel settore dell’Analisi Tecnica. Le analisi di borsa qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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(WSI) – Il mese di febbraio ha portato con se una novità riguardo l’andamento del quadro intermarket: l’indice CRB delle commodities infatti ha subito nelle prime ottave di questo mese un robusto ribasso, interrompendo in modo netto la linea rialzista che saliva dai minimi di fine novembre 2005. Il CRB index (l’indice del Commodity Research Bureau ideato dal giornalista Milton Jiler nel 1933 per poter fornire ai lettori del New York American un riferimento relativo al prezzo di chiusura sui mercati future delle merci) include nel suo calcolo i prezzi dei principali metalli, fibre tessili, bestiame, grassi alimentari, derrate e materie prime.

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Il suo andamento può essere quindi visto come lo specchio dell’andamento della domanda globale per questi fattori produttivi. Le aziende utilizzano i mercati dei derivati per coprire le esigenze future, speculando forse in eccesso rispetto a quella che sarebbe la loro vera domanda ma non in misura tale da snaturare completamente la funzione di approssimazione che l’indice può avere nei confronti dell’entità dei loro bisogni, e quando la domanda per le merci diminuisce allo stesso modo si comportano i prezzi dei componenti dell’indice.

E’ quindi ragionevole pensare che in questa fase del ciclo economico le principali aziende manifatturiere (l’andamento dell’indice CRB fornisce ovviamente poche informazioni rispetto al livello della domanda nel settore dei servizi, che come è noto è invece la parte preponderante dell’economia americana) stiano sperimentando, o prevedano di sperimentare in futuro, una riduzione della produzione, probabilmente a fronte di un calo della domanda per i loro beni.

Il confronto tra indice delle merci ed indici azionari viene spontaneo: anche i listini di borsa infatti misurano indirettamente, o meglio cercano di stimare, quale sarà il livello futuro di attività economica ed il livello di profitti che le aziende sapranno estrarre da essa. La storia passata sembra tuttavia indicare che l’andamento del CRB Index è in grado di anticipare quello delle borse, rappresentate dall’indice MSCI mondiale (Morgan Stanley Capital Index World).

Il rialzo dei listini azionari visto a partire dall’inizio del 2003 era stato infatti anticipato da un minimo sul CRB a ottobre 2001, mentre il crollo delle borse visto nel 2000 era stato anticipato da un movimento analogo messo a segno dal CRB a partire dalla fine del 1997. Il ribasso dell’indice delle merci sperimentato nelle ultime settimane, anche se non deve necessariamente attivare misure di riduzione dell’esposizione sui listini (se da un lato il segnale rialzista inviato a fine 2001 aveva fornito una indicazione di ripresa anche dei listini con una tempistica adeguata, il precedente segnale ribassista si era verificato con un anticipo troppo elevato per risultare utile da un punto di vista dell’operatività), deve comunque essere considerato un primo campanello di allarme su quello che potrebbe essere il destino delle borse.

Il primo punto da chiarire in ogni caso è quanto sia grave la attuale fase ribassista se considerata in un contesto temporale esteso. I prezzi hanno infatti come detto violato la linea proveniente dai minimi di fine 2005, tuttavia si mantengono ancora lontani da un supporto critico come quello rappresentato dalla media a 200 giorni, l’indicatore che meglio approssima la direzione del trend di lungo termine e che in particolare sull’indice CRB ha dimostrato in passato di essere molto affidabile: nel corso sia del 2004 sia del 2005 i prezzi hanno testato a più riprese la media riuscendo sempre a rimbalzare da quei livelli proseguendo la tendenza di rialzo.

La violazione della media a 200 sedute, passante a 320 punti circa, sarebbe quindi il primo indizio serio della volontà da parte del mercato di invertire il trend al rialzo attivo ormai dal 2001. Una seconda indicazione in questo senso verrebbe al di sotto di quota 310, trend line rialzista tracciata dai minimi di gennaio 2002, base del canale seguito dai prezzi fin da allora ed il cui lato superiore è stato testato dai recenti massimi di inizio febbraio.

Con i prezzi al di sotto di quota 300 vi sarebbe un chiaro segnale in favore di una inversione di tendenza che potrebbe condizionare l’andamento dei prezzi nel corso dei mesi successivi, sintomo dell’avvio di una fase di contrazione della domanda per le principali commodities e quindi implicitamente anche del ciclo economico.

Le precedenti fasi di contrazione del CRB hanno avuto una durata tra i 3 e 4 anni (la prima iniziata nel 1988, la seconda nel 1996). Solo un anno circa è invece durata la fase ribassista del 2001, che comunque potrebbe essere considerato l’affondo finale del movimento iniziato nel 1996, interrotto da una parziale ripresa nel corso del 1999/2000. In caso di discese al di sotto di area 300 sarebbe quindi possibile assistere ad una fase negativa di durata compresa tra un anno ed i 4 anni.

Nel primo caso, che al momento pare quello più probabile, la contrazione sarebbe lo specchio di una “mini recessione”, una fase di assestamento di un ciclo economico al rialzo che tuttavia riesce a mantenersi tale nonostante la temporanea perdita di momentum. Nel secondo caso invece ci troveremmo di fronte una vera e propria recessione, causata probabilmente a livello internazionale dall’esplodere di una situazione geopolitica che al momento è instabile ma all’apparenza non così drammatica da giustificare una inversione del ciclo economico ed a livello domestico (negli USA ma con ovvie ripercussioni anche nel resto dei paesi) dell’esplodere del problema dei deficit gemelli, tenuto sotto attenta osservazione ormai da tempo da molti economisti per la sua potenziale pericolosità (complessivamente nel 2005 le importazioni hanno superato le esportazioni di 725.8 miliardi, il record storico).

Allo stato attuale delle cose è molto difficile dire se il ribasso avviatosi da poche settimane sia destinato ad interessare un periodo di tempo sufficientemente ampio da poter giustificare l’uso del termine “recessione”. Fino a che i supporti di area 300 non verranno interessati dai prezzi infatti la portata della fase correttiva rimarrà incerta.

Esiste tuttavia uno strumento che viene utilizzato in analisi grafica per cercare di stabilire quello che potrebbe essere l’andamento futuro di un mercato senza attendere l’effettivo invio di segnali: si tratta della teoria delle onde di Elliott. Secondo questo approccio è possibile leggere dei comportamenti ricorsivi nella evoluzione dei grafici, che si sviluppano seguendo una alternanza di fasi impulsive, caratterizzate dalla presenza di 5 movimenti, e da fasi correttive, formate da solo tre segmenti.

Nel succedersi di movimenti registrato dai minimi del 1999 dell’indice CRB pare corretto immaginare lo sviluppo di una fase impulsiva, della quale per il momento si sarebbero disegnati solamente i primi tre movimenti (il doppio minimo del 1999/2001 in area 183 rappresenterebbe le onde 1 e 2, il successivo rialzo fino ai recenti massimi di inizio 2006 la onda 3). La correzione in corso di realizzazione sarebbe quindi una onda 4, destinata a lasciare posto all’ultima onda della serie impulsiva, la 5, che dovrebbe fare registrare nuovi massimi rispetto ai picchi di area 350 recentemente raggiunti.

L’idea quindi che una fase di storno dei prezzi delle merci, per quanto non trascurabile, sia destinata ad essere solo temporanea, rimane quella da preferire. In base a questo scenario le borse potrebbero quindi andare incontro nel corso dei prossimi mesi, presumibilmente entro la prima metà del 2006, ad una fase correttiva, che dovrebbe tuttavia lasciare successivamente il posto ad un nuovo momento di rialzo.

Del resto la applicazione della teoria delle onde di Elliott ai grafici dei principali indici sembra confermare queste ipotesi: il Nasdaq in area 2350 potrebbe aver completato o essere in procinto di completare una onda 5 a cuneo della fase impulsiva originata dai minimi di ottobre 2003 (il target di questa onda è in area 2440, quindi un marginale spazio di crescita dovrebbe ancora esserci), dopo la quale si dovrebbe disegnare una correzione con target intorno ai 1900 punti.

Analogamente lo S&P500 potrebbe essere in una fase 5, sempre della serie iniziata a fine 2002, con target posto intorno ai 1370 punti e successiva correzione indirizzata verso area 1150. Per l’S&PMib il target di onda 5, se si considera impulsivo il rialzo dai minimi dell’ottobre 2002 (con onda 2, disegnata tra novembre 2002 e marzo 2003 che ritraccia completamente quanto guadagnato da onda 1), si pone intorno ai 37500 punti, quota dalla quale potrebbe avere luogo una correzione verso area 35000 almeno.

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