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(WSI) –
Stangata da 770 milioni di euro per le imprese e salasso da 1,8 miliardi per le famiglie. Questo, secondo le prime stime che circolano al Tesoro, l’impatto della stretta sui risparmi su cui sta lavorando il governo. Che, però, garantirebbe allo Stato maggiori entrate per soli 590 milioni di euro. Il progetto prevede l’innalzamento al 20% delle tasse sulle rendite finanziarie, attualmente ferme al 12,5%, con la contestuale limatura di quella sui depositi e conti correnti oggi al 27,5%.
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Della riforma si sta occupando una Commissione del Ministero dell’Economia e la prima riunione c’è stata la scorsa settimana. Ma il suo cammino appare già pieno di ostacoli. I primi rilievi, secondo quanto risulta a Finanza & Mercati, sono stati sollevati da Assogestioni, l’associazione che riunisce le società del risparmio gestito. Che avrebbe immediatamente posto la questione dei fondi di investimento italiani, a rischio di forte penalizzazione rispetto a quelli esteri in caso di innalzamento delle aliquote. Di qui la richiesta rivolta da Maria Cecilia Guerra, presidente della Commissione e docente di scienza delle finanze all’Università di Bologna, al gruppo di lavoro: entro la prossima settimana tutti i membri dovranno presentare e illustrare un dettagliato rapporto con richieste e suggerimenti.
Non è esclusa, tra le varie ipotesi, quella di reintrodurre il cosiddetto equalizzatore, cancellato nel corso della precedente legislatura da Giulio Tremonti. Si tratta del meccanismo per cui il regime impositivo e quindi il prelievo effettivo variano secondo la scelta dell’investitore tra dichiarazione, risparmio amministrato e risparmio gestito. Dal documento di Via XX Settembre, che F&M ha potuto visionare, emerge anche che l’aliquota unica in grado di mantenere invariato il gettito, e quindi garantire l’auspicata armonizzazione delle imposte, sarebbe del 14,28% nel primo anno di applicazione e del 15,37% a regime.
Una percentuale decisamente più bassa, quindi, rispetto a quel 20% inseguito dall’esecutivo e annunciato a più riprese negli ultimi mesi. E che comporterebbe, secondo il rapporto del Tesoro, un aumento della tassazione con risvolti negativi sull’offerta di risparmio: 1,7 miliardi di euro nel primo anno di operatività e quasi 3 nel secondo. Nel mirino del Tesoro ci sono oltre 53 miliardi di euro di rendite finanziarie generate da circa 2.500 miliardi di euro di investimenti. E il gettito generato è di 7 miliardi e mezzo.
Alcuni effetti ci sarebbero anche sul fronte dei tassi di interesse per i titoli di Stato che crescerebbero dello 0,1% nel primo anno e dello 0,8% in quello successivo. E le banche, secondo i primi dati, andrebbero di fronte a minor ricavi per circa 780 milioni di euro. Ma, come già accennato, il guadagno netto per l’Erario, dati alla mano, sarebbe di soli 590 milioni, tenendo conto dei 790 milioni di interessi passivi sui titoli di Stato e delle minori imposte complessive versate da banche e imprese pari a 420 milioni.
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