Bush padre ha vinto la prima guerra del Golfo, e un anno dopo ha perso la
presidenza perché l’economia era in grave difficoltà. A Bush junior
toccherà la stessa sorte?
A suo favore c’è un’unica grande differenza:
la recessione di Bush padre è cominciata dopo la prima guerra del Golfo,
mentre quella attuale ha avuto inizio ben prima del conflitto contro
l’Iraq.
Ciò nonostante, la natura di questa recessione potrebbe azzerare il vantaggio
esistente. Nelle recessioni il ruolo più importante lo svolge il fattore
tempo: generalmente i periodi critici dell’economia durano circa un anno e
mezzo.
È per questo che i presidenti preferiscono affrontare una recessione
nella prima parte del mandato presidenziale: così viene superata, e nel
momento di tornare alle urne gli indici economici puntano di nuovo verso
l’alto.
Se la recessione che ha avuto inizio nel 2001 avesse seguito il
percorso più tipico, adesso sarebbe già finita.
E il presidente Bush sarebbe in una buona posizione per essere rieletto tra
diciannove mesi.
Ciò che innervosisce la Casa Bianca è che l’attuale situazione è lontana
dal cambiare.
In effetti, l’economia americana continua ad andare male e i
posti di lavoro diminuiscono a grande velocità. Gli ultimi due rapporti
mensili sull’occupazione di febbraio e marzo hanno mostrato una perdita di
quasi mezzo milione di posti di lavoro.
Ad oggi, questa recessione ha causato
la diminuzione dell’occupazione più duratura degli ultimi cinquant’anni.
Fin dal suo inizio, la recessione del 2001 ha infranto le regole. La maggior
parte delle recessioni statunitensi hanno inizio quando la Federal Reserve
decide di aumentare i tassi di interesse per tenere sotto controllo
un’economia surriscaldata.
I consumatori allora mettono freno alle spese,
perché non possono più permettersi di prendere in prestito altri soldi. È
quello che è accaduto durante la presidenza di Bush padre. Alan Greenspan e
compagnia hanno fatto il primo passo. Ma non è stata la Fed a dare inizio
alla recessione del 2001.
Questa volta tutto è cominciato perché le grandi
compagnie hanno cessato di comprare beni capitali, e perché è scoppiata la
bolla tecnologica. In effetti, Greenspan e gli altri hanno tagliato i tassi di
interesse ben dodici volte, fino a farli arrivare al livello più basso da
molti decenni. E comunque questa strana recessione continua a andare avanti.
Anche se le grandi aziende non hanno ancora ricominciato a spendere, i
consumatori americani continuano a comprare.
Ma c’è un limite a quanto i
consumatori possono spendere, visto che i loro posti di lavoro stanno sparendo
e il loro libretto degli assegni vacilla. La preoccupazione della Casa Bianca
è dovuta al fatto che i consumatori in questo momento sono seriamente
indebitati: erano già in difficoltà all’inizio della recessione, ma adesso
la situazione è così grave che in molti potrebbero non farcela.
I bassi tassi di interesse hanno reso facile per i consumatori più incalliti
prendere in prestito del denaro fornendo come garanzia la propria casa. Lo
scorso anno, i proprietari di casa americani hanno ottenuto 130 miliardi di
dollari in prestito, circa il doppio di quanto avuto nel 2001.
Per il momento
la frenesia dei prestiti legati alle case continua. I proprietari di case
stanno usando il denaro ottenuto in prestito per comprare o fare ogni sorta di
cosa che altrimenti non potrebbero permettersi – elettrodomestici, macchine
nuove o usate, riparazioni domestiche.
Ma più che altro stanno usando il
denaro per far fronte al debito crescente delle loro carte di credito. È una
mossa intelligente. Gli interessi sui prestiti garantiti da immobili sono
circa la metà di quelli che gravano sul debito della carta di credito:
inoltre, i pagamenti degli interessi sui prestiti possono essere dedotti dalle
tasse, mentre gli interessi sui debiti della carta di credito no.
Finché il prezzo delle case continua a salire, chi prende denaro in prestito
è protetto contro un repentino crollo delle proprie finanze. Se chi possiede
una casa non può pagare un debito, ha sempre la possibilità di chiedere un
altro prestito grazie all’aumento del valore della sua casa. Ma qui arriva
l’intoppo.
Quando i tassi di interesse torneranno ad aumentare, i prezzi
delle case smetteranno di salire e potranno addirittura scendere. Le ipoteche
saranno più costose, e questo significa che ci saranno meno persone sul
mercato a voler comprare una casa. Ci sono molte nuove case in costruzione, e
alcuni mercati immobiliari stanno già soffrendo per un eccesso di offerta. I
prezzi delle case stanno scendendo nell’Oklahoma, nel North Carolina,
nell’Indiana, nell’Ohio e nello stato di Washington.
Perché i tassi di interesse dovrebbero salire? Perché l’America è
profondamente indebitata. Il budget federale chiuderà con un deficit di più
di 300 miliardi di dollari quest’anno e di altri 300 miliardi l’anno
prossimo. Durante i prossimi 10 anni, si prevede che il deficit federale
raggiunga i 1500 miliardi. Se la proposta del presidente di tagliare le tasse
di 730 miliardi di dollari verrà messa in atto, questa somma sarà ancora
più grande.
Un livello di deficit così elevato farà aumentare i tassi di
interesse a lungo termine, perché i creditori ritengono che il deficit
porterà a una maggiore inflazione.
Nel frattempo gli Stati Uniti continuano a importare molto di più di quanto
non esportino, per cui si è creata una grande differenza nel mercato che è
stata finanziata dagli stranieri che ci hanno prestato dei soldi e si sono
comprati azioni statunitensi.
Il debito estero oggi si avvicina ai 3mila
miliardi di dollari. Per questo non c’è da sorprendersi se il dollaro si è
indebolito rispetto alle altre divise estere. Un dollaro debole, inoltre, fa
aumentare l’inflazione, perché tutto ciò che gli Stati Uniti acquistano
all’estero costa di più. E l’inflazione fa salire i tassi di interesse.
Quindi c’è da chiedersi: cosa accade a un’economia dove la perdita di
posti di lavoro è costante, dove i consumatori sono fortemente indebitati e
il dollaro è debole? Non ci sarà una ripresa immediata, questo è certo. In
effetti, c’è la possibilità che le cose non cambino in meglio prima delle
prossime elezioni presidenziali, nel novembre del 2004.
Bush padre ha vinto la prima guerra del Golfo ma poi ha perso le elezioni
perché quel giorno il primo pensiero di molti elettori è andato alla
situazione economica. Gli strateghi dell’amministrazione di Bush junior
hanno buoni motivi per temere che la storia possa tornare a ripetersi.
*Robert Reich e’ stato ministro del Lavoro dell’Amministrazione di Bill Clinton dal 1993 al 1997. Ora è professore di politica sociale
ed economica alla Brandeis University.
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Traduzione di Sara Bani
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