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Rai sempre più politica: bufera post-nomina direttore Tg1

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ROMA – Il consiglio di amministrazione della Rai ha dato il via libera alla nomina di Alberto Maccari alla guida del Tg1 fino al 31 dicembre con diritto di recesso per l’azienda e a quella di Alessandro Casarin alla Tgr.

Ma le nomine, proposte dal direttore generale Lorenza Lei, passano a maggioranza per cinque voti a quattro: a favore Antonio Verro, Guglielmo Rositani, Angelo Maria Petroni, Giovanna Bianchi Clerici e Alessio Gorla; contro il presidente Paolo Garimberti e i consiglieri Nino Rizzo Nervo, Giorgio Van Straten e Rodolfo De Laurentiis.

Si dimette per protesta Rizzo Nervo (le nomine, spiega, “rappresentano l’ultima e per me insanabile ferita inferta all’autonomia del Servizio pubblico dai condizionamenti asfissianti della politica”) e chiede l’intervento della politica e delle istituzioni.

Giorgio Van Straten dice che deciderà domani anche se avrebbe voglia di continuare la battaglia dall’interno, in un Cda che dovrebbe scadere tra fine marzo e maggio.

Di diverso avviso Verro che rifiuta l’incarico di parlamentare Pdl per rimanere nel consiglio. Continua la battaglia dall’interno anche il presidente Garimberti, che denuncia: “ciò che è accaduto oggi è la conferma che questa governance condanna la Rai all’ingovernabilità e che è urgente affrontare il problema delle norme che regolano la vita e l’attività dell’Azienda”.

“Mi spiace che Nino Rizzo Nervo abbia deciso di rassegnare le dimissioni. Pur comprendendone le ragioni – dice ancora il presidente – penso che sia opportuno però oggi continuare dall’interno una battaglia per migliorare la governance della Rai e per consegnare l’Azienda in condizioni più adeguate a chi verrà dopo di noi”. Per Garimberti infatti, “si poteva ragionare su un mandato dei direttori legato a quello della durata del Cda ma la pervicacia con cui si sono portate avanti le nomine al Tg1 e alla Tgr dimostra che non si tratta di nomine di emergenza ma di nomine che hanno spaccato il Consiglio e che per questo non possono che incontrare la mia disapprovazione, soprattutto perché il Direttore Generale aveva preso altri impegni al momento del primo interim consegnato ad Alberto Maccari”.

In un accesissimo clima politico, dentro e fuori la Rai, difende le sue scelte il direttore generale Lorenza Lei. “Rivendico l’autonomia delle scelte – spiega – e spiace che possano essere state interpretate con logiche che non mi appartengono, come dimostrano ampiamente tutte le scelte assunte in questi nove mesi da Direttore Generale della Rai”.

“Nella seduta odierna è stato approvato l’intendimento di nomina di due professionalità interne alla Rai la cui competenza è fuori discussione”, dichiara ancora il dg. Il malumore è evidente tra i consiglieri che hanno votato no: “Questa sera in Rai è stata resuscitata la sterile contrapposizione in cui era rimasto avvitato il Paese, non riuscendo a cogliere il nuovo clima che c’era nelle istituzioni e nel Paese nato con il governo Monti”, dichiara Rodolfo De Laurentiis.

“Per quanto mi riguarda – dice Van Straten parlando del dg – in consiglio ho ritirato fiducia che le avevo dato in occasione dell’elezione, perché speravo che da dirigente garantisse maggior autonomia rispetto a quella che lei ha garantito”.

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che prima del Cda aveva chiesto di fermarsi, dopo le nomine dice: “Non resteremo con le mani in mano. Non staremo di certo fermi davanti a coloro che vogliono vedere distrutta un’azienda pubblica”.

“Bersani usa sulla Rai il linguaggio della minaccia e della protervia. La smetta. Rispetti le decisioni del consiglio di amministrazione, rilegga le sentenze della Corte Costituzionale e si renda conto che la sua arroganza non lo porterà da nessuna parte. Quel che lui dice è falso. Quel che propone è illegale”, gli risponde il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri che è anche “padre” dell’attuale legge di nomina del Cda. “La sinistra vuole avvelenare il clima”, aggiunge il vicepresidente della Camera e collega di partito Maurizio Lupi.

“La misura è colma. Adesso anche il governo faccia la sua parte e restituisca dignità al servizio pubblico della Rai e ai tanti professionisti che vi lavorano, defenestrando i partiti dalla gestione dell’azienda”, dice Antonio di Pietro, leader di Idv. Così Fnsi e Usigrai, rinnovano l’appello al Presidente del Consiglio perché, nei tempi più brevi, proponga al Parlamento una radicale riforma dei criteri di nomina del vertice Rai, che “stronchi ogni sudditanza ai governi, ai partiti, ai gruppi di potere più o meno occulto”, chiede il sindacato dei giornalisti. “Non partecipo alle polemiche, dopo 40 anni di professione non serviva alcun patto per nominarmi”, è il commento di Maccari che ha accettato un contratto con diritto di recesso per l’azienda, che potrà essere esercitato dopo l’approvazione del bilancio consuntivo e quindi probabilmente dal futuro cda.

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Michele Cassano (Ansa)

Il dg della Rai Lorenza Lei appare intenzionata ad andare avanti sulla nomina di Alberto Maccari al Tg1, nonostante il no del presidente Paolo Garimberti e le critiche del presidente della Commissione di Vigilanza Sergio Zavoli.

In un’audizione a San Macuto, ha difeso la sua scelta, spiegando di averla raggiunta in totale autonomia e aggiungendo che l’azienda avrà comunque diritto di recesso senza penali. La clausola non basta a placare le dure critiche del centrosinistra, che invita il dg a prendere una pausa di riflessione, sperando ancora in un colpo di scena nella giornata di oggi. Alle 16 il cda dovrà votare la proposta di contratto fino al 31 dicembre di Maccari, che ha raggiunto i requisiti per la pensione, e la nomina di Alessandro Casarin alla Tgr.

A Viale Mazzini c’é chi non esclude uno stop in zona Cesarini, magari con un’astensione o un no a sorpresa dalle file del centrodestra in consiglio. I più scommettono però su un 5 a 4, con il voto contrario dei consiglieri di centrosinistra e quello pesante del presidente.

E con una nuova spaccatura al vertice, che – come sottolineato da Zavoli – non rappresenta “il miglior viatico” in vista di una riforma della governance. “Non è mai accaduto che il direttore della principale testata della Rai venga nominato solo da una parte del cda, e forse come scambio per altri incarichi”, ha affermato il senatore del Pd, con una durezza che è sembrata spiazzare il dg.

“Su Maccari ho deciso in piena autonomia. Io non sono mai stata imbeccata. In questi nove mesi ho lavorato al servizio dell’azienda e vorrei che questo mi venisse riconosciuto, perché oltre ad essere dg sono anche una persona sensibile”, é stata la risposta della Lei, visibilmente emozionata, al centrosinistra che l’accusa di ratificare nomine decise a tavolino da Pdl e Lega Nord.

La Lei ha spiegato di aver tentato tutte le strade, sia esterne all’azienda che interne, senza trovare la necessaria condivisione in consiglio. Ed ha quindi optato per un contratto a termine per Maccari, che “ha accettato un contratto a tempo determinato ma con facoltà di recesso per Rai senza penali per l’azienda”.
“Un elemento – ha proseguito – che non ha precedenti in Rai e che risulta rispettoso delle volontà del Consiglio del cda attuale e del futuro”.

A più di un parlamentare la scelta è apparsa anche un modo per assicurarsi una via d’uscita in caso di vittoria del ricorso per il reintegro dell’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini. La Lei ha anche spiegato di aver fatto la sua scelta, pur conoscendo l’ordine del giorno votato dal cda, che impedisce la nomina di pensionati.

La deroga a quella regola é stata stigmatizzata da Zavoli, oltre che dal consigliere Nino Rizzo Nervo. Il dg ha anche affermato di aver “richiamato i responsabili della Testata regionale ad un maggior equilibrio”, replicando alle proteste del centrosinistra, secondo cui al Tg Lazio viene dato troppo spazio al sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Ed ha quindi criticato la campagna contro i privilegi dei parlamentari lanciata da ‘Zapping’ su Radio1 – finita nel mirino della Commissione – definendola “un accanimento nei confronti dei principali interlocutori dell’azienda”.