(WSI) – The party is over – dicono in America – la festa è finita si dice dalle nostre parti. Ma il senso è lo stesso. Proprio mentre il governo insiste nel voler lanciare un´ambigua riduzione delle imposte per rilanciare l´economia, un po´ tutti i grandi centri di ricerca stanno provvedendo a robusti tagli alle prospettive di crescita della nostra economia. Ancora una volta, come accade ormai da tre anni, abbiamo un governo che tira dritto per la sua strada e che non si rende conto che ciò che dice non è preso sul serio da alcun serio studioso.
Global Insight ha appena tagliato (venerdì sera) la crescita italiana del 2005, portandola a un misero 1,6 per cento. Sul quale, peraltro, pesa (come pesa su tutti) l´incognita petrolio. Nelle stesse ore gli economisti di Caboto-Intesa hanno mandato fuori un documento in cui spiegano che l´economia italiana si avvia verso una frenata importante (anzi, è già in atto) e anche loro rivedono (al ribasso) le previsioni di crescita 2005.
Il documento Caboto-Intesa è interessante perché spiega un po´ che cosa è successo in questo paese nei mesi scorsi e che cosa sta succedendo adesso. Comincia con l´affermare che nei primi sei mesi del 2004 l´economia italiana ha conosciuto la crescita più elevata degli ultimi tre anni e mezzo. E questo è certamente vero, se lo dicono gli indici. Chi era qui, con noi, in questo nostro stesso paese, probabilmente non si è accorto che «quelli» erano i mesi della ripresa più forte degli ultimi mille giorni. Ma è così.
Ripresa peraltro stranissima, quasi peggio di quella americana. Gira e rigira, infatti, gli economisti di Caboto-Intesa spiegano che a trascinare il tutto è stata la domanda interna, cioè i nostri consumi. Ma si può andare ancora oltre nell´analisi. E così si scopre che il piccolo boom (passato inosservato, va detto) del primo semestre 2004 è stato di fatto interamente trascinato dal piccolo boom immobiliare. La gente ha comprato casa e poi l´ha riempita di frigoriferi, armadi, ecc., e questo ha innescato la ripresina del 2004.
Insomma, un «vecchio» boom trascinato non certo dall´esportazione di chissà che, ma dalla costruzione o dalla sistemazione di case. Sembra quasi di essere tornati agli anni Cinquanta.
Comunque sia, e qualunque giudizio si voglia dare su quello che è appena successo, è tutto già finito.
Il piccolo boom del primo semestre del 2004, con la sua ripresina della domanda interna, è stato un fenomeno temporaneo e occasionale. Adesso – scrivono gli economisti di Caboto-Intesa – si notano già segnali di rallentamento della domanda interna (hanno finito di sistemare le casine). E anche degli investimenti (visto che la ripresina è volata via). E quindi sotto questo aspetto siamo già fermi. Inoltre, fanno notare, il raffreddamento dell´economia mondiale fa sì che il contributo delle esportazioni alla crescita italiana sia nullo per quel che resta del 2004 (gli ultimi sei mesi) e addirittura negativo per il 2005.
In sostanza, nei primi sei mesi dell´anno ci siamo tirati un po´ su sistemando le nostre case, e questo ha alimentato un po´ di ripresa. Ma adesso anche questo è finito e non riusciamo a esportare in misura tale da fare delle nostre vendite all´estero un fattore di crescita. Anzi, se per ora siamo pari nel 2005 andremo addirittura in negativo.
Se questo non è un paese bloccato, frastornato, non so più che cosa sia. In ogni caso, gli economisti di Caboto-Intesa, a questo punto, prendono carta e penna e rivedono le stime di crescita sull´economia italiana. Per il 2004, grazie alla ripresina immobiliare la crescita italiana dovrebbe assestarsi intorno all´1,1 per cento. Per il 2005, grazie a un po´ di trascinamento, si prevede invece una crescita dell´1,5 per cento. Siamo molto distanti dalle stime del governo. E abbiamo già detto che anche gli americani di Global Insight non vanno molto più in là. Anche nel 2005, insomma, l´Italia sarà al di sotto della crescita del 2 per cento.
Tutto questo, naturalmente, a bocce ferme. Cioè con il prezzo del petrolio che sta dove si trova oggi e con l´ipotesi che nel giro di qualche settimana torni indietro. Se invece il greggio dovesse stare stabilmente sopra i 50 dollari a barile per alcuni mesi, allora le stime sul 2005 andrebbero probabilmente tagliate di un buon 0,5 per cento. Torneremmo cioè a navigare intorno a una crescita dell´1 per cento, passeremmo un altro anno insomma a livello di moquette. E già a marzo bisognerebbe mettere al lavoro tutti i ragionieri della Repubblica per rivedere i conti dello Stato.
E, ovviamente, tutte queste previsioni non tengono nemmeno conto dell´ipotesi che molti cominciano a avanzare, e cioè che l´economia americana invece di rallentare dolcemente dopo le elezioni possa fare atterrare fra scossoni e grida. In questo caso l´impatto su di noi sarebbe pesantissimo. E quindi, come mi diceva qualche giorno fa un banchiere, può accadere quanto segue: ci siamo persi la ripresa americana, che è volata sopra le nostre teste come se nemmeno esistessimo, ma in compenso rischiamo di prenderci in mezzo alla fronte il crack americano.
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