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(WSI) – La vicenda può apparire laterale, e ascrivibile alla categoria dei malintesi e delle gaffe. Ma nell’Unione questa versione non trova tutti concordi; e il centrodestra la contesta con una strumentalità prevedibile. Le esternazioni agrodolci di Romano Prodi nei confronti della capitale, durante una trasmissione radiofonica di ieri, hanno creato nuove incomprensioni con Walter Veltroni; e riproposto sospetti maliziosi sull’intenzionalità di un intervento preceduto da altri, nel recente passato. A un sindaco avviato a una conferma che si prevede quasi plebiscitaria, non è piaciuto un Prodi ruvido al punto da sostenere che a Roma si rischia di «vivere come ossessi della politica».
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Oltre tutto, le sue parole sono arrivate dopo che Veltroni aveva rivendicato una crescita del prodotto interno lordo romano del 4,1 per cento nel 2004. E sono rispuntati sospetti e vecchi fantasmi. In particolare, quello di un sindaco che dopo il 9 aprile potrebbe emergere come possibile candidato alla leadership del centrosinistra; e di un Prodi che non avrebbe gradito l’inno al «cambio generazionale», intonato di recente da esponenti dell’editoria come Carlo De Benedetti. Così, al di là delle intenzioni e della volontà dei protagonisti, l’episodio ha creato echi imprevedibili.
Non che Prodi abbia detto cose inedite. Si è limitato a ripetere che all’ombra del Campidoglio non abiterebbe mai, «perché non si fa altro che consumarsi a parlare di politica… Anche se i romani sono, a loro modo, simpatici»: parole di un sano figlio della provincia. Ma il problema è, appunto, che l’ha ripetuto, dopo altre uscite dello stesso tenore nel passato recente. E un Veltroni solitamente cautissimo ha reagito con durezza. «Mi dispiace, Prodi ha sbagliato. Le sue sono parole ancora più incomprensibili nei giorni in cui i dati dicono che Roma cresce il triplo rispetto al Paese».
Voleva capire, più che polemizzare.
A quel punto, però, per il centrodestra è stato un gioco additare il Professore come una sorta di novello Umberto Bossi; e sostenere che le critiche servivano «per colpire Veltroni e Francesco Rutelli». Non è bastata la reazione di un Prodi «indignato» con un centrodestra pronto a «scatenare un polverone per creare malintesi e fraintendimenti». Diessini della capitale come Goffredo Bettini hanno tentato di spostare la polemica, sostenendo che gli alleati della Lega «non hanno le carte in regola» per difendere Roma. Ma, equivoco, gaffe o ipersensibilità, si è rischiata l’incrinatura, con un sindaco descritto come amareggiato.
Eppure, il solo sospetto di una divisione fra «prodiani» e «veltroniani» viene considerata una forzatura suicida: un altro regalo potenziale dell’Unione alla maggioranza guidata da Silvio Berlusconi. Gli uomini di Veltroni lo respingono; e rivendicano di avere sempre sostenuto il Professore con gli alleati. Nell’entourage prodiano ricambiano. Sembrano sconcertati dal clamore, e invitano a discutere di «problemi veri». Ma in una vigilia elettorale nervosa, segnata dalle incognite, anche frasi che appaiono innocenti a chi le dice possono diventare laceranti. In questo senso, la vicenda di ieri è istruttiva: come minimo, rivela la difficoltà di intendersi fra il leader e gli alleati.
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