Economia

Quanto costera’ il paracadute per salvare la Spagna

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New York – Da mesi gli investitori rimangono con il fiato sospeso ogni volta che escono nuove indicazioni sulla crisi economica montante della Spagna. Il sistema finanziario fa fatica, appesantito dal mercato immobiliare. Il governo ha promesso che sosterra’ il consolidamento delle banche principali del paese, ma non ha ancora annunciato un programma preciso di salvataggio che sifonera’ i risparmi dei contribuenti nel settore finanziario.

Probabilmente perche’ il sacrificio politico e di immagine sarebbe enorme. Al contrario di Grecia e Italia, Mariano Rajoy, premier e guida del partito conservatore, e’ stato eletto dal popolo e non imposto dall’alto. I problemi di liquidita’ e solvibilita’ potrebbero a questo punto minacciare non solo il sistema bancario, ma anche la sostenibilita’ del debito iberico.

E se le autorita’ europee dovessero incominciare a obbligare i creditori a digerire le perdite sui loro bond, allora sarebbe il panico. Il crollo della fiducia sarebbe analogo anche per l’Italia e si diffonderebbe in tutta l’area euro, anche nei paesi ‘core’ come Austria, Francia, Olanda e Germania.

Al contempo se i leader dell’Ue pensano di poter salvare la Spagna con una convinzione e determinazione sufficiente da poter ritornare a chiedere finanziamenti sui mercati, allora non adotterebbero altre politiche attive per risolvere i tanti problemi della regione. La domanda, insomma, e’: le risorse del muro di fuoco dell”Europa sono sufficienti a impedire il collasso di Madrid? E quanto costerebbe in ogni modo?

Le regioni autonome iberiche fanno fatica a tenere sotto controllo le spese pubbliche, e si trovano a dover fare i conto con l’incremento dei tassi di interesse. Ma il cuore del problema sono le banche. Il rapporto tra debito e Pil era al 68,2% nel 2011: un livello moderato al quale il governo potrebbe permettersi di chiedere denaro in prestito con piu’ successo, se le banche fossero in salute.

Secondo gli analisti di Bank of America Merrill Lynch, €123 miliardi, ossia l’84% dei €146,8 di titoli del debito a medio e lungo termine emessi dalle banche, sono stati finanziati da prestiti a basso costo ottenuto dalla Banca Centrale Europea. In particolare per le operazioni di rifinanziamento a due e tre anni.

Detto questo le banche hanno bisogno di altri €26,2 miliardi per rispettare i requisiti di capitale fissati dall’autorita’ bancaria europea alla fine dell’anno scorso.

A conti fatti, i €174 miliardi di cui Madrid ha bisogno per ricapitalizzare le sue banche non e’ nulla in confronto al denaro che Grecia, Portogallo e Irlanda hanno chiesto in prestito per scongiurare un default. Aggiungendo tale cifra al tasso debito/Pil spagnolo, esso salirebbe all’80,5%, una cifra non allarmante.

Se questi sono i numeri, la Spagna potrebbe anche farcela a sostenere il sistema bancario senza chiedere aiuti internazionali. Tuttavia, il problema e’ che il nodo cruciale del sistema bancario non e’ interno, bensi’ riguarda sopratutto l’esposizione degli istituti di credito al travagliato Portogallo.

Tuttavia gli investitori prevedono che il Portogallo faccia direttamente default oppure chieda un incremento sostanziale degli aiuti finanziari in arrivo dalla troika in un qualche momento dell’anno.

La decisione dell’Unione Europea di costringere gli obbligazionisti del settore privato greco ad accettare il default del loro debito a inizio anno, ha convinto molti analisti che i funzionari non rispetteranno le loro promesse e lasceranno che si ripeta la stessa situazione in Portogallo.

Un evento di questo tipo sarebbe uno shock enorme per le banche sapgnole, che hanno un’esposizione pari a €78,8 miliardi nel paese lusitano. E’ probabile che gli istituti di credito spagnoli incasseranno un duro colpo dal piano di ristrutturazione del debito portoghese e che quindi avranno bisogno di soldi ulteriori per rinsaldare i loro bilanci.

Nella peggiore delle ipotesi la somma di circa €250 miliardi necessaria per ricapitalizzare le banche e proteggere da eventuali perdite legate alla crisi portoghese sarrebbe equivalente al 17,7% del Pil della nazione iberica. Non c’e’ dubbio che in questo caso il governo prenderebbe in considerazione la richiesta di aiuto dall’esterno.

Il salvataggio delle banche sapgnole non sarebbe paragonabile agli aiuti ricevuti da Irlanda e Portogallo quando i due paesi non riuscivano piu’ a trovare finanziamenti sul mercato, nel 2010. I prestiti ottenuti sono stati pari, in entrambi i casi, a circa il 45% della loro crescita economica.

Come ha scritto il seguito economista di Citigroup Willem Buiter, la Spagna sara’ costretta con probabilita’ a ricorrere a un programma di aiuto della troika (Bce, Commissione Ue e FMI) nel 2012, perdendo accesso al mercato dei finanziamenti a termini abbordabili. Ma la Bce potrebbe anche imporre una condizione al piano di aiuti per Madrid: che le banche iberiche, al momento i principali acquirenti del debito sovrano di nuova emissione della Spagna, continuino a essere finanziate.

Ricapitolando i numeri chiave sono questi:

– I soldi per rispettare i requisiti di capitale imposti dall’EBA nelle sue linee guida in materia: 26,2 miliardi di euro

– Accantonamenti imposti di recente dal governo spagnolo: 50 miliardi di euro

– Accantonamenti extra necessari (stime BAML): €41 miliardi

– Il piano di salvataggio delle banche spagnole: €174 miliardi

– l’esposizione delle banche spagnole al Portogallo: €78,8 miliardi

A luglio verranno accordati ulteriori 500 miliardi di euro nell’ambito del piano di aiuti Ue a Irlanda, Grecia e Portogallo. I soldi sarebbero sulla carta sufficienti per coprire i circa 300 miliardi che ci vorrebbero per salvare la Spagna, con spazio di manovra nel caso in cui il governo spagnolo incontrasse difficolta’ nell’avere accesso ai mercati.