Società

QUANTO COSTANO
I FIGLI? DA 500
A 800 EURO

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La presenza di un bambino in famiglia cambia radicalmente l’organizzazione familiare: è stato stimato che l’arrivo del primo figlio comporti in media una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45%, e una spesa aggiuntiva tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica.

E’ quanto emerso dal seminario “Quanto costano i figli? Ricadute socio-economiche e fiscali per le famiglie italiane” che si svolge oggi al Cnel con la partecipazione del ministro delle Politiche della Famiglia Rosy Bindi. I lavori , che si svolgeranno nell’arco della giornata sono presieduti da Edoardo Patriarca , consigliere Cnel e coordinatore del Gruppo di lavoro” Famiglia e minori”.

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Parlare di costo dei figli vuol dire riflettere sulla condizione economica delle famiglie italiane e, non a caso, sono proprio quelle più numerose a essere esposte al rischio di povertà. Nel corso del 2003, si trovavano al di sotto della soglia di povertà relativa il 20,9% delle coppie con almeno tre figli, con punte massime nel Mezzogiorno dove risultavano povere il 21,5% delle famiglie con 4 componenti e il 29,8% quelle con 5 o più componenti, contro il 6,1% e il 10,3% del Nord (dati Istat del 2004).

Sempre con riferimento all’incidenza dei figli sul tenore di vita (nelle due variabili “entrata” e “spesa”) delle famiglie, è importante sottolineare come, nel nostro Paese, il costo di produzione dei figli – ossia il tempo investito per la crescita dei figli e la rinuncia a possibilità di guadagno dovuta ad una riduzione della partecipazione al mercato del lavoro – sia sostenuto quasi esclusivamente dalla madre, e sia dunque irrimediabilmente connesso alla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alla difficoltà a conciliare la vita familiare con quella lavorativa.

E’ la maternità infatti ancora la prima causa di abbandono del lavoro per le donne: il 13,5% delle lavoratrici esce dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio. Ad ostacolare la partecipazione delle mamme al mercato del lavoro sono altresì gli orari scomodi e troppo lunghi dovuti a modelli organizzativi pensati per gli uomini e non ancora ridefiniti su modelli sociali radicalmente mutati.

Tali condizioni, tra l’altro, inducono le donne a posticipare il momento in cui avere un figlio (l’età media al parto è passata dai 27 anni della fine degli anni ‘70 ai 29,8 degli anni ‘90), e potrebbero addirittura costituire una delle principali ragioni della bassissima natalità che caratterizza il nostro Paese (1,2 bambini per donna). Risulta evidente la necessità di importanti interventi a sostegno della famiglia. Le principali misure a favore della famiglia realizzate in questi anni coincidono con la modifica della disciplina fiscale, avviata con l’aumento delle detrazioni fiscali per i figli a carico, previsti dalla Finanziaria 2002, e proseguita con le successive.

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