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Quando l’ottimismo non basta, 10 motivi per stare in allerta

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La settima scorsa e’ stata la peggiore da inizio luglio e gli operatori sembrano puntare sempre di piu’ sugli asset ritenuti piu’ sicuri. Non e’ un caso se l’oro si riportato ai massimi da 6-7 settimane e il rendimento dei Treasury si e’ spinto sempre piu’ in basso. Il cosiddetto “fly to quality” e’ insomma in atto mentre il mercato si interroga su cosa ci sia da aspettarsi per le prossime sedute, in vista di un mese (quello settembre) che storicamente lascia poco spazio alle speranze.

Un po’ di sano ottimismo non fa mai male, soprattutto se sostenuto da fatti concredti. Ma secondo, un’analisi del Wall Street Journal, ci sono 10 motivi per cui sarebbe meglio stare all’erta.

1. Il mercato è gia’ caro. Stando ai dati compilati dal professore dell’Universita’ di Yale Robert Shiller, le azioni vengono scambiate 20 volte i loro utili adjusted. Si tratta di un valore al di sopra della media pari a 16 volte. Questo valore ha generalmente funzionato come indicatore dei ritorni a lungo termine. La valutazione è per ora la questione più importante degli investitori. Se assumendosi dei rischi si guadagna bene, il gioco puo’ anche valere la candela. Ma se cosi’ non fosse?

2. La Fed sta diventando nervosa. La settimana scorsa ha dichiarato che l’economia si è indebolita e ha svelato le sue ultime armi nella guerra contro la deflazione: torna a comprare titoli di stato a lungo termine. Questo dovrebbe abbassare i tassi d’interesse a lungo termine. Ottime notizie per chi accende un mutuo. Ma non esattamente cio’ che ci si puo’ aspettare quando il Dow Jones viaggia già intorno a quota 10000.

3. Troppe persone sono troppo ottimiste. Sono molti i money manager che si aspettano un rialzo del mercato azionario. Almeno e’ quanto emerge dall’ultima ricerca fatta dalla National Association of Active Investment Managers. Lo stesso vale per i consulenti finanziari. E’ proprio questo il motivo per cui bisogna fare attenzione. Il momento giusto per comprare è quando tutti gli altri sono pessimisti. Ma potrebbe essere anche vero il contrario.

4. La deflazione è già qui. I prezzi al consumo sono crollati per tre mesi di fila e gli stipendi ne hanno risentito a loro volta. Il Bureau of Labor Statistic riferisce che, nell’ultimo trimestre, i lavoratori hanno guadagnato lo 0.7% in meno all’ora rispetto a un anno fa. Non c’è da stupirsi se la Fed e’ preoccupata. In fasi deflative, stipendi, ricavi aziendali e il valore degli immobili e degli investimenti potrebbero flettere in termini di dollari. Il debito di ognuno potrebbe mantenersi sugli stessi livelli. Tutto questo porta a un cercolo vizioso all’insegna della deflazione.

5. Le persone hanno troppi debiti. Famiglie, aziende, Stati e governi locali sono tutti alle prese con l’indebitamento. Secondo la Federal Reserve, il debito totale Usa, anche se si esclude il settore finanziario, è il doppio di 10 anni fa: $35 mila miliardi contro 18 mila miliardi di dollari. Le famiglie hanno a malapena migliorato la loro posizione debitoria del 3% nell’ultimo anno. Di fatto anche il debito privato viaggia a livelli doppi rispetto a queli di una decina di anni fa.

6. Il quadro del mondo del lavoro è peggiore di quanto si dica ufficialmente. Dimenticate il livello “ufficiale” di disoccupazione pari al 9.5%. Si prenda in considerazione altri tipi di valori. Qualche esempio? Solo il 61% della popolazione adulta, dai 20 anni in su, puo’ vantare un lavoro. Si tratta del dato più basso dagli anni ’80, quando molte donne scelsero di restare a casa per scelta. Tra gli uomini, attualmente la percentuale sale al 66.9%. E tra coloro che possono vantare un’occupazione lo fanno con lavori part-time. Cio’ significa che solamente il 59% degli uomini dai 20 anni in su ha un lavoro a tempo pieno. “C’e’ da essere ottimisti” chiede retoricamente il Wall Street Journal?

7. Il settore immobiliare resta in panne. I pignoramenti sono ancora una volta cresciuti nell’ultimo mese. Come riportato da RealtyTrc, a luglio c’e’ stato un incremento del 9% su base mensile. Le banche hanno cosi’ messo le mani su altre 93000 case. Per l’anno in corso si potrebbero totalizzare 1 milione di pignoramenti. Gli effetti si farebbero sentire anche su chi non rischia di perdere il tetto dove abita spingendo al ribasso il valore degli immobili.

8. La festa del lavoro si sta avvicinando. Brutto segno. E’ generalmente verso Settembre – Ottobre che il peggio arriva a Wall Street. Si pensi al 2008, al 1987, al 1929. C’è statisticamente un “effetto Settembre”. Il mercato, in media è andato sempre peggio in questo mese che negli altri. Nessuno sa veramente perche’. Potrebbe essere un effetto psicologico. Ma visto che ormai le persone lo temono, allora per sicurezza prevalgono i Sell.

9. Washington in stallo. La stagione delle elezioni è iniziata e gia’ sembra che i Democratici possano perdere alcuni seggi in entrambe le Camere a Novembre. Secondo David Rosenberg, economista di Gluskin Sheff, sostiene sia necessario avere una forte leadership. Ma cio’ non sembra destinato ad accadere.

10. Ogni tipo di indice fornisce nuovi allarmi. L’indebolimento dell’ISM Manifatturiero, l’ampliamento del deficit commerciale, una crescita del Pil del secondo trimestre inferiore rispetto a quella dei primi tre mesi dell’anno. Sono solo alcuni esempi di come i segnali in arrivo dal fronte macro siano poco entusiasmanti. Non solo in Usa ma anche in Europa (con produzione industriale a giugno peggiore delle stime) e Cina (con un rallentamento inatteso dell’espansione economica). Anche dal fronte societario non sono mancate indicazioni all’insegna della cautela, come quelle firmate Cisco System. Presi singolarmente tutte questi fattori potrebbero significare poco, ma insieme hanno un peso differente. In questo contesto, “sarebbe meglio poter comprare azioni a prezzi stracciati”, conclude l’analisi del Wall Street Journal. “Ma e’ meglio lasciar perdere se invece sono troppo care (vedi punto 1)”.