Società

QUALE FUTURO
PER I MERCATI?

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Le giravolte delle Borse nelle ultime settimane riassumono il 2000 che ha visto come attore principale una volatilità enorme difficilmente
riscontrabile negli anni passati.

Nel 2000 si sono viste società, passare dagli onori di record incredibili alle polveri dei profit warnings. Ora il grande dilemma rimane: hard landing o soft landing nel 2001?

La maggior parte degli operatori professionali rimane di un inguaribile ottimismo anche se non si sbilancia particolarmente prevedendo per quest’ anno una crescita più lenta, non certo una recessione.

Il problema, naturalmente, è che le previsioni quasi mai prefigurano atterraggi duri. La natura umana pensa linearmente e, in ogni caso, ogni previsore tende a raggrupparsi attorno all’opinione media.

Aver ragione contro tutti può essere un’attraente scommessa, ma aver torto da soli ha dei grossi svantaggi professionali: se si deve aver torto è meglio che sia un “mal comune”.

Il primo semestre dovrebbe teoricamente essere il miglior periodo dell’anno, dato che probabilmente gli investitori non hanno ancora una corretta
percezione dello stato dell’economia e continuano a pensare ad un rallentamento più che ad una recessione.

Ciò non toglie che la fase di ribasso possa iniziare molto prima, anticipando il momento in cui molti, si aspettano che accada. Probabilmente quando verranno meno le attese per il prossimo taglio dei tassi, previsto per la riunione della Fed del 20 marzo.

I problemi maggiori potrebbero verificarsi nel secondo semestre quando la percezione della recessione dovrebbe diventare più forte, a causa del rallentamento dei consumi, fattore trainante della pluriennale espansione statunitense.

Per capire questo punto fondamentale bisogna rifarsi al rapporto stretto che si è creato negli Stati Uniti fra Borsa ed economia. In questi anni i capital gains hanno nutrito il consumo privato: la Federal Reserve ha stimato che questo “effetto ricchezza” ha portato negli ultimi anni mezzo punto in più di crescita l’anno per le spese reali delle famiglie.

Il “crollo” borsistico dell’ultimo semestre ha chiaramente vanificato il suddetto effetto creando probabili ripercussioni sull’economia reale futura.

A livello geografico la convinzione maggiore è che l’Europa e il Giappone possano comportarsi meglio rispetto agli indici azionari americani, in
particolare il Giappone presenta rischi di downside sicuramente limitati rispetto agli altri mercati mondiali, rappresentando la scommessa più
evidente per il prossimo anno.

Nel 2000 l’Italia è stato il miglior mercato europeo assieme alla Svizzera grazie alla minore esposizione alla tecnologia e alla notevole disponibilità di liquidità da parte dei fondi domestici; per il prossimo anno non si riescono a vedere particolari motivi perchè l’Italia possa confermare l’ outperformance: solo una bolla di liquidità potrebbe ribaltare questo scenario.

Il Nuovo Mercato continua a rappresentare l’ottovolante preferito dai risparmiatori, probabilmente una gita a DisneyWorld costerebbe meno, con minori rischi ed il divertimento risulterebbe comunque assicurato.

Nessuno ha il coraggio di esprimere apertamente il proprio dissenso, su alcuni collocamenti che in tempi passati non avrebbero avuto fortuna, nemmeno al vecchio e vituperato Terzo Mercato, ma si sa, è certamente più conveniente, in termini di commissioni, continuare a collocare, certe società, a prezzi che definire figli dei tempi risulta decisamente riduttivo.

Il vecchio detto “le maschere si vendono a carnevale” appare veramente esplicativo. A questo proposito, si potrebbero spendere due parole sul fenomeno mondiale, ora di estrema attualità italiana dei Venture Capitalist, ovvero Capitani di Ventura, di nome e di fatto.

Finora la parola d’ordine è stata finanziare. Cosa non importa. Giovani virgulti che, con il piglio di grandi finanzieri stracarichi di liquidità, hanno finanziato progetti gestiti da incapaci, armati di buone idee, convinti che questo bastasse per fare soldi, tanti e subito.

Ma la mancanza di: amore e rispetto nei soldi degli altri, impegno, capacità manageriale, senso del profitto, unitamente a stipendi ultragenerosi e sperpero reiterato, nella convizione che la parola magica internet producesse soldi facilmente, ha portato il risultato che questi brillanti “pifferai magici” hanno trascinato, nel fiume delle perdite, il popolo dei topi risparmiatori.

A livello settoriale le aspettative per il settore tecnologico rimangono ancora molto incerte, soprattutto a seguito delle preoccupazioni per uno slowdown americano.

Il Dow Jones Industries prosegue nel proprio andamento laterale da ormai un anno, descrivendo una figura di natura distributiva: la violazione del livello di supporto di 10000 punti, completerà la figura in formazione con il conseguente inizio di un’inversione di tendenza che porterà l’indice delle “Blue Chips industriali fino a 7600/7800 punti.

Il crollo del Dow Jones non potrà certamente risparmiare lo Standard & Poor’s 500 ed il Nasdaq che potranno scendere rispettivamente fino a 1000 e 1500 punti.

In questo contesto anche gli altri mercati finanziari mondiali non potranno essere risparmiati da un evidente effetto domino.

Per quanto riguarda il settore delle telecomunicazioni, nel corso dell’anno vedremo sicuramente una forte polarizzazione tra le società più solide dal punto di vista finanziario e gli operatori più deboli non in grado di tenere
il passo; soprattutto in Europa un consolidamento sarà inevitabile.

Favoriti risulteranno i settori maggiormente difensivi: farmaceutici,alimentari,energetici ed healthcare e comunque legati alla old economy, che probabilmente risentiranno anche ell’effetto “fly to quality” derivante da un eventuale “crollo” ulteriore dei titoli della new economy.

Gli investitori e gli operatori professionali dopo anni di bull market hanno paura ad abbracciare una convinzione che forse già molti hanno: l’inizio di un bear market.

*Lorenzo Marconi e’ amministratore delegato di
Financial Advisors.