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Pronto attacco a pensioni e ticket, spunta l’eurotassa

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Roma- Prelievo di solidarietà sui redditi medio-alti, stretta sulle pensioni, ticket sulle degenze ospedaliere. E’ nuovamente caccia ai 20-25 miliardi che servono per anticipare e rafforzare la manovra e per raggiungere il pareggio di bilancio un anno prima, nel 2013. “Bisogna ristrutturare la manovra”, ha detto ieri alle parti sociali il ministro dell’Economia Tremonti e questo significa che è quasi tutto da rifare. Nuovi tagli da individuare, e nuove poste di entrata da mettere in campo. Senza escludere nulla, come ha riconosciuto ieri il sottosegretario Gianni Letta. Compreso il ricorso a vecchi strumenti come sanatorie e condoni fiscali e previdenziali. Confermato l’intento di serrare il percorso verso il pareggio: il deficit-Pil, secondo quanto annunciato ieri da Tremonti, sarà del 3,8 per cento quest’anno, scenderà all’1,5-1,7 il prossimo e arriverà al pareggio nel 2013.

Nonostante il no di Bossi e della Cgil è la partita delle pensioni quella sulla quale il governo e i tecnici puntano maggiormente. L’obiettivo sarebbe quella di “abolire” le pensioni di anzianità, salvaguardando soltanto l’uscita di chi ha 40 anni di contributi. Oggi le norme prevedono che si possa andare in anzianità a quota 96 (max 61 anni) nel 2012 e a quota 97 (max 62 anni) dal 2013: la riforma sarebbe impostata in modo di arrivare a “quota 100” nel 2015 (65 anni più 35 di contributi) attraverso un aumento della quota di un punto l’anno (97 nel 2012, 98 nel 2013 e 99 nel 2014). Risparmi garantiti a regime: 3,5 miliardi.

“Meglio i 58enni sotto il Tesoro, che gli invalidi in carrozzella”, si spiegava con un po’ di cinismo nelle aule vuote degli uffici tecnici, dove “girano” le simulazioni. Ma il punto è anche algebrico: l’anticipo dei tagli alla dell’assistenza-Inps, previsti dalla delega, per 25 miliardi è considerato impossibile. Al massimo, spiegano fonti autorevoli, da invalidità e sostegni vari, si può spremere un miliardo. E il resto? Dalla vecchia manovra da 48 miliardi, entro il 18 agosto, si cercherà di spremere il massimo: a cominciare dall’anticipazione di un anno di tutte le misure, dal taglio ai ministeri, alla spending review, alla sanità con l’accelerazione dell’entrata in vigore dei costi standard e con l’idea – ancora da confermare – dell’introduzione di un ticket sui primi tre giorni di degenza in ospedale.

Ma tutto ciò non basta per respingere l’attacco dei mercati e rispettare il diktat della Bce. Così si continua a girare attorno alla patrimoniale: Berlusconi non la vuole, i suoi uomini anche. Il leghista Reguzzoni ieri l’ha perentoriamente esclusa. I tecnici tuttavia l’hanno confezionata: 6-7 miliardi con una addizionale speciale Ici sulla seconda casa. Solo il ministro Calderoli ha una opzione alternativa: una service tax per i comuni, strumento in verità un po’ logorato dal dibattito sul federalismo, che dovrebbe accorpare varie tasse municipali e fornire un gettito aggiuntivo ai sindaci. Tra le ipotesi al vaglio prende però corpo quella di un contributo di solidarietà sui redditi medio-alti. L’idea, che ricalca un po’ l’eurotassa del primo governo Prodi che consentì all’Italia di entrare nella moneta unica, sarebbe quella di un prelievo straordinario sui redditi al di sopra dei 60-100mila euro.

L’aumento dell’Iva di un punto viene per ora tenuta nel cassetto: eppure la misura da un cash immediato di 9 miliardi. Confindustria e Cisl si erano espressi favorevolmente. Ma la misura resta in bilico, coltivando l’illusione che quelle risorse possano servire il prossimo anno, a ridosso delle elezioni, per diminuire Irpef o Irap. Sembra invece confermata la determinazione a mettere in campo l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie: al netto di Bot e Btp (che resterebbero al 12,5 per cento) si porterebbero tutti gli altri strumenti finanziari al 20 per cento. Con l’obiettivo di incassare 1 miliardo.

Solo l’assalto ai costi della politica sembra impossibile da fermare: sotto l’urgenza di agosto e la pressione dei mercati si agirà sulle province. Tutte quella istituite e non operative saranno fermate, ma nel mirino c’è anche l’abolizione di quelle che hanno meno di 300 mila abitanti. Senza contare che ai politici locali verranno tolti molto dei loro “giocattoli”: saranno presenti nel decreto anche la privatizzazione dei servizi pubblici locali, dall’energia ai trasporti all’informatica, e le liberalizzazioni.
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