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PRODI SBAGLIA MISSION

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(WSI) –
Si dice che piacciono perché sono belli.
La nouvelle vague dei politici occidentali
è tutta gambe, occhi, sorrisi. Ségolène e
Sarkozy in Francia, David Cameron in Inghilterra,
quell’angelo nero di Barack Obama
negli States. Quando i media non capiscono
la politica, la raccontano a propria
immagine e somiglianza.

Ricascano nel clamoroso
equivoco che accompagnò l’apparizione
delle stelle di Clinton, di Blair e anche
di Berlusconi: è tutta immagine. Poi
Clinton e Blair hanno cambiato i loro paesi,
e Berlusconi ha cambiato la politica del suo
paese, se non il paese. Ma nessuno ha fatto
autocritica: vuoi vedere che i nuovi politici
hanno nuove analisi e nuove idee, oltre che
una faccia televisiva?

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Più che perché belli, piacciono perché
sono sexy. Politicamente sexy. Nel senso che
incarnano una “mission”, propongono una
“rupture”. Costruiscono un sogno, e per farlo
devono includere, non escludere. Sono i
leader della “grande tenda”, sotto la quale
promettono di ospitare la nazione tutta. Per
questo sembrano, e spesso sono, vaghi. Perché
ci si deve intendere sull’essenziale, e
sul dettaglio sarebbe stupido perdere pezzi.

Non cercano di “convincere, ma di soddisfare;
non di spiegare, di esporre, di dettagliare,
ma di evocare, di sfiorare, di destare
un’eco”; così descrive Libération una tecnica
“metodicamente allusiva, che mobilita la
soggettività, l’implicito”. Per questo Ségolène
a ogni domanda imbarazzante risponde:
“La mia opinione è quella del popolo francese”.

Per questo il programma di Sarko si
condensa nell’“envie de vivre ensemble”. E
quello di Cameron è “proteggere il paese
che amiamo, orgogliosi del nostro passato,
fiduciosi del nostro futuro”. E poi ci lamentiamo
della leggerezza di Veltroni.

Ma l’ecumenismo e la levità del politico
sexy sono essi stessi politica. Si basano sulla
convinzione che, alla svolta del secolo,
ogni nazione abbia una missione, e che quella
missione sia unica per tutta la nazione.

Azzecca la missione e conquisti la nazione:
“La missione di riconquista per la Francia”
dice Ségolène; “la riconquista dell’identità
nazionale”, dice Sarkozy. Se leggesse così le
cose, anche il forestiero in visita in Italia,
immaginato domenica da Barbara Spinelli
sulla Stampa, si spiegherebbe meglio ciò
che lo stupisce, in questo paese che sembra
“quasi avere nostalgia di chi ha appena
mandato a casa, cinque mesi dopo”.

Forse
gli italiani continuano semplicemente a volere
ciò che chiesero a Berlusconi nel 2001.
Forse l’hanno mandato a casa (per un pelo,
a dire il vero), solo perché non gliel’ha dato.
Forse hanno chiesto a Prodi suppergiù la
stessa cosa: arricchiscici. Spossati da dieci
anni senza crescita, gli italiani vogliono solamente
un miracolo economico; anche piccolo.
E’ la nostra missione nazionale.

I superficiali dicono che il problema di
Prodi, con la Finanziaria, sia la comunicazione.
Certo, a lui ripugna il modello sexy
che oggi va per la maggiore. Se ha tutti contro,
ne deduce che si sta muovendo bene.
Segue un altro archetipo di leadership, il
modello “padre di famiglia”. Severo, austero,
pronto al ceffone quando serve, perché
lui sa meglio dei figli che cosa va bene per i
figli. Può funzionare, ha precedenti illustri.

Bush, per dirne uno, governa così. Non è
dunque questo il problema di Prodi. Il problema
non è come comunica, ma che cosa
comunica. Il problema è la missione. Cercandola,
D’Alema dice che il governo dovrebbe
ricreare lo spirito del ’96: agganciare
l’Europa. Credo che sia vero il contrario.

Quella era la missione di un decennio fa: il
risanamento. Stavolta ha vinto le elezioni
con un’altra missione: la crescita. Il risanamento
serve, ovvio; ma è solo una precondizione,
per giunta irta di tasse. Abbiamo detto
agli italiani che agganciare l’Europa era
l’Eldorado, e così non è stato. Ora vogliono
sentirsi dire, da Berlusconi cinque anni fa e
da Prodi oggi, come si aggancia la Spagna,
l’Irlanda, la Finlandia, la Gran Bretagna,
tutta la gente che nel mondo s’arricchisce,
per l’appunto.

Per questo il vittorioso messaggio della
sinistra sociale è stato doppiamente esiziale,
e fiscale. Prima ha lasciato credere agli
italiani che c’era trippa per gatti (ricordate
che volevano spalmare la manovra in due
anni?). Poi ha scatenato i gatti lasciando
credere che era in corso una grande redistribuzione
di ricchezza (ricordate l’Irpef e
i ricchi che piangono?).

Il governo aveva vinto
le elezioni (di un pelo, per la verità), sulla
missione giusta: prima la crescita. La Finanziaria
dà altre priorità: prima il risanamento,
prima l’equità. Non è un errore di
comunicazione, è la missione sbagliata. Non
sorprende che non sia sexy.

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