Cambia il concetto di crisi d’impresa, grazie alla riforma in vigore dal luglio 2006. Continua il viaggio del Denaro nel mondo della legislazione e delle nuove caratteristiche del fallimento e di tutti gli strumenti a esso correlato.
Esiste anche la possibilità che lo sviluppo risulti la causa principale di una crisi aziendale. L’esasperazione quantitativa dello sviluppo può condurre a crisi di crescita più o meno gravi.
Si tratta di una situazione che colpisce soprattutto le piccole e medie imprese che, a causa di una crescita eccessiva, non riescono più a creare quelle risorse finanziarie necessarie a sostenere gli investimenti; per cui più crescono e più si indebitano favorendo il formarsi di stati di crisi. Solitamente ci troviamo di fronte ad una crisi meno grave rispetto a quelle scritte in precedenza che necessitano, però, di un più immediato piano di risanamento: riduzione del ritmo di sviluppo.
In tal senso, lo sviluppo può essere interpretato come un processo quali/quantitativo di tipo dinamico che richiede una logica di progressivi adattamenti consequenziali a parametri specifici, tale da far si che l’impresa intraprenda la “spirale evolutiva” della crescita.
Quando infatti l’impresa sviluppa, nel senso appena descritto, la propria offerta, genera nuove risorse e nuove competenze ed elimina almeno in parte le vecchie, modificando di conseguenza la dinamica concorrenziale. Se un’impresa riesce a realizzare efficacemente questo processo, attiverà una spirale evolutiva che terminerà nell’espansione dimensionale.
Qualora, invece, non riesca a sviluppare la propria funzione produttiva e competitiva, generando e assorbendo le stesse risorse e competenze precedenti o mantenendo un orientamento conservativo, avvierà un processo di riproduzione conservativa ed entrerà in una spirale involutiva che porterà alla crisi.
Entriamo più nel dettaglio della questione, analizzando le tre fasi in cui si articola il processo di sviluppo. Nella prima fase il management aziendale individua nell’ambiente esterno gli stimoli per innovare le risorse e le competenze e pianifica le procedure necessarie per attuare il cambiamento.
Questi elementi di sviluppo potenziali potrebbero tramutarsi in fattori di crisi nel caso in cui vengano percepiti in maniera distorta a causa, ad esempio, della pressione competitiva che rende per l’impresa l’opzione espansiva forzata dalla logica concorrenziale, anziché frutto di una sua libera scelta.
Successivamente l’impresa rende concreto ed operativo il processo di sviluppo precedentemente stabilito.
La crisi sarebbe causata dalla scoperta di limiti specifici del progetto che potrebbe svilupparsi in maniera conflittuale con le condizioni interne ed esterne dell’impresa.
Questa situazione comporta un irrigidimento delle sue capacità reattive e una conseguente eccessiva esposizione ai rischi legati ai turbamenti ambientali. Infine, quando lo sviluppo è realizzato correttamente, l’impresa raggiunge quello che durante il processo di crisi era considerato, in termini economico-dimensionale, il suo obiettivo progettuale.
Quando invece questo processo è stato viziato dai fattori distorsivi descritti in precedenza, in quest’ultimo stadio si materializza una crisi funzionale dovuta alla mancanza dei risultati economici prefissati prima dell’ avvio del percorso di sviluppo.
Tale situazione può comportare anche effetti negativi di natura finanziaria, che hanno però carattere di manifestazione ultima della crisi in crisi, le cui origini sono imputabili a monte del processo espansivo di sviluppo.
In conclusione la crisi da sviluppo può essere interpretata come una “discontinuità conflittuale sul percorso della crescita e nella funzione di produzione e che, come tale, richieda un approccio evolutivo che riesca a cogliere l’iterazione tra i diversi fattori che la determinano”.
di Carmine Ruggiero