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PRESIDENTE RENTIER: BERLUSCONI INCASSA I DIVIDENDI

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Berlusconi avido? Il mugugno arriva, nitido, da Mondadori all’indomani dell’assemblea. E si estende a tutte le partecipate della galassia Fininvest.

In molti, numeri alla mano, si sentono trattati come vacche da mungere. A Mediaset, come a Mondadori e in parte anche nella Mediolanum, ci si bea dei copiosi flussi di cassa, degli utili che crescono nonostante le difficoltà del mercato, ma poi gran parte del frutto di questo sforzo non rimane nella società a finanziare nuovi progetti e investimenti, ma finisce ridistribuita con un’oltremodo generosa politica dei dividendi. Naturalmente, Fininvest ( quindi Berlusconi e i figli Marina e Pier Silvio) è il principale beneficiario di questa scelta.

Il premier imprenditore (che a questo punto sembra trasformarsi in un pingue rentier) usufruirà nel mese di maggio di tre assegni cospicui: 128 milioni da Mediaset e 25 milioni ciascuno da Mediolanum e Mondandori. Nulla di male. Fino a quando qualche gestore ha iniziato a chiedersi il perché, soprattutto per Mondadori, ci fosse un drenaggio così consistente di risorse, temendo che il titolo, dopo lo stacco della cedola del 22 maggio, precipitasse ancor di più (ha già perso il 26,3% in un anno).

Considerazioni che trovano eco anche all’interno.
A Segrate, la soddisfazione dei manager per essere riusciti, nonostante una riduzione del 6,5% del fatturato, a migliorare leggermente la redditività (l’utile netto che è passato da 73,9 a 81,1 milioni di euro), è durata lo spazio di qualche settimana, il tempo di scoprire che il 70% di questi utili sarebbe finito agli azionisti, e poco più di 25 milioni di euro sarebbero passati direttamente nelle casse Fininvest.

La raccolta pubblicitaria è ancora anemica, ma ci si aspetta una ripresa nella seconda parte dell’anno. Sarebbe il momento migliore per tentare nuovi progetti editoriali e sfruttare la crescita del mercato, invece pare che a Mondadori si viva in perenne quaresima. Nessuno ha ancora dimenticato che l’anno scorso furono distribuiti 100,4 milioni di euro di dividendo straordinario, per due terzi attingendo alle riserve, il pay-out (la quantità dell’utile distribuito agli azionisti) raggiunse la quota stratosferica del 210%, la posizione finanziaria del gruppo da positiva passò in sei mesi in rosso per 10,7 milioni di euro. Anche a Mediaset il pay-out sarà del 96% degli utili ma qui più di una voce si alza per difendere questa scelta.

Gli analisti sottolineano ormai con insistenza che Berlusconi è diventato un freno. Nessun nuovo investimento che Mediaset vorrebbe fare in Italia o all’estero sarebbe destinato al successo: il padrone-Presidente del Consiglio è una figura troppo ingombrante.

Ma allora tutti questi soldi che finiscono in Fininvest a cosa servono? Di certo le stesse considerazioni sull’immobilismo di Mediaset valgono anche per la holding. Ridurre l’indebitamento non è una priorità: le indiscrezioni – Fininvest non è quotata e quindi non ha obbligo di rendere pubblico il proprio bilancio – lo danno sotto il miliardo di euro. Le varie partecipate forniscono ricavi per 4 miliardi e i tre pacchetti azionari principali ne valgono 6,5 a prezzi di mercato.

Tanto denaro per nulla? Sembrerebbe proprio di sì. A guardare l’elenco delle dismissioni di Fininvest dal ’96 ad oggi, emerge la storia di una difficile ristrutturazione: Standa, Edilnord, Holding dei Giochi, Blockbuster, Pagine Utili e pare prossima anche quella del 20% di Albacom. Persino qualcuno dei suoi inizia a temere che il Berlusconi imprenditore abbia tirato i remi in barca. Ma allora perché gli servono tutti quei soldi? Non sarà la prossima campagna acquisti del Milan a fornire le risposte.

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