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Premier teme per gli Usa, non vede ancora la crisi italiana

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Dall’inviato Federico Garimberti, ANSA

PORTO ROTONDO (OLBIA-TEMPIO) – Nel giorno in cui sente Barack Obama al telefono, i timori di Silvio Berlusconi si materializzano sugli schermi degli operatori borsistici dall’Atlantico, all’Europa, fino all’Asia. Certo l’Italia tiene più di altri, con Piazza Affari in netto ribasso (-2,35%) ma decisamente meglio di Francoforte, Parigi e New York che tracollano.

Inoltre, il differenziale fra titoli italiani e tedeschi scende notevolmente attestandosi intorno ai 300 punti. Due buone notizie che però non consentono ancora al capo del governo di tirare un sospiro di sollievo, perché ora a spaventare è il fronte degli Stati Uniti. E proprio una “analisi della situazione nei mercati finanziari” è stata al centro della telefonata ricevuta in Sardegna dal capo della Casa Bianca. Un “cordiale colloquio”, recita la nota di palazzo Chigi, sia sulla situazione degli Usa che in Europa.

Il comunicato non dice altro. Sono giorni che il premier sostiene che la crisi è “globale”, non europea e tantomeno italiana. Ora, a chi lo ha chiamato a villa La Certosa, rivendica di aver avuto ragione. Ma é una magra consolazione. La lettura della giornata da villa La Certosa, infatti, è che gli speculatori abbiano alzato il tiro.

Italia e Spagna, anche grazie alla Bce, hanno retto meglio di Francoforte e Parigi. Ma è anche il “segno che nel mirino ora c’é l’euro, altrimenti non si spiega che una borsa ‘moderata’ come quella tedesca perda il 5%”, commenta un membro del governo che ha raccolto le confidenze del Cavaliere. Ma è soprattutto agli Stati Uniti che il Cavaliere guarda con sempre maggior preoccupazione: ora l’incubo è che gli Usa trascinino a fondo anche il Vecchio Continente.

Tanto che con qualcuno ha ragionato sul timore di essere tornati al periodo successivo all’attacco alle Torri Gemelle. Anzi, il rischio è che sia peggio dell’11 settembre.

“Ora non si sa bene come se ne possa uscire”. Insomma, aggiunge la stesa fonte, “prima di tirare un sospiro di sollievo aspettiamo, perché la crisi americana ora fa davvero paura”. In questo quadro, Berlusconi sembra poco interessato dagli attacchi delle opposizioni che lo accusano di essersi fatto “commissariare” dall’Europa.

Perché, come ha detto Bossi, “finché la Bce compra…”. Oppure, per dirla con Osvaldo Napoli, ad essere commissariate sono le politiche dei governi di centrosinistra. Berlusconi sembra più preoccupato dalla gestione della crisi: oggi, come ieri, ha fatto e ricevuto diverse telefonate, a cominciare da Giulio Tremonti (sentito anche in questi giorni, unitamente – pare – a Mario Draghi).

C’é chi sostiene che il premier sia determinato a trasformare le difficoltà in un’arma per riprendere in mano le redini di un governo. “Se riuscissimo a gestire questa crisi e ad uscirne, tutti dovrebbero riconoscerne il merito al governo”, sostiene un fedelissimo del Cavaliere. Ma la strada è tutta in salita. Berlusconi si prepara a rientrare a Roma mercoledì, in tempo per partecipare all’incontro con le parti sociali. Lui vuole esserci, ma qualcuno gli suggerisce prudenza. “Dettaglieremo il piano in quattro punti annunciato venerdì e stabiliremo un percorso insieme”, spiega un ministro.

Ancora incerta anche la partecipazione del premier all’audizione di Tremonti davanti alle commissioni parlamentari. Quanto all’ipotesi del Cdm, nel governo tutti smentiscono la sua convocazione, anche se nessuno si sente di escluderla a priori. “I tecnici del Tesoro sono al lavoro per trovare i 15-18 miliardi necessari per anticipare il pareggio di bilancio, ma sarà un lavoro lungo”, spiega un membro dell’esecutivo.

Oltre all’analisi sulla situazione dei mercati finanziari negli Stati Uniti ed in Europa, nel colloquio telefonico sono stati affrontati i principali temi dell’attualità internazionale e specificamente la crisi siriana. E’ emersa piena sintonia sulla necessità di un forte coordinamento fra i partners europei e Nato per aumentare la pressione nei confronti di Damasco. I due leader hanno deciso di mantenersi in stretto contatto sui temi affrontati nel corso del colloquio.