* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.
Il 2005 si è aperto con un elemento maggiore di difficoltà per i fund managers del settore obbligazionario. In condizioni di tassi di mercato ancora relativamente contenuti, continua ad esservi la ricerca di rendimenti addizionali rispetto a quelli offerti dai titoli governativi.
I titoli corporate e quelli dei paesi emergenti (molto utilizzati lo scorso anno in chiave di yield enhancement) questa volta presentano spread molto contenuti, risultando pertanto meno appetibili rispetto agli inizi del 2004, quando ugualmente si verificò nel primo trimestre una fase di marcata riduzione dei tassi di mercato.
Se dunque i corporate e gli emerging bonds risultano meno utili per innalzare le performance di portafoglio, si pone l’interrogativo di quali asset utilizzare in un contesto di tassi di interesse contenuti, soprattutto nell’area Euro. In realtà le alternative non sono moltissime, al punto che i fund managers tendono sempre più a prendere in esame la possibilità di investimento in bond denominati in valute diverse dall’Euro.
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In sostanza, in assenza di rendimenti addizionali forniti dai meri spread di tasso, gli operatori cercano di trarre beneficio da movimenti favorevoli sul mercato valutario. I fund managers pertanto guardano con maggiore attenzione rispetto al passato alla dinamica forex, non solo per evitarne gli effetti avversi (tali da vanificare gli eventuali utili derivanti da posizionamento su certe categorie di asset sulla base di scelte legate a considerazioni macroeconomiche) ma per cavalcarne i trend previsti a favore.
Non a caso, nei primi giorni di contrattazione dell’anno si è avuta un’esplosione dei volumi sul mercato valutario, probabilmente anche in seguito ad un maggior posizionamento da parte dei fund managers su asset denominati in valute diverse da quella domestica. Ad esempio, in base ai dati forniti da EBS (uno dei principali broker sui mercati elettronici forex) risulta che la media dei volumi giornalieri scambiati nella prima settimana del 2005 (162Mld$) è stata superiore del 21% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, risultando il valore record su base settimanale da quando è stata fondata la società (11 anni fa).
Questo atteggiamento potrebbe influenzare non solo le scelte da parte dei gestori obbligazionari ma anche di quelli del comparto azionario. Alcune indicazioni interessanti vengono ad esempio dall’analisi delle volatilità implicite sulle opzioni at the money sui tre principali indici mondiali (S&P500, DJEurostoxx50 e Nikkei225) effettuate mediante i dati forniti e su spunto offerto dal nostro desk di Risk Control.
In particolare abbiamo preso in esame il rapporto tra il differenziale tra le volatilità a lungo termine e quella a sei mesi rispetto al valore assoluto della volatilità a sei mesi. In generale un incremento sia delle volatilità che dell’inclinazione delle curve di volatilità tende a segnalare l’aspettativa implicita di un possibile ridimensionamento del valore dell’indice in futuro, essendo le volatilità inversamente correlate con l’andamento dei corsi.
Come si può osservare dai grafici sotto riportati, soprattutto nell’area Euro si è verificato un incremento della pendenza della curva che descrive le volatilità sulle diverse scadenze. In Giappone invece le curve sono rimaste invariate fino ad un orizzonte di due anni. In sostanza gli operatori sembrano temere un possibile calo dei corsi sul mercato azionario europeo mentre invece si manifestano più fiduciosi con riferimento a quello nipponico. Tale atteggiamento potrebbe essere in parte collegato alla ricerca di rendimenti addizionali mediante l’utilizzo della leva valutaria.
Una possibile interpretazione dell’andamento delle curva di volatilità prima segnalato potrebbe essere la seguente: nel corso del 2004 i mercati azionari europei sono stati particolarmente preferiti dai gestori internazionali non solo per ragioni legate alle dinamiche aziendali, ma soprattutto per sfruttare l’andamento favorevole atteso del tasso di cambio utilizzando come “paracadute” l’elevato livello di dividend yield offerto da diversi comparti azionari dell’area. In tale ottica potrebbe spiegarsi anche la ottima performance del mercato italiano all’interno dell’Euro-12, dal momento che sul listino italiano diversi tra i principali titoli per capitalizzazione hanno presentato (e tuttora in parte presentano) livelli elevati di dividend yield se confrontati con i tassi di mercati a lunga scadenza.
Dopo il forte deprezzamento del Dollaro verso Euro verificatosi soprattutto nel secondo semestre del 2004, i margini di ulteriore continuazione di tale trend appaiono evidentemente marginali, mentre invece potrebbero essere più marcati con riferimento alle valute asiatiche, prima fra tutte lo Yen. In tal senso potrebbe spingere anche l’attesa rivalutazione dello Yuan, che collochiamo non prima di fine 2005 ed in ogni caso collegata strettamente ad un più ampio valore dell’avanzo commerciale cinese.
In questa direzione si stanno posizionando gli operatori speculativi, che dalla metà di ottobre 2004 hanno parzialmente ridotto le posizioni corte di Dollaro verso Euro a fronte invece di un incremento delle medesime posizioni sul Dollaro verso Yen. Inoltre i dati relativi agli afflussi di capitali sul mercato azionario nipponico hanno evidenziato che a novembre dello scorso anno, sono stati registrati acquisti netti in praticamente tutte le settimane (eccetto 9).
Gli operatori speculatori probabilmente cercano pertanto di cavalcare un flusso reale di ingresso di capitali in Giappone (alimentato a sua volta dall’atteggiamento prime delineato dei fund managers) per i propri posizionamenti direzionali.
In sintesi le conclusioni che si possono trarre sono le seguenti:
1) i fund managers rivolgono sempre di più la proprio attenzione alla dinamica valutaria, in presenza di scarse alternative offerta ai titoli obbligazionari governativi soprattutto europei che presentano a loro volta tassi di rendimento molto contenuti;
2) la percezione della possibilità di margini di deprezzamento del Dollaro meno forti verso Euro e più marcati verso Yen tendono a far privilegiare la scelta del comparto azionario nipponico;
3) in generale il driver principale delle scelte di portafoglio diventa sempre più il tema valutario, almeno fino a quando permarranno condizioni di bassi tassi di mercato. Di conseguenza non sarebbe inverosimile ipotizzare la continuazione di un buon afflusso di capitali in Giappone anche in presenza di condizione macro meno favorevoli rispetto a quelle attuali. Tale andamento potrebbe essere più marcato soprattutto nel trimestre in corso, dal momento che a marzo si chiude l’anno fiscale in Giappone che potrebbe comportare un possibile rimpatrio di capitali tendendo a rafforzare lo Yen.