I venti di guerra che soffiano sugli investitori portano dubbi e quesiti su come gestire il proprio patrimonio. La situazione internazionale è tale da imporre una rilettura degli investimenti in un’ottica difensiva.
“Se sei un piccolo investitore è meglio restar fuori dall’azionario – dice a Wall Street Italia il gestore di una Sim straniera che preferisce non essere citato – il consiglio è rimanere liquidi e semmai investire in titoli di Stato a tasso variabile e a breve scadenza”.
Al massimo, aggiunge l’operatore, se proprio si vuole investire ci si può rivolgere al mercato dell’oro, a quello immobiliare, o ai future sul petrolio.
Tenersi per lo più liquidi è comunque un must per tutti gli operatori. Stefano Masullo, numero uno di Opus Consulting suggerisce un “60% di liquidità”. E parla di call scadenza dicembre su settori come energia e acqua.
“Io mi terrei sottopeso sull’azionario – riflette Donatella Principe, analista di banca Popolare di Vicenza, neutrale sui bond e per il resto liquida. Se devo ragionare in un’ottica di mercato azionario – aggiunge – punterei su alcuni energetici come ENI, che può dare garanzie non solo sul fronte dei ricavi sulla scia del prezzo del petrolio, ma anche sul lato del contenimento dei costi: un aspetto importante, se dovesse cominciare a pesare una possibile diminuzione dei consumi”.
Tra gli altri titoli che potrebbero entrare a far parte di un “portafoglio di guerra” ci sono, per Principe, i titoli legati al settore aerospaziale, della difesa, i tecnologici, i farmaceutici, ma anche gli immobiliari.
Come nota un gestore di Uniprof che chiede di non essere citato, “la riduzione di mezzo punto dei tassi europei operata ieri dalla Banca Centrale Europea rende meno onerosi i mutui e può avere ricadute positive sul mercato delle case”.
Da dove uscire? Per l’analista di Popolare Vicenza è meglio lasciare i titoli legati alle compagnie aeree, agli alberghi e più in generale al turismo, alle spese voluttuarie, al risparmio gestito, alle banche.
“Tra le banche salverei Unicredito – dice a Wall Street Italia Fabrizio Tito, sales di Rasfin Sim – per la consistenza dei suoi fondamentali; tra i pochi settori che prenderei in considerazione in un momento come questo guarderei invece a un telefonico come TIM, a un energetico come ENI”.
In tutto però, osserva Tito, “dedicherei all’azionario appena un 20%; per il resto? Mi terrei cash per il 70% e punterei per un altro 10% a obbligazioni e titoli di Stato”.
Sul fronte del reddito fisso, la parola a Michele Moliterni, responsabile del settore in BPL Fondicri sgr: “quando ci si trova al cospetto di avvenimenti come questi dei quali stiamo parlando, attentati su larga scala e possibilità di atti di guerra – dice Moliterni a Wall Street Italia – si esce in genere da tutti gli strumenti che non siano carta governativa, cioè titoli di Stato”.
Il consiglio di Moliterni è di indirizzarsi verso titoli a scadenza 5 anni. Ormai, spiega, quelli a scadenza più breve, due o tre anni, hanno rendimenti bassi; se immaginiamo che almeno fino alla fine dell’anno non ci saranno altri tagli del costo del denaro, meglio allora puntare ai 5 anni: “direi un 50% del mio portafoglio su Btp a 5 anni, e un altro 50% su CCt a 5 anni”.