
”Nei prossimi mesi possiamo assistere alla tentazione di Berlusconi di forzare la mano”. E’ la diagnosi preoccupata di un possibile avvitamento politico del nostro Paese con risvolti eversivi (evocati ma non esplicitati) che il segretario del partito Democratico Pier Luigi Bersani ha fatto nella presentazione a Roma (Teatro Vittoria nel quartiere Testaccio) della mobilitazione del partito giovedi’ 11 e venerdi’ 12 in tutto il Paese con quella iniziativa che e’ stata definita ”Mille piazze per l’alternativa”.
E il numero 1.000 non e’ stato posto ad indicare un numero alto, indefinito di luoghi, ma piazze vere dove interverranno tutti gli esponenti -parlamentari e non- del Partito Democratico. Tema conduttore per tutte le iniziative, organizzate dai circoli dei comuni italiani e dalle strutture provinciali e regionali, sara’ ”Sempre i problemi suoi, mai i problemi nostri” ovvero ”Vogliamo discutere dei nostri problemi e proporre un programma alternativo”.
Questa era l’intenzione originaria di Bersani che si era riproposto di spiegare (e sollecitare tutti i militanti e il popolo delle primarie a fare altrettanto) il programma del Pd su lavoro, investimenti, welfare e riforme. Ma le parole di oggi di Berlusconi -come ha sottolineato lo stesso Bersani- hanno imposto una riflessione diversa che per certi aspetti e’ risultata molto allarmata. ”Noi -ha detto chiaramente Bersani- dobbiamo impedire che si attui una svolta plebiscitaria”. Questa in sintesi e’ la valutazione delle parole di Berlusconi al congresso del Ppe a Bonn. Ma perche’ questa presa di posizione contro la Corte Costituzionale e le altre istituzioni di garanzia oltre che verso la magistratura? L’impressione di Bersani e’ che ”questo ciclo cominci a vedere una certa fase di tramonto” un tramonto di cui lo stesso Berlusconi sarebbe cosciente e al quale cerca di reagire puntando al ”populismo”.
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Roma, 11 dic. (Apcom) – “Nel discorso di ieri di Berlusconi a Bonn è stato messo in dubbio un criterio fondamentale di una democrazia costituzionale e cioè il fatto che chi ha un consenso non diventa un padrone ma deve confrontarsi con altri poteri che sono istituzionali e costituzionali e deve rispettarli”. Lo ha detto a Sky Tg24 il leader del Pd Pierluigi Bersani. “Questo nel discorso di ieri non c’era. Credo che il richiamo forte che ha fatto il presidente della Repubblica – ha aggiunto Bersani – debba mettere un interrogativo anche in chi sta sostenendo Berlusconi perché c’è un punto limite oltre il quale non possiamo più andare. Riforme sì per rafforzare il sistema parlamentare, leggi ad personam no e no soprattutto a derive che ci portino fuori da principi, pilastri di tipo costituzionale”.
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(WSI) – Profondo rammarico e preoccupazione per le parole di Silvio Berlusconi al congresso del Ppe. Ad esprimersi in questi termini è la massima carica dello Stato, il presidente Giorgio Napolitano, che in una nota ufficiale diffusa dal Quirinale parla di «violento attacco contro le fondamentali istituzioni di garanzia in una importante sede politica internazionale», ovvero la Corte Costituzionale e lo stesso presidente della Repubblica. Napolitano ritiene che «per poter affrontare delicati problemi di carattere istituzionale, l’Italia abbia bisogno di quello spirito di leale collaborazione e di quell’impegno di condivisione che pochi giorni fa il Senato ha concordemente auspicato».
FINI: «CHIARISCA» – Anche Gianfranco Fini si smarca di nuovo da Berlusconi. Il presidente della Camera «non condivide» le affermazioni sulla Corte Costituzionale e sui giudici e invita il premier a «precisare meglio» il suo pensiero ai delegati per «non ingenerare una pericolosa confusione su quanto accade in Italia e sulle reali intenzioni del governo». Dice il capo di Montecitorio, riprendendo il presidente del Consiglio proprio su un articolo della Costituzione citato solo in parte: «È certamente vero che “la sovranità appartiene al popolo”, ma Berlusconi non può dimenticare che esso “la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1). Ed è altresì incontestabile che gli articoli 134 e 136 indichino chiaramente il ruolo di garanzia esercitato dalla Corte Costituzionale».
Questa, conclude Fini, «è la ragione per la quale le parole di Berlusconi, secondo cui la Consulta sarebbe un organo politico, non possono essere condivise; mi auguro che il premier trovi modo di precisare meglio il suo pensiero ai delegati del congresso del Ppe per non ingenerare una pericolosa confusione su quanto accade in Italia e sulle reali intenzioni del governo». Immediata e secca la contro replica di Silvio Berlusconi: «Non c’è niente da chiarire. Sono stanco delle ipocrisie, tutto qua» ha dichiarato lasciando il congresso del Ppe.
OPPOSIZIONE: VENGA IN AULA – I magistrati replicano al nuovo attacco di Berlusconi per voce dell’Anm: «Per fortuna di tutti l’ordinamento italiano e la Costituzione prevedono organi di garanzia e il controllo dell’operato di qualsiasi potere e ordine, magistratura compresa. La magistratura italiana non accetta classificazioni e inquadramenti forzati, che di volta in volta la colorerebbero di rosso o di nero, a seconda dei destinatari delle indagini; e di colore opposto quando assolve». Sulle riforme costituzionali ventilate dal premier, il sindacato delle toghe non nasconde la propria preoccupazione: «Tali annunci sembrano piuttosto stravolgimenti dell’attuale sistema democratico. Ma, sempre grazie alla Costituzione, sappiamo che ogni modifica richiede un lungo iter, larghe maggioranze e, eventualmente, l’interpello del popolo italiano. Perciò continuiamo ad operare serenamente».
DI PIETRO: «QUESTO È FASCISMO» – Sul fronte politico, le dichiarazioni di Berlusconi creano scompiglio e l’opposizione chiede al premierdi spiegare in Aula alla Camera le parole «inaccettabili» sulla Consulta. Il commento più duro è quello del leader dell’Idv Antonio Di Pietro: «Berlusconi sta stracciando la Carta Costituzionale, prima riducendo il Parlamento a un servizio privato ora volendo eliminare la Consulta, ultimo baluardo della Costituzione. Se non è fascismo questo, che cosa ci vuole, l’olio di ricino?». Sempre nell’Idv, Felice Belisario ricorda che «anche gli alberi di Natale hanno le palle ma non pretendono di fare il presidente del Consiglio», mentre Massimo Donadi parla di «deriva populista sempre più evidente: ormai Berlusconi parla come un caudillo sudamericano e la Costituzione è l’ultimo argine prima di trasformare l’Italia in un regime».
FINOCCHIARO: «IMBARAZZO NELLA UE» – Vede il rischio di populismo anche il leader del Pd Pier Luigi Bersani: «Sono convinto che il Ppe si preoccuperà perché sa bene che cosa significa picconare la Costituzione. Credo si tratti di affermazioni gravissime che faranno il giro dell’Europa e drammatizzeranno ancora di più il caso Italia» ha detto il leader del Pd, che in serata, lanciando l’iniziativa Mille piazze per l’alternativa, ha aggiunto: «Bisogna mandare a casa Berlusconi sul serio perché è un problema». I democratici definiscono le parole di Napolitano «ferme e sagge» e chiedono a Berlusconi di ripetere in Parlamento le affermazioni fatte al congresso del Ppe. Rosy Bindi esprime al capo dello Stato solidarietà a nome del partito. Anna Finocchiaro parla di «ennesimo show indecente del presidente del Consiglio. Credo che l’imbarazzo creato dalle sue parole sia ben evidenziato dagli atteggiamenti e dai no comment di capi di governo come Angela Merkel». Piero Fassino: «Mi sarei aspettato un intervento sulla crisi economica, l’unica cosa che sappiamo esportare sono i processi di Berlusconi. Indecente l’attacco a Scalfaro, Ciampi e Napolitano». Enrico Letta: «Dichiarazioni sconcertanti, il presidente del Consiglio ha fatto danno al suo Paese. Il suo comportamento da antitaliano è deprecabile».
CASINI: NON È PADRONE DEL PAESE – Per l’Udc parla il presidente Rocco Buttiglione, che rappresenta il partito al congresso Ppe: «Non fa bene trasferire in ambito europeo le vicende personali del presidente del Consiglio: conferma l’immagine dell’Italia come un Paese di Pulcinella. E preoccupa l’annuncio di voler cambiare la Costituzione per colpire la magistratura». E Pier Ferdinando Casini: «Parole del tutto improprie, sbagliate nel merito e nel metodo. Chi vince le elezioni non è padrone del Paese, ma si deve confrontare con i pesi e i contrappesi della democrazia».
CAPEZZONE E BOSSI – Alla difesa del premier provvede Daniele Capezzone, portavoce del Pdl: «Di Pietro e l’Idv hanno divorato il Pd, che ora è costretto a mutuare dai dipietristi perfino i toni, oltre che i contenuti. L’anomalia è la nostra: unico Paese occidentale in cui le carriere di giudici e pm non sono separate». E Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Berlusconi ha detto nient’altro che la verità sul funzionamento della Corte Costituzionale. Invece c’è da chiedersi perché, quando viene attaccata un’istituzione votata dalla maggioranza degli italiani come il presidente del Consiglio, nessuno esca in sua difesa». Anche il leader della Lega Umberto Bossi mostra di apprezzare le parole di Berlusconi: «Ha le palle ed è l’unico che non si preoccupa della giustizia. Spatuzza e i Graviano? Certo, qualche problema possono crearlo, ma secondo me Berlusconi deve andare avanti. La mafia sta reagendo perché mai nessun governo ha fatto delle leggi contro la mafia come questo».
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