A 76 anni di eta’ Doyle Brunson e’ una figura riverita nel gioco del poker, noto a tutti con appellativi come “Tex Dolly” oppure il “padrino del Poker”. Nel corso degli anni ha vinto due volte l’evento principale del World Series of Poker, dove ha raccolto anche dieci premi, la seconda maggiore vincita di tutti i tempi. Ha scritto un libro campione di vendite sulle tecniche per vincere e i fan fanno ore di fila a Las Vegas per avere un suo autografo.
Ma ora Brunson puo’ fare la scommessa piu’ grande della sua carriera: dall’altra parte del tavolo non altri giocatori di poker, ma possibilmente funzionari di polizia. Con l’aiuto di un gruppo di investitori nel 2004 Brunson ha fondato DoylesRoom, un sito Internet costaricano che l’anno scorso ha ospitato diversi tornei di poker online giocati dagli americani. Brunson ha impiegato gran parte del suo tempo a promuovere la piattaforma, in televisione, agli eventi mondiali e nel corso delle conferenze a cui era stato invitato.
Tutto cio’ ora e’ a rischio, cosi’ come probabilmente lo e’ l’intero mercato statunitense del poker online, dove 2.5 milioni di americani giocano e scommettono $30 miliardi l’anno. Una legge del 2006, che entrera’ in vigore a giugno, ha ampliato l’autorita’ del Dipartimento di Giustizia, che ora potra’ mettere fine alle partite di gioco d’azzardo on-line, imponendo la chiusura delle aziende che si occupano di portare a termine le transazioni finanziarie.
Le autorita’ federali hanno gia’ imposto la chiusura di alcune entita’ finanziarie, rifacendosi a vecchie leggi contro il gioco d’azzardo e in tema di frodi bancarie. I commenti fatti in pubblico dai funzionari federali riguardo all’applicazione di queste leggi suggeriscono che ritengono semplicemente illegali le aziende come DoylesRoom.
Come andra’ a finire la partita tra governo e stelle del poker? Le scommesse sono aperte. La giustizia si sta preparando a dare la caccia ad aziende come DoylesRoom e due delle piu’ grandi societa’ di siti di poker online degli Stati Uniti: Pokerstars e Full Tilt Poker. Insieme rappresentano circa il 70% degli $1.4 miliardi di dollari di entrate che l’industria statunitense ha portato l’anno scorso.
I ricavi in questo caso sono conosciuti come il rastrello – la fetta dell’importo delle scommesse on-line che le aziende ricevono per aver ospitato le partite. I giocatori devono anche pagare una tassa per iscriversi ai tornei.
Da parte loro le imprese sembrano quasi voler accettare a viso aperto la sfida lanciata dalla Giustizia. Brunson e’ convinto che il poker online sia legale negli Stati Uniti: “Non ho alcun problema con il Dipartimento di Giustizia e mi auguro che anche loro non abbiano un problema con me”, dice.
“Alla mia eta’ non mi importa molto se getteranno il guanto di sfida o meno”, ha detto Brunson, che pur essendo uno dei soci azionari di DoylesRoom, non ne e’ il proprietario.
Fonte: Forbes