Economia

Russia, 13 imprese italiane si rifiutano di lasciarla nonostante le sanzioni. Ecco quali sono

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Dal giorno dell’invasione di Mosca dell’Ucraina, il 24 febbraio scorso, sono circa 1.000 le aziende straniere che hanno lasciato la Russia, come forma di ritorsione. Oltre 200 (243 per la precisione) invece continuano a lavorarci come se nulla fosse. Di queste, 13 sono italiane. È quanto emerge dall’elenco compilato dalla Yale School of Management.

La ricerca dell’università americana è guidata dal professor Jeffrey A Sonnenfeld, sotto il quale opera un team di 42 ricercatori (che parlano 12 lingue) che continua a monitorare se le aziende mantengono o meno i loro impegni di lasciare la Russia.

Dopo quattro mesi di ricerche in corso, Sonnenfeld sottolinea la doppia faccia della stessa questione: molte le aziende hanno dimostrato con quanta rapidità si possano intraprendere azioni politiche e disinvestimento in Russia, sia per motivi etici che commerciali. Ma sono state in fatti individuate  “enormi lacune nella capacità del management di decidere e intraprendere azioni appropriate nelle attività economiche con la Russia, e allo stesso tempo inefficienze dei consigli di amministrazione nel fornire un’efficace supervisione in merito a tali azioni”, afferma Sonnenfeld.

Le aziende italiane che non lasciano la Russia

Ma quali sono le aziende italiane che continuano ad operare in Russia?

Nel database di Yale, spicca il Gruppo Ariston, che continua a operare e ad assumere, ma anche Benetton e Boggi: quest’ultima opera in Russia anche con vendite online. Le fabbriche di Buzzi Unicem sono in funzione in Russia e Calzedonia vende i suoi prodotti come prima dell’inizio della guerra, così come Cremonini.

De Cecco prosegue le operazioni e le vendite, Diesel opera in Russia normalmente, idem il Gruppo Fenzi, Fondital, opera e investe, Giorgio Armani prosegue le sue operation, così come Perfetti Van Melle e Unicredit.

Altre 8 aziende italiane stanno “prendendo tempo” (sono 160 in totale a farlo). Sono imprese che “pur avendo sospeso investimenti, sviluppo e attività di marketing, mantengono un business sostanziale”.

In questa categoria rientrano Barilla, che non pubblicizza più i suoi prodotti ma continua a produrre anche se solo pasta e pane. Campari produce ma non investe. De’Longhi ha sospeso nuove forniture e investimenti ma è presente in Russia e lo stesso vale per Geox. Intesa Sanpaolo ha sospeso i nuovi investimenti e ha ridotto i nuovi finanziamenti. Maire Technimont ha sospeso le attività commerciali. Il Gruppo Menarini ha sospeso la pubblicità e i nuovi investimenti, ma la sua fabbrica in Russia continua a funzionare. Saipem ha bloccato nuovi investimenti.