
Roma – Silvio Berlusconi era stato convocato lunedì scorso come teste dai pm di Palermo che conducono l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ma l’ex premier non si è presentato, opponendo il legittimo impedimento. Lo riportano alcuni quotidiani – La Repubblica come notizia d’apertura, ma riferita anche con richiami in prima in altri giornali – spiegando che gli inquirenti avrebbero voluto sentire Berlusconi in particolare per approfondire un aspetto: i presunti rapporti tra Marcello Dell’Utri ed esponenti mafiosi.
Lunedì Berlusconi ha partecipato al workshop con economisti e politici a Villa Gernetto. Secondo quanto scrive Repubblica, i pm sarebbero interessati a chiedere all’ex premier di alcune spese fatte per conto di Dell’Utri o di “prestiti infruttiferi” fattigli negli ultimi anni.
Fra i nodi che gli inquirenti vorrebbero sciogliere, quello relativo all’acquisto da parte dell’ex premier della villa di Dell’Utri sul lago di Como per quasi 21 milioni di euro, a fronte di un valore dell’immobile che sarebbe stimato in circa nove milioni.
Nell’inchiesta della procura di Palermo – scrive Repubblica – Marcello Dell’Utri è indagato insieme, tra gli altri, all’ex ministro Nicola Mancino, al senatore Calogero Mannino e ai generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni. Dell’Utri è già stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa; condanna prima confermata in appello, poi annullata con rinvio dalla Cassazione. Proprio oggi, a Palermo, ricomincia quel processo d’appello.
Il senatore del Pdl Dell’Utri è iscritto nel registro degli indagati della Procura di Palermo per il reato ipotizzato di estorsione ai danni dell’ex premier Silvio Berlusconi, secondo quanto riferito a Reuters da fonti giudiziarie.
I pm di Palermo, riferiscono le fonti, vorrebbero verificare se Dell’Utri abbia estorto denaro a Berlusconi in cambio del silenzio su presunti rapporti tra l’ex premier ed esponenti di Cosa Nostra.
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Roma – Oggi riparte il processo bis in Appello contro il senatore Marcello Dell’Utri. Di più: il procuratore generale che rappresenta l’accusa Luigi Patronaggio, secondo quanto risulta al Fatto quotidiano, chiederà che venga sentito come testimone Silvio Berlusconi. Sul piatto della futura audizione i rapporti con il senatore di Forza Italia e il ruolo svolto dallo stesso Dell’Utri con gli uomini di Cosa nostra.
Per chiarire ulteriormente il quadro tra le varie richieste istruttorie il pg dovrebbe chiedere di sentire diversi pentiti. Tra questi Stefano Lo verso. In questo procedimento il Cavaliere viene chiamato con la formula di “testimone assistito”. Significa che potrà presentarsi con l’avvocato e potrà avvalersi della facoltà di non rispondere.
Nell’ambito dell’inchiesta palermitana sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, invece, Berlusconi sarà ascoltato come semplice testiomone con l’obbligo, in questo caso, di rispondere. Questa la comunicazione arrivata ai suoi avvocati. Prima data fissata: due giorni fa, lunedì 16 luglio.
L’ex premier però ha opposto una questione di legittimo impedimento per “impegni già presi in precedenza”. E proprio in queste ore sono in corso colloquio tra la procura e i suoi legali per fissare al più presto una seconda data.
Alla base del colloquio programmato dalla procura di Palermo alcune spese effettuate dal Cavaliere a favore di Marcello Dell’Utri. Nel mirino anche diversi prestiti infruttiferi fatti sempre a favore del senatore di Forza Italia, il quale, tra l’altro, oggi torna in aula per l’appello bis nel processo in cui è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il filone per il quale è stato chiamato il Cavaliere resta il più riservato di tutta l’indagine sulla trattativa. In particolare i pm vorranno chiedere conto a Berlusconi di quei venti milioni di euro pagati all’amico Marcello per l’acquisto di una villa che, conti alla mano, ne valeva la metà. Denaro, questa è l’ipotesi dell’accusa, che potrebbero essere il conto di un’estorsione. Vittima il Cavaliere. C’è di più: da quanto si apprende lo stesso Berlusconi potrebbe essere stato vittima di un ‘altra estorsione, questa volta politica, all’epoca in cui, nel 1994, era presidente del Consiglio. Al centro sempre la trattativa Stato-mafia.
In questa indagine, lo stesso Dell’Utri è indagato insieme a Nicola Mancino, al senatore Calogero Mannino e ai generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni. Secondo le ipotesi investigative della procura, Dell’Utri sarebbe subentrato a Salvo Lima come mediatore nei confronti dei padrini siciliani.
A portare la citazione della procura ad Arcore è stata la Guardia di Finanza di Palermo. La stessa che nel marzo scorso si è presentata nello studio milanese del notaio Arrigo Roveda per sequestrare l’atto di compravendita della villa sul lago di Como. Atto firmato, guarda le coincidenza, alla vigilia della sentenza di Cassazione nei confronti di dell’Utri. Sentenza, che, bocciando la condanna in Appello ha riaperto i giochi del processo. Perché tale coincidenza? Una di queste, ipotizzano i pm, è che in fatto di condanna al senatore di Forza italia sarebbero stati sequestrati tutti i beni.
Ma sul tavolo del futuro colloquio (con data ancora da fissare) ci sono tanti passaggi di denaro, circa dieci milioni di euro, che tra il 2008 e il 2011, sono passati dai conti del Cavaliere a quelli di Dell’Utri. Lo scorso novembre lo stesso pm Ingroia ha acquisito diverse scoperte agli atti dell’indagine P3. Queste vengono messe alla voce “prestiti infruttiferi”.
Sul caso, infine, pesa anche un’intercettazione. E’ quella di Ezio Cartotto, uno dei fondatori di Forza Italia. Anche Cartotto è stato convocato. Lui, però, prima pensa di chiamare Silvio. Lo fa attraverso la segretaria che lo chiama al telefono: “Sono Claudia – si ascolta – da palazzo Grazioli. L’appuntamento è per domani”. Cartotto così va ad Arcore. Con lui alcuni convitati di pietra: gli investigatori della Dia.
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