La legge Finanziaria varata dal governo italiano nella notte tra giovedì e venerdì prevede per il 2002 una crescita del Prodotto Interno Lordo in Italia pari al 2,3%.
Secondo gli economisti interpellati da Wall Street Italia questa previsione è dettata da un eccessivo ottimismo.
Alcuni sostengono che questa ventata di positività sia stata cercata per instillare fiducia, da una parte, e, dall’altra, “per lasciarsi margini di manovra nel caso la crescita dovesse dimostrarsi inferiore alle attese o i conti dovessero apparire meno limpidi del dovuto”.
Gianluigi Mandruzzato, economista di IntesaBCI: “l’aumento del PIL al 2,3% il prossimo anno è una stima inferiore al 3,1% indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria presentato nel luglio scorso, ma è certamente troppo rosea a fronte della situazione economica e politica internazionale”.
IntesaBCI prevede una crescita del PIL (in Italia, al pari della zona euro) pari al 2% per l’anno prossimo, ma avverte che c’è forte il rischio di una revisione al ribasso: “di almeno uno o due decimali”, dice Mandruzzato.
L’economista tiene comunque d’occhio le opportunità che potrebbero aprirsi positivamente per l’area euro, e di conseguenza anche per l’Italia, grazie alla prossima approvazione di un pacchetto di misure fiscali da parte americana.
“Potrebbe essere un pacchetto più ingente del previsto – dice Mandruzzato – ma bisognerà verificarne non solo la quantità, anche la qualità: in che direzione andranno gli aiuti? Verso le compagnie aeree, tanto per fare un esempio, o verso le famiglie? E in che misura? C’è ancora molto da verificare”.
Sergio Lugaresi, economista alla Banca di Roma: “siamo di fronte a uno scenario ottimistico, un po’ estremo, direi, poco credibile. Non si può dire che una crescita al 2,3% nel 2002 abbia possibilità nulle di verificarsi, ma certamente non molto elevate. Di fatto, è tanta l’incertezza che nessuno può dire come andrà”.
Lugaresi elenca una serie di avvenimenti che renderebbero maggiormente possibile il raggiungimento dell’obiettivo di crescita al 2,3% il prossimo anno: “la consegna agli USA di Osama Bin Laden, considerato il mandante degli attentati dell’11 settembre scorso a New York e Washington; un intervento militare da parte dell’occidente molto limitato; un’economia americana che si riprenda subito; effetti immediati delle politiche monetarie e fiscali in America come in Europa”.
La sensazione, aggiunge l’economista, è che il governo Berlusconi voglia dare una chiave di lettura di quanto sta accadendo oggi nel mondo simile a quella del Fondo Monetario Internazionale: nel suo ultimo World Economic Outlook il FMI ha infatti paragonato questo momento di crisi al terremoto di Kobe, in Giappone, che seminò morte e distruzione. Un colpo secco, e poi la ripresa. “Ecco – dice Lugaresi – se ciò fosse vero, allora anche l’ipotesi di crescita al 2,3% dell’Italia sarebbe più credibile”.
Banca di Roma ha rivisto le sue stime all’indomani degli attentati dell’11 settembre scorso: per l’Italia nel 2002 prevede una crescita dell’1,3%. Per la zona euro dell’1,1%.
Paolo Guida, economista di UBM: “la stima del governo Berlusconi è davvero troppo ottimista, trascura l’impatto prolungato nel tempo di questa crisi che stiamo attraversando a tutti i livelli: economico, politico, diplomatico, forse anche militare”.
L’impatto, dice Guida, verrà dal calo della domanda estera, dal calo della domanda interna, dal calo della fiducia dei consumatori, dal calo della fiducia delle imprese, dal calo degli investimenti. Con questo bisogna fare i conti, questi sono i problemi le cui conseguenze bisognerà arginare.
UBM prevede che nel 2002 l’Italia crescerà dello 0,9%, la zona euro dell’1,4%.
“Per migliorare queste stime – dice Guida – la ripresa americana dovrebbe essere più rapida di quanto non sembri; il prezzo del petrolio Brent dovrebbe portarsi in modo prolungato nel tempo, al di sotto dei $20; dovrebbe verificarsi non solo una tenuta ma anche una ripresa rapida dei consumi a livello europeo e dovrebbe crescere la fiducia di consumatori e imprese, così da rilanciare il commercio mondiale”.