Economia

Piigs ed Europa: come si può tornare a essere competitivi?

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. Molti si chiedono come faranno a uscire dalla crisi le nazioni super indebitate d’Europa. Molti economisti indicano come possibile risposta una significativa riduzione nel costo del lavoro per unità attraverso una riduzione dei salari nominali.

In effetti, Nicolas Sarkozy ha dichiarato che la Francia deve abbassare i costi del lavoro per migliorare la sua competitività, proprio come la Germania fece dieci anni fa. La domanda che ci mi faccio è: “questa svalutazione interna è la risposta?” Il termine “competitività” è la parola del momento. Ma cosa indica esattamente? Il parametro di misura più diffuo per misurare la competitività è il costo del lavoro per unità di prodotto, il rapporto di crescita del salario nominale rispetto alla produttività del lavoro.

È un parametro importante per gli economisti che valutano la competitività di un’economia quanto minore sarà il costo del lavoro per unità. Questo sembra suggerire che la competitività di un’economia sarà tanto maggiore quanto minore sarà il contributo della forza lavoro al PIL. Di conseguenza, per diminuire il gap competitivo che esiste tra Paesi improduttivi (come la Grecia) e produttivi (come la Germania), i Paesi necessitano di implementare politiche che risultino in una correzione al ribasso dei salari relativi.

In sintesi estrema, ciò significa che l’economia più competitiva avrebbe una percentuale di PIL pari a zero (perché i salari sono zero), e una quota capitale di PIL del 100%. Questo ha senso? No. Ridurre le entrate generate dal lavoro riducendo i salari nominali sarà un ostacolo alla crescita economica, e alcuni economisti hanno sondato l’impatto che il CLUP ha sull’economia. Il paradosso di Kaldor del 1978, ha mostrato che le economie che crescono più velocemente nel periodo post-bellico hanno anche provato una maggiore crescita del CLUP, e vice versa.

Questo suggerisce che una quota di lavoro più alta non porterà necessariamente a un’economia meno competitiva. L’argomento che molti stanno sostenendo, ovvero che un più basso costo del lavoro per unità porterebbe a una crescita economica maggiore è una visione semplicistica, e non riflette la realtà. Ricordiamo che le economie con i tassi di crescita più veloci negli anni 2000, come Irlanda e Spagna, sono quelle che hanno visto una più veloce crescita del costo del lavoro per unità nello stesso periodo.

Un aumento nella quota di lavoro dell’utile può avere un gran numero di effetti. In primo luogo, è stato dimostrato che la propensione a consumare oltre il proprio salario è più alta di quella dei profitti, quindi se si vuole veramente che l’economia funzioni, il trucco è aumentare l’ammontare di soldi che entra nelle tasche della gente. Ed è esattamente quello che le banche centrali stanno
provando a fare, inondando il sistema finanziario di liquidità.

Sicuramente c’è un altro modo di ridurre il CLUP per aumentare la competitività e stimolare la produttività, cioè a parità di salario aumentare l’efficienza. Se il CLUP, ma si guadagna in produttività, i vantaggi si accumuleranno largamente a imprenditori e industriali, e non al lavoratore.

Tuttavia, come mostra la tabella sotto, i lavoratori stanno diventando più poveri. È veramente difficile stimolare i consumi quando la crescita reale dei salari è negativa, come è stato negli ultimi quattro anni nelle nazioni europee più grandi. Le 100 sterline del 2000 valgono ora €78 in Germania, €59 in Spagna, €74 in Francia, e €67 in Italia (in termini reali). [ARTICLEIMAGE]

Negli ultimi quattro anni gli aumenti di salari in Europa e Inghilterra non hanno tenuto il passo dell’inflazione.
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