Il miglior indice del mondo non ha un nome esotico o dal suono anglofono, è il Mibtel: +8,3% da gennaio, +14,3% l´ultimo anno, +34,4% gli ultimi due. L´economia del primo mondo è da crescita zero e il petrolio stritola i profitti delle imprese? Stranezza dei panieri, ma per Piazza Affari più che un problema, pare un´opportunità.
Il listino milanese, che riflette il tessuto capitalistico nazionale, è povero di quei valori industriali che soffrono maggiormente il ciclo congiunturale, d´altro canto abbondano le società che l´energia la vendono (piuttosto che comprarla, cara). Se aggiungiamo alcune ristrutturazioni bancarie che hanno risollevato i titoli del credito – altro comparto affollato – la buona forma delle assicurazioni e chi può schivare la ripresa senza troppi patemi (come le società a profitto regolato, autostradali o ex municipalizzate) ne sortisce una manciata di titoli che hanno infranto nuovi record.
E ha spinto la marcia dell´indice Mibtel ai massimi dal giugno 2002, sopra a tutte le Borse d´Occidente da inizio anno: +8,37%. Tutto questo senza dar troppo peso ai noti mantra sulla scarsità di idee, volumi e nuove quotazioni, la decadenza dei capitalisti nostrani, le mozioni degli affetti sul made in Italy.
Se la vita fosse iniziata a gennaio – ma anche un po´ prima, diciamo a metà 2002 – i risparmiatori potrebbero bearsi. Tuttavia i mercati sono ancora nettamente sotto i livelli raggiunti cinque anni fa, prima dell´esplosione della bolla speculativa new economy; l´indice Numtel tecnologico ne porta ancora i segni, e da gennaio è sceso di un altro 18,6%.
Ma il recupero visto l´anno scorso, che la fiammata petrolifera di agosto sembrava avere interrotto senza rimedio, pare invece si possa consolidare anche per l´attuale annata. Guardando Piazza Affari, lo si può dire più che altrove: i maggiori indici concorrenti restano indietro, come Madrid (+7,5%), Tokio (+6,3%) Parigi (+5,9%), Londra (+5,11%).
Per non dire di chi sta praticamente a zero – come Francoforte, Atene e Zurigo – o i blasonati Dow Jones e Nasdaq, che a New York nei nove mesi accumulano ribassi del 2-3%. Bisogna andare nell´Est Europa per trovare progressi a due cifre, o nei paesi scandinavi, anche se il primato occidentale lo segna la piazza viennese (+37%).
In pochi a Milano hanno già stappato bottiglie buone per questi dati, parziali e anche un po´ fragili. La più che lenta crescita nazionale, infatti, rischia di avere riflessi, magari solo più ritardati, anche sull´attivo delle banche e sul patrimonio delle assicurazioni, per dirne due che hanno massa critica sufficiente a frenare il Mibtel.
Distinto, e più articolato, il discorso per Eni, Enel e le utilities, che i contraccolpi peggiori li potrebbero subire in futuro, dall´apertura dei mercati di riferimento. Per ora godiamoci una sfilza di titoli reduci da freschi record: Eni, Saipem, Snam rete gas, Terna, le tariffarie Autostrade, Sias e Torino-Milano, le ex municipalizzate Asm Brescia, Hera e Meta. O di altri big della finanza come Mediobanca, Generali, Capitalia, Ras, che stanno quanto meno sui massimi dell´anno. Simili elenchi sono molto più radi tra chi smercia auto, vestiti, merci, tempo libero, e risente della caduta di fiducia e di liquidità dei consumatori. Anche se a guardare il Mibtel si nota poco.
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