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PIAZZA AFFARI:
CHE FARE DOPO 3 ANNI DA RECORD?

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(WSI) – Lascia o raddoppia? Investire in azioni non è un quiz, ma per chi avesse deciso nel marzo 2003 di giocare da contrarian su piazza Affari, ossia di andare contro corrente e di acquistare quando tutti vendevano, avrebbe avuto la fortuna di veder raddoppiato il suo investimento. Dai minimi toccati il 12 marzo 2003, l’indice Generale Mediobanca ha messo a segno un progresso che, allo scorso 17 marzo 2006, era pari appunto al 100,4%. In pratica, questo indica che negli ultimi tre anni il listino milanese ha raddoppiato il suo valore. Una cavalcata eccezionale, che trova giustificazione in una situazione particolarmente favorevole e forse, diciamolo subito, non ripetibile in futuro.

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Ma prima di catapultarci in avanti, facciamo un passo indietro. Non di molto, solo di qualche anno. Siamo nel 2001, l’anno dell’attacco alle torre gemelle, dell’economia americana che cresce di un modestissimo 0,8%, di Wall Street che tracolla sotto il peso dello scoppio della bolla della New economy. Un periodo difficile, in cui il pessimismo dilaga. Poi il lento ritorno alla normalità. La Federal Reserve inizia a tagliare i tassi per accompagnare la ripresa e la fiducia. Tutto viene digerito e smaltito, sia a livello geopolitico che sul fronte economico. Le imprese fanno pulizia, le mele marce scompaiono, sopravvivono solo i frutti sani. Nell’ottobre 2002 il Nasdaq inizia a risalire dai minimi, qualche mese dopo, nel marzo 2003, ripartono anche le Borse europee Piazza Affari si accoda e da quel momento in poi vive tre anni di rialzi ininterrotti.

Ma su questo rally in pochi ci avrebbero scommesso. Non era facile. Allora, immaginare che le Borse avrebbero beneficiato, nel triennio successivo, di un eccezionale mix fatto di una crescita mondiale strutturalmente più solida rispetto al passato (grazie anche alle locomotive Cina e India), e di tassi di mercato strutturalmente più bassi. Tutto questo si è tradotto in un impressionante aumento degli utili per le imprese, reduci da un triennio di pulizia di bilancio, vendita delle attività non core e risanamento. E poiché, in definitiva, gli utili sono il motore delle Borse, ecco spiegato il rally che in questi ultimi ha caratterizzato i mercati azionari, piazza Affari inclusa.

E se in tre anni il listino milanese ha raddoppiato il suo valore, ci sono titoli che sono riusciti a mettere a segno crescite ben più strabilianti. Basta scorrere la tabella a fianco per farsene un’idea. Dei 262 titoli di piazza Affari, sono meno di una cinquantina quelli che al 17 marzo 2006 mantengono quotazioni inferiori a quelle del 12 marzo 2003. Tutti gli altri hanno recuperato. E per oltre la metà l’incremento è stato addirittura a tre cifre.

Svetta su tutti Trevi Finanziaria, la più virtuosa di piazza Affari, quella che ha visto le quotazioni salire dell’850% in tre anni grazie al business mondiale delle trivellazioni. La classica growth story di successo, come pure Amplifon (+390%) e altre mediopiccole realtà che hanno saputo ritagliarsi un posto di nicchia sul mercato internazionale. Tra i bancari, brilla, in seconda posizione, Capitalia (+608,4%) grazie alla ristrutturazione e alle ipotesi di aggregazione. Scontato il progresso di titoli ciclici e industriali, come la Uni Land (+591,5%) leader dei prodotti di cosmesi e Marzotto (+549%) o Danieli (+367%) e Biesse (+450%), così come il rimbalzo dei petroliferi Erg, Saipem, Eni, che hanno beneficiato di un prezzo del petrolio balzato in tre anni da 20 a 60 dollari al barile, e quello degli immobiliari, che hanno beneficiato del boom delle case.

Nel circolo ristretto di titoli rimasti sotto i minimi del 2003, si nota la presenza di società che un tempo erano il vessillo della New economy, da Tiscali a Aisoftware. Ma anche di gruppi finanziariamente fragili, come Alitalia o It Holding, o aziende reduci da ristrutturazioni non riuscite come Richard Ginori e Pagnossin o travolti da inchieste come Unipol, o con business molto volatili come le squadre di calcio (Juve e Roma). Insomma, aziende con dei problemi ancora da risolvere, che gli investitori hanno, un po’ giustamente, lasciato ai margini del banchetto che ha accompagnato questi ultimi tre anni.

Ma il party continuerà? Forse sì, forse no. La premessa è che il raddoppio dell’indice visto in questi tre anni è stato accompagnato da un aumento degli utili che ha permesso di mantenere i multipli di piazza Affari su livelli accettabili. Sugli utili 2006, il Mibtel presenta un p/E di 15,2, al di sotto della sua media storica. Il rally di piazza Affari è stato dunque un rally “sano”. Il problema è che la crescita degli utili sta rallentando, la Bce sta alzando i tassi e le imprese hanno davanti a sé margini sempre più ridotti di recupero di redditività.

Alcuni settori, poi, come i petroliferi, gli immobiliari e le banche iniziano ad avere il fiato corto, con multipli un po’ troppo alti. Per poter continuare a salire, Milano avrebbe bisogno di una rotazione settoriale su quei comparti finora rimasti indietro, magari telecom, media e utilities. Sempre che nuove tensioni geopolitiche o un’impennata del petrolio non rovinino la festa a tutti. Proprio in un momento in cui la propensione al rischio delle famiglie inizia a risalire.

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