(Teleborsa) – Un week-end sfibrante per i Ministri della Zona Euro, che sono convenuti a Bruxelles per decidere le misure di emergenza per proteggere l’unione monetaria. I frutti però si sono visti, grazie all’approvazione di un maxi-piano di circa 720 miliardi di euro, che si propone di combattere la speculazione e ribadire la forza e la stabilità dell’Unione monetaria. Si è riunita ieri la Commissione Europea ed, a seguire, l’Ecofon, che ha messo a punto un piano di salvataggio per i Paesi che venissero a trovarsi in una situazione analoga a quella della Grecia, istituendo un fondo di emergenza cospicuo. La decisione è arrivata nella notte, al termine di una riunione durata più di dieci ore. Dall’Eurozona arriva un impegno di circa 500 miliardi di euro, ma alla fine è stato strappato un impegno anche al Fondo Monetario Internazionale, che potrebbe anche superare i 200 miliardi di euro (la cifra per ora non è stata precisata). Un secco “no” è arrivato da Londra, che continua a ribadire la sua estraneità alle vicende che coinvolgono l’area della moneta unica. Il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling, fedele alle sue convinzioni di mantenere l’indipendenza del Regno Unito dall’Euro, ha fatto sapere che non parteciperà al fondo di emergenza. Il Piano prevede la creazione di un fondo da 500 miliardi così ripartiti: 60 miliardi della Commissione Europea e altri 440 miliardi di prestiti bilaterali dai membri dell’Eurozona. In cambio, gli Stati membri offriranno garanzie similari a quelle richieste alla Grecia. In particolare, i Paesi più a rischio come la Spagna ed il Portogallo, si impegneranno a raggiungere obiettivi di riduzione del deficit ben più ambiziosi degli attuali, con manovre aggiuntive pari all’1,5% del PIL quest’anno ed al 2% del PIL nel 2011. Il Fondo Monetario iInternazionale farà la sua parte con un impegno che potrebbe essere quantificato in 220-250 miliardi di euro, ma la cifra non è ancvora stata fissata. La BCE non starà a dormire, avendo già preso l’impegno di intervenire con misure di emergenza sul mercato dei capitali, ripristinando misure anti-crisi già note ed effettuate all’epoca della crisi dei subprime, attraverso operazioni in dollari e swap, ma anche mediante l’acquisto di bond degli Stati europei non assorbiti attraverso le consuete procedure di asta.
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