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PIANO DI LACRIME E SANGUE: LA GRECIA SI PREPARA A CAMBIARE PER SEMPRE

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La Grecia si prepara a un fine settimana destinato a cambiare per sempre la vita dei suoi cittadini.

La delegazione Ue-Fmi-Bce ha lavorato anche ieri fino a tarda notte con il governo di Giorgos Papandreou per mettere a punto il drastico piano di austerity necessario per sbloccare i 45 miliardi di aiuti di Bruxelles e Washington.

Una terapia d’urto da 20-25 miliardi tra tagli alle spese e nuove entrate presentata in mattinata a imprenditori e sindacati che – con gran sollievo dei mercati – non sembrano intenzionati per ora ad alzare barricate: “Capiamo le esigenze del governo anche se ci ha sottoposto un accordo blindato -ha detto sotto gli alberi carichi d’aranci della residenza di Papadreou Iòlias Iliopoulos, numero uno di Adedy, sigla dei dipedenti pubblici – . Noi cercheremo di ridurre al minimo l’ingiusta sofferenza della gente”.

Prudenti anche i rappresentanti del Gsee, il sindacato del settore privato che con il suo sciopero del 5 maggio sarà il primo termometro del malcontento per un piano che chiederà ai greci di lavorare di più (spostando in avanti l’età pensionabile) e guadagnare di meno (il taglio agli stipendi pubblici sarà superiore al 20%) pagando più tasse, visto che l’Iva – già ritoccata dal 19 al 21% – dovrebbe salire al 23%.

La tregua è solo apparente: già ieri sera oltre 500 manifestanti hanno cercato di forzare i blocchi e la polizia ha dovuto sparare lacrimogeni. Anche per questo Papandreou è intenzionato a forzare i tempi.

Il consiglio dei ministri, fissato per venerdì prossimo, potrebbe essere anticipato, forse già a domenica o lunedì, per varare il pacchetto. Ventiquattro ore dopo il Parlamento darà l’ok alla cura lacrime e sangue, precondizione posta da Merkel & C. per girare ad Atene entro il 19 maggio i 9 miliardi necessari per evitare il default.

“Questa non è solo una grande riforma, è una rivoluzione – dice Papandreou – . Paghiamo i nostri errori, sappiamo che ci sarà da soffrire. Ma questa crisi deve essere l’opportunità di trasformare la Grecia in una nazione trasparente, moderna e affidabile”.

Le buone intenzioni del premier dovranno affrontare ora la prova più difficile: le Termopili del consenso popolare. Un passaggio stretto e pericoloso perché tra pochi giorni – quando l’austerity sarà chiara a tutti – i greci capiranno davvero che il conto è salatissimo.

Le buste paga del settore pubblico (il 40% del Pil nazionale) saranno sforbiciate di oltre il 20%. Il governo ha difeso il simulacro della 13esima e della 14esima, ma ha accettato di ridurre straordinari e bonus – in alcune aziende c’è persino un premio per chi arriva puntuale al lavoro – per un importo pari a due stipendi.

Un salasso visto che gli extra (come l’indennità per il lavoro all’aria aperta garantito ai forestali) arrivano a raddoppiare i compensi. Congelati anche gli stipendi del settore privato che verrà scosso da un’iniezione di flessibilità con l’abolizione dei contratti collettivi e l’arbitrato sui licenziamenti.

“Un anticipo l’ho già visto nella busta paga di questo mese – dice Iannis Bakoula, 24 anni, impiegato in un’azienda privata di tlc cipriota – . Senza preavviso mi hanno tagliato i bonus e lo stipendio è sceso da mille a 800 euro”.

Finita anche la pacchia del posto pubblico garantito. Fmi e Bruxelles su questo fronte sono stati durissimi: bisogna chiudere migliaia di enti inutili come la Commissione Kopais, authority incaricata di salvare l’omonimo lago prosciugatosi nel 1930, bloccare il turnover e la mobilità tra uffici ministeriali.

Papandreou ha detto sì: “Se gestissimo i servizi statali con l’efficienza svedese risparmieremmo 20 miliardi l’anno” è il suo calcolo. E così ha stoppato l’assunzione di 10mila persone che avevano maturato i diritti per un posto e nei prossimi mesi – con la spada di Damocle di un rapporto deficit/Pil da tagliare di 10 punti in due anni – migliaia di dipendenti pubblici potrebbero andare a gonfiare le fila di una disoccupazione arrivata ormai all’11,3%.

Sotto la scure dell’austerity salteranno altri originali privilegi dell’elefantiaco stato sociale ellenico: è a rischio il benessere delle zitelle d’oro, le 40mila figlie non sposate di impiegati pubblici che hanno diritto a una pensione “erederitaria” di mille euro al mese (costo 550 milioni l’anno).

Nel mirino le norme che garantiscono la pensione anticipata – 50 anni per le donne, 55 per gli uomini – per 600 professioni usuranti tra cui il parrucchiere (per il contagio chimico delle tinture), i suonatori di strumento a fiato (a rischio di reflusso gastrico) e gli anchorman tv, minacciati dalle micropopolazioni batteriche dei microfoni.

“Un paese normale sarà un vantaggio per tutti” è il mantra con cui Papandreou sta cercando di convincere i suoi concittadini ad accettare i sacrifici.

Lui si è ridotto lo stipendio, mette online tutte le decisioni di spesa per combattere una corruzione che si mangia 15 miliardi l’anno, l’8% del Pil. Vuol ridurre da 38 giorni a uno il tempo per aprire un’attività, liberalizzare le professioni.

Di più: a immagine geografica della sua rivoluzione si prepara a ridisegnare la cartina del paese, riducendo da 1.100 a 333 le aree comunali e da 33 a 13 le regioni. Un piano da sogno per i liberisti di Bruxelles e Washington, da incubo per i greci. E se la calma apparente di questi giorni dovesse esplodere in tensione sociale, il salvataggio di Atene tornerà a essere una strada in salita per il governo e una minaccia per la stabilità dell’intera Europa.

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