Le maggiori società petrolifere del mondo sono alle prese con una doppia sfida: l’aumento dei costi e il calo delle estrazioni, in una fase in cui diventa sempre più difficile trovare nuovi giacimenti. Lo hanno indicato i top manager del settore, riuniti per il congresso Offshore Northern Seas, a Stavanger, in Norvegia. Produttori fra cui BP Plc, Royal Dutch Shell Plc e Norsk Hydro ASA, hanno registrato un balzo della spesa in conto capitale, una riduzione della produzione, o entrambe. La corsa alla ricerca di giacimenti per sfruttare i rincari petroliferi spinge le società a pagare fino a $500.000 al giorno per l’affitto di trivelle capaci di penetrare anche i mari più profondi. Si tratta di un prezzo più che doppio rispetto a quello pagato due anni, secondo BP. Top manager quali Rex Tillerson, amministratore delegato di Exxon Mobil Corp., maggiore produttore petrolifero mondiale, hanno indicato che l’aumento di alcuni dei costi non può essere mitigato. Exxon assiste ad un pressing sui costi “in particolari segmenti, come le trivellazioni e le piattaforme,” e cerca di compensare tali pressioni accelerando le fasi di trivellazione, ha detto Tillerson. Venezuela, Russia e Gran Bretagna sono fra i paesi che hanno aumentato la pressione fiscale. Le riserve accertate di greggio su scala mondiale sono risultate sostanzialmente invariate nel 2005, segnando una crescita del solo 0,6 percento, rispetto al balzo del 9 percento segnato nel 2002, secondo BP.