Il prezzo del greggio continua la sua corsa iniziata a inizio settimana sulla scia di uno scenario di guerra lunga in Iraq e della critica situazione interna in Nigeria e oggi registra rialzi di quasi il 5%, toccando a New York tocca quota 30 dollari a barile. Nella settimana i prezzi hanno intanto registrato un aumento del 10% contro il tonfo del 25% nella prima settimana di attacco a Baghdad dominata dalla sensazione di una guerra breve.
La giornata calda del greggio si è vista fin da stamane nelle contrattazioni all’Ipe di Londra, dove i contratti futures sul brent sono partiti lanciati, con un rialzo che ha sfiorato il 5%, fino a toccare i 26,54 dollari a barile. Il greggio ha ingranato la marcia anche al mercato di New York, avviandosi progressivamente a raggiungere quota 30 dollari a barile con un’avanzata giornaliera del 4,6%. Al momento il prezzo del greggio registra un rialzo del 16% rispetto al pari periodo dell’anno precedente.
Lo scenario di scorte di carburanti in diminuzione, come evidenziato dai dati statunitensi di ieri che hanno registrato un calo dei depositi di benzina dell’1% nella settimana scorsa, preoccupa gli addetti ai lavori che sottolineano, tra l’altro, come, in assenza di un pronto rimpinguamento, i prezzi della benzina potrebbero schizzare in alto (ieri i futures sulla benzina senza piombo hanno guadagnato il 4%).
Secondo alcuni esperti i prezzi attuali non riflettono neanche appieno il problema delle scorte esigue e della benzina in forte rialzo ma risentono solo dello scenario Iraq. I pozzi petroliferi di Rumaila, i maggiori dell’Iraq, sono in “condizioni terribili” – ha detto il comandante dell’aviazione britannica Brian Burridge e servirà almeno un miliardo di dollari per riportarli all’originaria capacità di produzione di 1,8 milioni di barili giornalieri.
Quanto alla Nigeria, minata da dieci giorni di scontri interetnici, Shell, ChevronTexaco e Total Fina hanno tagliato la produzione di 817.500 barili, ovvero il 37% della produzione del paese lo scorso mese. Gli addetti nigeriani agli impianti – ha intanto precisato il segretario generale della Petroleum and Natural Gas Senior Staff Association – non torneranno al lavoro finchéla situazione non sarà ridiventata normale e non sarà proclamato un nuovo cessate il fuoco.