Il contratto future sul Brent è balzato a oltre $27, dopo che il presidente iracheno, Saddam Hussein, ha detto che l’Iraq taglierà le esportazioni di petrolio per un mese.
La decisione di Saddam Hussein smentisce parzialmente la dichiarazione d’intenti dei paesi arabi, che nei giorni scorsi avevano dichiarato di voler agire di comune accordo.
Domani potrebbe essere convocata una riunione straordinaria dell’Opec, il cartello che riunisce i maggiori paesi produttori di petrolio.
Secondo alcuni analisti la reazione emotiva era prevedibile, ma la notizia è meno grave delle apparenze: l’Iraq produce circa il 10% della produzione OPEC, il che vuol dire qualcosa come il 5% della produzione mondiale.
Il petrolio iracheno, quindi, potrebbe venire tranquillamente rimpiazzato da parte di altri paesi OPEC e da altri, non aderenti all’Organizzazione, come la Russia, secondo esportatore mondiale di oro nero.
Inoltre un prezzo del greggio troppo elevato è negativo anche per quei paesi che basano il loro bilancio prevalentemente su questa materia prima, perchè rappresenta un incentivo alla ricerche di nuovi sorgenti, che contribuirebbero ad annacquare la produzione anche in tempi futuri.
L’unico rischio è rappresentato dalla spirale che si potrebbe aprire, qualora altri grandi produttori decidano di aderire all’iniziativa irachena (Iran e Libia in primis).
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