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Petrolio: i supporti e le resistenze a cui guardare

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(WSI)-Dopo il commento fatto ieri sulla situazione di avversione al rischio di breve periodo che abbiamo vissuto tra venerdì e l’apertura dei mercati asiatici domenica notte, possiamo cominciare a concentrare la nostra attenzione sulle componenti macroeconomiche della settimana.

Non prima però di vedere il quadro generale, che ha visto il petrolio su nuovi massimi di periodo, con il brent che ha raggiunto quota 100 dollari al barile e che a livello tecnico, se venisse confermata questa rottura su base settimanale, potrebbe puntare dapprima 105.00 per poi estendere fino a 108.75, mentre il WTI trada sopra 92 figura, con una situazione tecnica simile al cugino, che potrebbe portarlo a rivisitare quota 100.00 in caso di chiusura settimanale sopra 94.50.

Le borse hanno visto una giornata mista, con il Dow che ha fatto segnare il miglior gennaio da 14 anni a questa parte ed abbiamo assistito ad una vendita generalizzata di dollari americani (spinti soprattutto dal fatto che gli ultimi dati macro americani hanno spento qualsiasi aspettativa su eventuali mosse anticipate della Fed) con un contemporaneo ribilanciamento delle posizioni difensive aperte sul finire di settimana, soprattutto sul franco svizzero.

Questo significa che il momento di avversione è passato. La risposta, a nostro parere, è no, si tratta soltanto di una redistribuzione dei “paurosi”. Chi infatti ha venduto spinto dalla paura sul finire di settimana ha riaperto parzialmente posizioni di rischio, mentre gli aquisti di commodities sono continuati (soprattutto sul brent) dando dimostrazione del nervosismo che comunque si sta vivendo a causa del possibile shut down del Canale di Suez.

Anche euro e sterlina hanno beneficiato della situazione, ma così come crediamo che il pound sia salito a causa di una correlazione con il brent, per la moneta unica crediamo che la ripresa sia da attribuire ad una combinazione di aspettative sull’inflazione, ultimamente parola molto pronunciata da Trichet e degli acquisti di moneta unica e bond eur, arrivati dall’Asia.

Stanotte in Australia si è tenuto il meeting per la decisione di eventuali mosse di politica monetaria, che ha visto i tassi invariati al 4.75%, ma la cosa più importante è che lo statement accompagnatorio sembri aver spazzato via qualsiasi pericolo di assistere a futuri tagli dei tassi, la qual cosa ha dato beneficio al dollaro australiano, riportatosi sopra la parità contro il greenback.

Nonostante i prezzi delle materie prime che sono saliti infatti, gli investimenti privati sono saliti, l’outlook sull’economia globale è risultato buono (global economy looks strong) e l’inflazione dovrebbe tranquillamente rimanere all’interno del range stabilito dalla RBA.

Questo fa si che, insieme al dollaro neozelandese (salito anch’esso dopo un report che ha mostrato un aumento per il quarto trimestre delle retribuzioni), l’australiano offra dei rendimenti che paragonati a quelli medi di mercato, risultano essere appetibili per gli investitori, per cui non possiamo escludere che venga costruita qualche posizione di lungo periodo per lucrare il differenziale di tasso (anche se questo fenomeno, detto carry trading, non dovrebbe ancora tornare a muovere pesantemente i mercati).

In Cina sono stati rilasciati i dati sul PMI manifatturiero, lievemente in calo rispetto alle aspettative (52.9 vs 53.5), mentre oggi assisteremo alla pubblicazione di quello americano, atteso a 57.9 contro il precedente 57.0. Giovedì e venerdì saranno probabilmente giornate movimentate, ma rimandiamo ai prossimi giorni le nostre idee sugli avvenimenti che stiamo aspettando (soprattutto BCE e NFP).Passiamo alla consueta sezione tecnica, incominciando dall’eurodollaro.

In questo caso ci siamo resi conto che il mercato in una giornata ha ampiamente colmato quella discesa improvvisa incominciata venerdì pomeriggio, riportandoci esattamente su livelli precedenti. Prima di quanto sperato quindi torna di attualità il più importante livello di resistenza della ultime settimane, 1.3750, oltre il quale possiamo attenderci una tendenza rialzista in ulteriore aumento.

Data la volatilità recente del cambio non è semplice individuare un puntuale livello di supporto al quale affidarsi: ci dobbiamo spostare più nel breve periodo del solito, un grafico a 15 minuti per esempio, dove troviamo la linea di tendenza positiva incominciata con il minimo di domenica notte e che transita poco al di sotto di 1.37 figura, livello al quale inoltre abbiamo potuto notare una certa opposizione del mercato durante la fase di salita ieri all’ora di cena.

Non è un bello scenario quello che si sta delineando sul cambio UsdJpy (ovviamente per chi fosse lungo di dollari…). Il cambio ha infatti raggiunto, e superato, l’ultimo livello di supporto prima di un ritorno ai minimi di partenza: la teoria dei ritracciamenti di Fibonacci infatti, giunti a questi livelli, ipotizza un ritorno al punto di origine a 80.90. Appare lontana ora la resistenza chiave di 83.40, l’unico vero livello in grado di cambiare questa fase negativa del dollaro.

Il cambio EurJpy non è riuscito a ritracciare quanto ha fatto la moneta unica, per il complicarsi della situazione del cambio UsdJpy. In questo caso però ci troviamo molto vicini ad un precedente livello di resistenza, 112.70, quantomeno da considerare: qui infatti coincidono buona parte dei massimi registrati la settimana scorsa. Non dovrebbe stupire che i prezzi già in due occasioni, fra ieri ed oggi, abbiano rimbalzato esattamente su questo preciso livello.

Decisa ripresa del cable che, probabilmente grazie ad una vendita generalizzata di dollari, riesce a superare lo “spettro” della resistenza chiave a 1.6015 ed addirittura a portarsi al di sopra del massimo relativo di periodo, 1.6050, giungendo al massimo degli ultimi due mesi e mezzo di scambi. 1.6015 potrà essere valutato come primo livello di supporto per approfittare di questo “indietro tutta” dei dollari.

Passiamo ad osservare la sterlina nei confronti della moneta unica, dove notiamo l’insistenza a ribasso dello spunto incominciato mercoledì di settimana scorsa e possiamo apprezzare il rapido avvicinamento al primo livello di supporto indicato già ieri a 0.8520 (ricordiamo come questo rappresenti il 38.2% di ritracciamento del movimento rialzista con origine a 0.8250 e termine a 0.8670).

La risalita della moneta unica ha coinciso con una ripresa del cambio EurChf che si allontana così dall’area più importante intorno a 1.2770-30, per ritornare ai livelli precedenti la rottura ribassista di venerdì. Interessante nelle prossime ore notare il superamento o meno della resistenza di 1.2945, che oltre ad essere un livello ricorrente nel trading dell’ultima settimana è il livello esatto al quale transita la linea di tendenza negativa che è possibile tracciare dal doppio massimo di 1.3065.

Vediamo ora il cambio UsdChf, che continua a rimanere piuttosto tranquillo all’interno del trading range individuato già da qualche giorno, 0.94-0.9480, seppur con un tentativo fallito di ribasso ieri. Data la situazione non particolarmente positiva per il biglietto verde, probabilmente val la pena tutelarsi da eventuali scivoloni a ribasso verso il minimo di 0.93 figura.

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