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Petrolio: crisi Libia continua a rappresentare un rischio per i prezzi

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Roma – La crisi libica non minaccia la sicurezza delle forniture ma permane “il rischio di aumenti, pure sostenuti, del prezzo del greggio”. Lo si legge nella relazione annuale dell’Autorità per l’energia, presentata questa mattina in Parlamento.

L’Autorità pone l’accento anche sui rischi legati a nuovi strumenti speculativi “che rimettono in pericolo la stabilità finanziaria” come asset backed securities e exchange traded fund sintetici.

Secondo l’organismo di vigilanza “l’aggressività della speculazione” si riflette anche nella mancanza di una chiara correlazione del prezzo del petrolio con l’andamento del cambio tra euro e dollaro: “Pertanto, le condizioni al contorno non promettono bene per l’andamento del prezzo nel 2011”.

A più di cento giorni dall’inizio della guerra in Libia, prosegue la situazione di stallo tra il regime di Gheddafi, la NATO e i ribelli antigovernativi. Il colonnello Gheddafi minaccia ancora da Tripoli di colpire l’Europa «le vostre case, i vostri uffici e le vostre famiglie» se i raid della Nato non cesseranno. Dichiarazioni del genere aiutano se non altro a chiarire il contesto: il Rais, colpito da un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, abbandonato da parte dei suoi e indebolito dalle sanzioni economiche, è alla ricerca di una soluzione politica. Minaccia perché è debole non perché sia forte. Minaccia per trattare.

Da parte loro, i Paesi della Nato che partecipano alla strana guerra di Libia combattono soprattutto contro se stessi. In America, Barack Obama fa fatica a difendere un impegno che, per gran parte del Congresso e dell’opinione pubblica, non rientra negli interessi vitali degli Stati Uniti. In Francia, la guerra voluta da Sarkozy sta diventando un boomerang per l’inquilino dell’Eliseo. Sopravvive il nemico esterno (Gheddafi) e risorge il nemico interno (Strauss-Kahn): sono giorni difficili per un Presidente debole e di fatto già in campagna elettorale.

A Londra, costi e tempi della missione in Libia sono utilizzati dalle gerarchie militari per protestare, fin troppo apertamente, contro i tagli al bilancio della difesa. E a Roma si sa: l’impresa di Libia divide, anche se in modo un po’ finto, la maggioranza di governo. Per cui anche la Nato, allo stesso modo di Gheddafi, vorrebbe trattare. Ma vorrebbe trattare, anzi lo sta facendo, con tutti meno che con il Colonnello.